Studio medico Franco Agneni Oculista

Studio medico Franco Agneni Oculista Studio di oculistica diagnostica
Studio di medicina estetica del viso le visite oculistiche sono su prenotazione. tel.3792456688

Potete effettuare:

Campo visivo computerizzato-misurazione pressione oculare-Fondo oculare-
Retinografia digitale-Topografia corneale-Pachimetria corneale-OCT maculare,
OCT del nervo ottico. Lo studio è particolarmente attrezzato per la diagnostica delle seguenti patologie:

Alterazioni della vista con prescrizione occhiali e lenti a contatto
Glaucoma
Cataratta
Cheratocono
Retinopatia diabetica

Degenerazioni maculari

A Civita Castellana inoltre, in Via Petrarca presso "la cittadella della salute"
padiglione dei Pediatri, potrete trovare la 2^ sede dello studio oculistico,
modernamente attrezzata.

10/04/2025
12/06/2024

Giovedì 13 dalle 9.30 alle 15.30 nel mio studio di Rignano Flaminio non ci sarà energia elettrica, causa lavori ENEL.

20/05/2024

Buongiorno, questa mattina 20 maggio l'enel ha comunicato che non ci sarà l'elettricità nell'area del mio studio di Rignano Flaminio, non funzioneranno i telefoni , non potremmo inviare ricette elettroniche o certificati, sarò comunque in studio come i tanto rimpianti medici di una volta, con la penna il fonendoscopio e il misuratore della pressione.

07/05/2024

ADDITIVI ALIMENTARI emulsionanti.

Confermato il rapporto con l'insorgenza del diabete tipo 2

Gli additivi identificati includono: fosfato tripotassico (E340), gomma di guar (E412), gomma di xantano (E415), esteri mono- e diacetiltartarici dei mono- e digliceridi degli acidi grassi (E472e); citrato di sodio (E331), carragenine (carragenine totali e E407) e gomma arabica (E414). Gli incrementi del rischio variano a seconda del tipo di emulsionante e delle dosi di esposizione e sono riportati in dettaglio nello studio.

Additivi presenti principalmente in caramelle, gelati e dolci industriali.

Lancet Diabetes & Endocrinology gli autori della ricerca, guidati da Clara Salame, della Université Sorbonne Paris Nord e Université Paris Cité, National Research Institute for Agriculture, Food and Environment (INRAE) and the National Institute of Health and Medical Research (INSERM).

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02/01/2024

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💊 Ci sono 10 cose importanti da sapere per garantire l’efficacia degli antibiotici.​

👉 Scarica il decalogo della Regione Lazio per conoscerle: https://www.salutelazio.it/antibioticoresistenza

Se usi gli antibiotici in modo corretto tuteli la tua salute e contribuisci contrastare l’antibiotico-resistenza, ossia lo sviluppo di batteri resistenti ai farmaci.​

✅ Segui sempre le indicazioni del medico.​

15/09/2023

Dai primi di ottobre vaccino anti covid 19 gratuito per tutti quelli che lo vogliono fare.

10/08/2023

Possibile legame tra gastroprotettori e demenza

FARMACI | REDAZIONE DOTTNET | 09/08/2023 15:59

Lo rivela uno studio coordinato da ricercatori dell'University of Minnesota di Minneapolis e pubblicato su Neurology, rivista dell'American Academy of Neurology
L'assunzione prolungata di inibitori di p***a protonica, una delle più diffuse tipologie di farmaci gastroprotettori, potrebbe aumentare il rischio di sviluppare demenza nel corso del tempo. È quanto suggerisce uno studio coordinato da ricercatori dell'University of Minnesota di Minneapolis e pubblicato su Neurology, rivista dell'American Academy of Neurology. I ricercatori avvertono, comunque, che lo studio non dimostra che questa classe di farmaci causi demenze. Gli inibitori di p***a protonica sono farmaci molto diffusi. "L'uso a lungo termine è stato collegato in studi precedenti a un rischio più elevato di ictus, fratture ossee e malattie renali croniche", ha affermato in una nota una delle autrici dello studio, Kamakshi Lakshminarayan. Nel nuovo studio si è voluto capire se sono collegati anche a un rischio più alto di demenza. La ricerca ha coinvolto quasi 6mila persone con un età media di 75 anni. Dopo 5 anni e mezzo, circa il 10% aveva sviluppato una forma di demenza. Tra quanti avevano assunto i farmaci gastroprotettori per più di 4,4 anni, il rischio di problemi cognitivi era più alto di circa il 30% rispetto alle persone che non avevano mai preso i medicinali. Il fenomeno non è stato osservato in chi aveva assunto gli inibitori di p***a per brevi periodi. I ricercatori sono molto cauti: la tipologia di studio non permette di dimostrare un rapporto di causa-effetto tra l'assunzione di inibitori di p***a protonica e demenza. Inoltre, i numeri sono molto piccoli e tra quanti avevano assunto i farmaci per lunghi periodi solo 58 si sono ammalati. "Servono ulteriori ricerche per confermare i nostri risultati ed esplorare le ragioni del possibile legame tra l'uso a lungo termine di inibitori di p***a protonica e un più alto rischio di demenza", ha affermato Lakshminarayan.

09/08/2023

CORREVA L'ANNO
DA MEMORIE DI UN CARNEFICE
(Mastro Titta)

