Il suono del cuore 意 - Qigong Taijiquan e Tuina

Il suono del cuore 意 - Qigong Taijiquan e Tuina Pagina di promozione della mia attività di insegnante di Qigong e Taijiquan e operatrice di Tuina e tecniche integrate della Medicina cinese.

06/08/2025

ARMONIZZARSI CON L’AVVERSARIO

Le varie "forme", cioè le sequenze tradizionali che racchiudono l’essenza della diverse arti marziali e che costituiscono il cuore del loro insegnamento, iniziano generalmente con una tecnica di parata.
Sicuramente qualcuno troverà, in questa o in quell’altra disciplina, qualche eccezione, ma la regola generale è quella: non si attacca mai per primi (anche se a volte potrebbe essere più conveniente, come recita il vecchio proverbio "Chi colpisce per primo, colpisce due volte" ).
Non attaccare per primi rivela però un atteggiamento etico ben preciso: le arti marziali tradizionali non hanno una natura offensiva ma prettamente autodifensiva.

In discipline come il Taijiquan il concedere l'attacco all’avversario non deriva soltanto da ragioni etiche; si tratta, piuttosto, di una questione di “metodo”.
In quest'arte marziale un esperto praticante non para e non blocca ma cerca, piuttosto, di “fondersi” con l’avversario.
In accordo con questo principio, ad esempio, un famoso maestro di Systema ammonisce spesso i suoi allievi ripetendo la stessa frase: “Don’t block... blend”.
Il termine “blend” è conosciuto.... da tutti i barman del mondo, abituati a preparare i cocktail attraverso la “miscelazione” di liquori e altri ingredienti. Esso infatti può essere tradotto come: miscelare, fondere, armonizzare.

In un confronto fisico, riuscendo a “miscelarsi” con [o “nell’]avversario, così come fa il sale o lo zucchero nell’acqua, il movimento difensivo diventa un’armoniosa prosecuzione dell’azione dell’avversario, che si vede così restituire la sua stessa forza. Anche la strategia dell’Aikido e del Judo (quanto meno di quello “tradizionale", escludendo necessariamente la sua versione “agonistica”) si basa su questo concetto, il che implica, fra le altre cose: cedevolezza, connessione, armonizzazione, fusione con l’avversario.

Nel Taiji la strategia autodifensiva comprende tutto questo, ne si trova un'evidente traccia nell'aforisma “Non resistere, non insistere, non disconnetterti”.
Tatticamente questo tipo di autodifesa prevede quattro fasi essenziali: “Ting, Hua, Na, Fa” e cioè: Ascoltare, Neutralizzare, Controllare, Emettere

CEDERE PER ASCOLTARE
Quando un avversario attacca, cerca sempre il contatto duro (Yang) col nostro corpo, ma se intercettiamo in maniera “morbida” (movimento Yin, deviante e/o di contenimento) non creiamo "contrasto" o “separazione” bensì “unione”; se il mio corpo rimane rilassato, tutto il mio sistema propriocettivo rimane attivo (la contrazione muscolare inibisce notevolmente la propriocezione), posso quindi connettermi con la struttura di chi attacca, percependone chiaramente l'equilibrio (spesso precario) e le tensioni (generalmente eccessive).
Al momento del contatto occorrerà “cedere”, mantenendo l’equilibrio posturale e adattando la struttura ricorrendo al rilassamento “attivo” e "ammortizzante" di tutte le articolazioni.

RUOTARE PER NEUTRALIZZARE
Una forza è connotata da intensità, direzione e verso. Se il cedere nel verso della forza attenua la sua intensità, è poi fondamentale farne cambiare la direzione, indirizzandola fuori dal proprio centro.
Il “cedere” si trasformerà pertanto nel “ruotare” (fosse anche impercettibilmente) che reindirizzerà la forza entrante fuori dal proprio centro.

CATTURARE IL CENTRO PER CONTROLLARE
L’impeto dell’attacco tende a compromettere l’equilibrio dinamico di chi aggredisce; a questo proposito i Classici del Taiji raccomandano di “far cadere l’avversario nel vuoto”.
Attraverso il contatto articolare (col braccio o con gamba con cui viene portato l'attacco), chi ha sviluppato una grande sensibilità corporea riesce a “impadronirsi” del centro dell’avversario, gestendo la correttezza della propria struttura e minimizzando le tensioni muscolari incongrue.

AFFONDARE PER EMETTERE
A questo punto il corpo affonderà e guiderà il centro dell’avversario lungo una traiettoria circolare ascendente (dietro/avanti, basso/alto) incanalando l’onda di forza generata dalla compressione elastica dei propri tessuti (muscoli, tendini, articolazioni, fascia…), soprattutto di quelli della schiena.
Al momento dell’emissione le gambe completeranno il loro movimento a spirale, senza per altro estendersi più di tanto verso l'alto, mentre la colonna si “espanderà”, pur rimanendo perfettamente allineata; così come sarà allineata la sommità del capo rispetto al coccige.

Questo processo corporeo (che, ci rendiamo conto, si può realmente comprendere solo con l'esperienza diretta) diventerà possibile soltanto attraverso una lung pratica e uno specifico allenamento, coltivando per anni l’Ascoltare, cercando incessantemente nei lavori in coppia di armonizzarsi con qualunque tipo di avversario.
Ciò implica la totale rinuncia all'idea di “contrasto” e all'istintivo rispondere con la forza a una forza esterna: un obiettivo non facile, perché implica un atteggiamento mentale che, per certi versi, può apparire, non senza qualche ragione, ben poco “naturale”.

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Nella foto: Huang Yuanxiu (1884-1964) e Tian Zhaolin (1891-1960), due allievi di Yang Chengfu, celebri per le loro capacità combattive.

E lo sappiamo benissimo noi che pratichiamo Nei Dan, e che conosciamo la teoria della Medicina cinese.
01/08/2025

E lo sappiamo benissimo noi che pratichiamo Nei Dan, e che conosciamo la teoria della Medicina cinese.

E SE IL CORPO NON FOSSE UNA CATENA.. MA UNA RETE!?

Dal modello lineare alla visione bio-psico-funzionale-sociale: riflessioni sulla complessità posturale (oltre la meccanica).

Questa riflessione nasce da un post recente che ha generato molte critiche, confronti e reazioni contrastanti.
E va benissimo così.
Anzi, è proprio per questo che vale la pena continuare a parlarne.

Perché il tema non è teorico. È clinico, quotidiano, culturale.

Quel post toccava un’immagine ancora molto diffusa nella pratica professionale: quella del corpo visto come una catena di segmenti meccanicamente interdipendenti. Un modello che, come dimostrano i numerosissimi commenti ricevuti, è ancora profondamente radicato nei discorