04/11/2021
Al mercato nell’autunno del ‘76
Oggi è lunedì e c’è il mercato: E' il venti del mese. Infatti il venti di ogni mese c'è il mercato a Tursi. Lo ha inventato il vescovo della diocesi di Anglona Tursi, mons. Pasquale Quaremba, originario di Muro Lucano, in provincia di Potenza. Già le voci della gente si sentono per strada. Sì, perché il mercato si svolge in piazza Maria SS.ma di Anglona, quella che sta davanti al municipio nuovo, di fronte alla centralissima via Roma, in parte in via Roma e in parte nel piazzale di fronte alla chiesa cattedrale del mio paesello. I pulman degli studenti che vanno al magistrale di Montalbano Jonico e al liceo scientifico di Policoro sono partiti alle sette del mattino, per evitare il traffico cittadino. I ragazzi che vanno alle scuole elementari e alle medie, danno un'occhiata furtiva alle bancarelle. Ci sono esposte le scale di legno e le sedie di paglia. C'è l'orologiaio venuto dalla vicina Colobraro con Silvio, il figlio piccolo. C'è il venditore delle pentole, che servono per cucinare i brodini con il dado Knorr. C'è il venditore di scarpe dell'altra volta che avanza dei soldini da qualcuno del paese e il barese Colette con i maglioni Robe di Kappa. Sono i migliori in commercio e costano come nelle boutique delle grandi città. L’amico di turno ha comprato i blu jeans che consegna alla madre, che pagherà alla cassa e che poi accorcerà, quando torna a casa. C’è chi veste elegante perché ha comprato il maglione pura lana con il marchio Cerutti. C’è il venditore di dischi delle canzoni del bandito Giuliano, con le lacrime agli occhi e l’offerta speciale. All’incrocio della strada per salire su al centro storico, c’è il vigile appoggiato al palo della segnaletica e controlla il traffico delle auto. Il bambino ha attraversato la strada di via Roma e la mamma lo prende per mano. “Mamma, mi compri le scarpe color rosa ?”, dice una bambina mentre sta andando scuola e mangia il panino.” Zitta, non vedi che ho i soldi contati?” Risponde la madre. Se ne parlerà all’altro mercato. Il nocellaro di fronte al bar Vinci, incarta le nocelle e guarda gli assaggiatori abusivi di lupini. Non di dirà niente. E’ per la promotion. Non per niente viene da Noicattaro, in provincia di Bari, la terra di origine di Michele, il mio compagno di giochi, perché, quando eravamo ragazzi di dieci anni, giocavamo con una pallina piccolina e delle bacchette, con le quali si doveva spingere la pallina in avanti e andare e segnare il gol, stile Criket.
- “Ehi, ciao, sono venuto a comprare le scarpe”.
-“Ma stai un po’ qui con noi. Fra poco passa lei, la ragazzina bellina che ti piace tanto e
mangia queste nocelle”.
Con tutte queste magliette e queste camicie, a settemila lire, se non arriva la moda oggi, mi sai dire, quando arriva. A Natale?
- Ragazzi, scusate, lasciate passare. Alt, largo, fate passare la macchina, dice il vigile Flori.
- Ma chi c’è dentro. La biondina dell’altra sera?
- Giovanni, dammi il giornale. Che ha fatto, ieri la Juve ?
- Ciao Carmela, come sei elegante! Che compri oggi?
- Forse un pantalone. Ma sarà difficile.
- Vuoi una mano? Sai io sono un esperto in acquisti.
- Grazie. Sono con mia madre, che è una esperta in materia.
- Buon giorno capo. Stanco, eh?
- Eh si. Quando finisco, ci vorrà “Na Bir al bar” (un boccale di birra, al bar).
Ore dieci del mattino. Il sole è già alto sulla collina di fronte, al “Cevizito”.
E’ l’ora di punta. I venditori nelle baracche si danno da fare e cambiano gli spiccioli, contrattano, tagliano le stoffe, misurano, incartano, con una occhiata al cliente e uno ai passanti. Loro sono venuti da lontano con la macchina. Hanno dormito in tenda, con la coperta di lana e oggi per loro è il giorno più lungo. All’una dovranno smontare le baracche, tanto la gente se ne andata a casa e arriverà il vigile di turno. Il traffico e defluito fuori paese e il sudore scorre tra i capelli. E’ anche la nostra ora, per il solito giro d’ispezione. Scenderanno da casa le belle, come alla fiera di Anglona. E compreranno le magliette e le gonne. I vecchi assaggeranno il formaggio venuto da Stigliano. Il mio grande amore passerà da qui. Mi sono appostato all’incrocio della strada, nel punto strategico, sotto la baracca del venditore di magliette. Mangio una nocella e guardo lontano. E’ lei con la mamma e la sorellina piccolina e bellina, ma che non ha l’età per comprare da sola. Un microfono da una baracca ha riunito la gente, per vendere le coperte di lana e i tovaglioli: offerta speciale a transistor. Ore undici. Il sole continua a picchiare. Si sente qualche colpo di clacson. Il vigile è sudato. Noi all’ombra delle solite camice stiamo bene. Il lento defluire del mio paese è qui a due passi. Mi sfiora le braccia. I portafogli si aprono e si chiudono. La baracca di fronte è piena di gente. Gli aiutanti si muovono da destra a sinistra. Si stringono mani e arrivederci e buongiorno. Lei è passata di nuovo. Alla piazza dell’angolo, il solito posto per la solita vendita. Lui non c’era, osservava. Il nipote di dietro parlava e vendeva. E lui osservava con la sigaretta tra le dita e il cappello in testa. E’ in pensione. Da vent’anni e forse più, ha venduto, puntuale come un orologio a mezzanotte, metri e metri di stoffa, bianche, nere, di velluto. Vestiti, gonne, pantaloni, asciugamani e lenzuola, sono passate dalle sue mani. Il sorriso pronto e il figlio accanto. Il figlio, ora non c’è, lavora al nord. Il mitico nord dei nostri sogni. Lui il padre è rimasto. Stesso tavolo, stesse carte, stessi amici. Ha provato a starci al nord, perché anche lassù la gente va in pensione. Ci sono i bar, ma non è il suo paese. E così lui è tornato. L’aria e le strade di qui, non sono così piene di gente.
Ore quattordici: L’ultimo camion con l’ultimo telone se ne andato. La piazza sembra un campo di battaglia … cartaceo. Giornali di ieri, pezzetti di stoffa e listelli di legno con il cellofan, si alzano al soffio leggero del vento di tramontana. Siamo tutti a casa a mangiare. Gli spazzini intanto sono al lavoro e puliscono tutto. Alle tre del pomeriggio, con i pulman in partenza, è tutto pulito e spazzato. La sera al bar con la birra e il gioco delle carte, le si*****te si accendono (non c’era ancora il divieto di fumare dentro i locali pubblici). Cantano i juke box e si ascolterà ancora una volta la canzone dedicata al bandito Giuliano. Alle undici di sera, le strade sono quasi al buio ed io entro in un bar dove si gioca a bazzica su un tavolo con il tappeto verde. Do un’occhiata ai giocatori con le stecche, e uno che dice: “Bianca, dopo”. Stasera tornerò a casa mia, in via Roma 83 e dopo aver visto un po’ di TV, andrò a dormire. Stasera il mio amico è partito per il Nord Italia e mi ha lasciato i dischi dei Pink Floyd. Conservali per quanto ritorno.