L’anno 1801 fu per me fecondo di lavoro fin dal suo esordire, giacché incominciai coll’impiccarne e squartarne tre il 19 gennaio ed otto giorni dopo dovetti ripetere l’operazione medesima sopra quattro delinquenti. Procediamo per ordine.
Da parecchio tempo le aggressioni di pubbliche corriere e di vetture private sulle strade conducenti a Roma, s’erano fatte frequentissime e sempre più ardite. Ma per quante indagini si facessero non si riusciva mai a scoprirne gli autori né ad averne le traccie.
Si supponeva l’esistenza di una banda di masnadieri, la quale si riunisse per compiere i misfatti, quindi si sciogliesse tornando i suoi componenti agli usati lavori dei campi o ad altre funzioni. I più esperti esploratori erano stati inviati nelle campagne e nei paesi circonvicini; ma per quanto battessero quelle e cercassero di raccogliere notizie in questi, non venivano a capo di nulla.
Un bel mattino giunse a Roma la notizia di una grassazione patita sulla strada da Baccano a Calcata, da un colonnello napoletano, il quale recavasi ad Ancona, per affari diplomatici, munito di credenziali del suo Sovrano, e accompagnato da suo fratello e da un servitore.
Il fatto era avvenuto così.
Ad un miglio circa dell’Osteria del Pavone, presso Baccano, al sopraggiungere della carrozza di viaggio, che portava il colonnello ed i suoi, sbucarono da una siepe tre individui. Quello che pareva il capo fermò i cavalli ed ordinò al vetturino di scendere da cassetta. Nel frattempo altri due giovanotti imberbi si presentarono agli sportelli del legno e spianando i fucili intimarono ai viaggiatori di consegnare i denari e gli oggetti preziosi che avevano.
Il colonnello che si teneva in petto una discreta somma in argento e desiderava salvarla, rivoltosi ai masnadieri, disse loro:
– Io non ho denaro sopra di me, frugate nel cassetto della carrozza e ne troverete. I masnadieri così fecero e presero cinque o sei scudi di rame; ma poi si accorsero che il colonnello teneva una mano sul petto e che questo era rigonfio.
– Datemi quel denaro che cercate di nascondere in seno o vi ammazzo – gli intimò il capo-banda spianandogli contro il pistone di cui era armato.
Il colonnello allora impaurito trasse dalla tasca in petto dell’abito una cinquantina di scudi che teneva e li consegnò ai grassatori, i quali gli tolsero pure il cappello a tre punte gallonato d’oro, con una nappina dello stesso metallo, sulla quale era la sigla F. R. (Ferdinando Re).
Al fratello tolsero poche monete, le fibbie delle scarpe e una sottoveste di seta che portava.
Al vetturale che guidava la carrozza tolsero pure i pochi spiccioli che possedeva. Il domestico invece fu lasciato in pace. Probabilmente avevano preveduto che non possedeva il becco d’un quattrino.
Quindi vennero lasciati proseguire il viaggio.
Giunti a Baccano, il colonnello mandò subito un rapporto del fatto al governatore di Monte Rosi e questi lo trasmise al governo centrale in Roma, il quale ordinò ad un bargello di partire con alcuni birri di campagna pel teatro del delitto, il che fu subito fatto.
Giunto il bargello a Calcata, si seppe che la notte stessa, erano state commesse, evidentemente dalla medesima banda due altre aggressioni. La prima contro il conduttore della corriera postale fra Roma e Guarcino, cui erano stati presi pochi paoli; la seconda contro alcuni mulattieri, ai quali erano stati tolti i ferraioli e le robe che avevano nelle bisaccia, i pochi denari; e a uno d’essi i bottoncini d’oro che portava all’orecchie, a un altro le scarpe nuove.
Assunte alcune informazioni il bargello co’ suoi birri andò subito ad arrestare in Calcata il suo collega, bargello del paese, che godeva pessima fama ed era indiziato di aver rubato di notte al farmacista di Calcata un mulo, mandato poi a vendere in piazza Montanara a Roma da’ suoi complici. E col bargello di Calcata, Giuseppe Zuccherini, arrestò due guardie da lui dipendenti, Giuseppe Sfreddi, romano, già contumace per altri reati, e Giacomo D’Andrea, veneto, già fornaio disoccupato, e come l’altro assunto in servizio dallo Zuccherini.
Il bargello di campagna, trovò i summenzionati in possesso di una bisaccia, contenente tutta quanta la re furtiva. Ma nell’interrogatorio che gli arrestati subirono in Calcata, dissero che quella bisaccia l’avevano tolta la notte stessa a tre malandrini, sorpresi sulla strada, coi quali s’erano colluttati, e che erano poi fuggiti lasciando la bisaccia sul terreno. Quanto alle scarpe nuove del mulattiere, che il D’Andrea s’era messe, questi si scusò dicendo, che non potendo camminare colle proprie, tanto eran rotte e malconcia, aveva prese provvisoriamente quelle dalla bisaccia.
Tradotti a Roma e sottoposti a nuovi interrogatori, il D’Andrea, giovane ventenne appena, confessò tutto: gli altri negarono recisamente. Ma fu vana opera. Convinti del reato, vennero condannati alla forca ed allo squartamento, anco per dare una soddisfazione al re di Napoli, Ferdinando di Borbone, che strepitava per averla.
È impossibile descrivere la densità della folla, che s’era agglomerata in piazza del Popolo la mattina del 19 gennaio 1801, quando eseguii la sentenza. Scesi dalla carretta coi confortatori, la gente ci circondò d’ogni parte e a stento i soldati poterono aprirci il varco per salire sulla piattaforma del palco. Ma i condannati erano solidamente legati colle mani dietro le reni: i cappuccini stavano loro intorno e sarebbe riuscito vano qualsiasi tentativo di fuga.
Sarebbe inutile ripetere i particolari dell’esecuzione, che non offrì nessuna varietà. Morirono coraggiosamente e cristianamente, dopo aver chiesto perdono dei loro delitti. E questo, come sempre accade, conciliò loro le simpatie della folla, ammirata dal franco portamento.
– Che peccato – mormoravano specialmente le donne – così giovani!
I loro resti rimasero appesi al palco tutta la giornata. Solo nella notte vennero ritirati e il patibolo fu disfatto.

01/11/2022

Il Ministero della Salute ha emesso un ordinanza datata 31/10/2022 che ha prorogato fino al 31 dicembre 2022 l’utilizzo delle mascherine di protezione per utenti e operatori sanitari in tutte le strutture sanitarie nazionali , e in quelle socio sanitarie comprensivo delle RSA.

IL TESTO DEL PROVVEDIMENTO

10/08/2022

𝗟'𝗔𝗠𝗢𝗥𝗘 𝗘 𝗟'𝗜𝗚𝗜𝗘𝗡𝗘 𝗡𝗘𝗟 𝟭𝟲𝟬𝟬 𝗘 𝟭𝟳𝟬𝟬.
Visitando il Palazzo di Versailles a Parigi, si osserva che il sontuoso palazzo non ha bagni.
Nel Medioevo non c'erano spazzolini da denti, profumi, deodoranti e tanto meno carta igienica. Gli escrementi umani venivano gettati dalle finestre del palazzo.
In una festa, la cucina del palazzo ha potuto preparare un banchetto per 1500 persone, senza la minima igiene.
Nei film attuali vediamo le persone di quel periodo scuotersi o sventagliarsi.
La spiegazione non è nel calore, ma nel cattivo odore che emettevano sotto le gonne (fatte apposta per contenere l'odore delle parti intime, poiché non c'era igiene). Non era nemmeno abitudine fare la doccia a causa del freddo e della quasi assenza di acqua corrente.
Solo i nobili avevano i lacchè per sventagliarli, per dissipare il cattivo odore che espiravano il corpo e la bocca, oltre ad allontanare gli insetti.
Coloro che sono stati a Versailles hanno ammirato gli enormi e bellissimi giardini che, in quel momento, non solo erano contemplati, ma che venivano usati come water nelle famose ballate promosse dalla monarchia, perché non c'erano bagni.
Nel Medioevo, la maggior parte dei matrimoni si svolgevano a giugno (per loro l'inizio dell'estate). La ragione è semplice: il primo bagno dell'anno era fatto a maggio; quindi a giugno l'odore della gente era ancora tollerabile. Tuttavia, poiché alcuni odori iniziavano a disturbare, le spose portavano mazzi di fiori vicino ai loro corpi per coprire la puzza. Da qui la spiegazione dell'origine del bouquet da sposa.
I bagni si facevano in una sola vasca enorme piena di acqua calda. Il capofamiglia aveva il privilegio del primo bagno in acqua pulita. Poi, senza cambiare l'acqua, arrivavano gli altri in casa, in ordine di età, donne, anche per età e, infine, bambini. I bambini erano gli ultimi a fare il bagno. Quando arrivava il suo turno, l'acqua nella vasca era così sporca che era possibile uccidere un bambino dentro.
I tetti delle case non avevano cielo e le travi di legno che li tenevano erano il posto migliore per far sì che gli animali: cani, gatti, ratti e scarafaggi rimanessero al caldo. Quando pioveva, le fughe costringevano gli animali a saltare a terra.
Quelli che avevano denaro avevano piatti di latta. Alcuni tipi di alimenti ossidavano il materiale, causando molte persone a morire per avvelenamento.
Ricordiamoci che le abitudini igieniche dell'epoca erano terribili. I pomodori, essendo acidi, sono stati considerati velenosi per molto tempo, le tazze di latta erano usate per bere birra o whisky; questa combinazione talvolta lasciava l'individuo ′′ sul pavimento ′′ (in una specie di narcolessia indotta dalla miscela di bevanda alcolica con ossido di stagno) Qualcuno che passasse per strada penserebbe che fosse morto, quindi raccoglievano il corpo e si preparava per il funerale. Poi si metteva il corpo sul tavolo della cucina per alcuni giorni e la famiglia stava a guardare, mangiare, bere e aspettare di vedere se il morto si svegliava o no. Da qui quella che ai morti si veglia (veglia o veglia), che è la veglia accanto alla bara.
L'Inghilterra è un paese piccolo, dove non c'era sempre posto per seppellire tutti i morti. Poi si aprivano le bare, si estraevano le ossa, si mettevano in osari e la tomba veniva usata per un altro corpo. A volte, aprendo le bare, si notava che c'erano graffi sulle tapas all'interno, il che indicava che l'uomo morto, in realtà, era stato sepolto vivo.
Così, chiudendo la bara, è emersa l'idea di legare una striscia del polso del defunto, attraversarla attraverso un buco fatto nella bara e legarla ad una campana. Dopo la sepoltura, qualcuno rimaneva in servizio vicino alla tomba per alcuni giorni. Se l'individuo si svegliasse, il movimento del braccio suonerebbe la campana. E sarebbe ′′salvato" dalla campana che è popolare espressione utilizzata da noi fino ad oggi.

Di Michele Carbone

Indirizzo

Rignano Flaminio

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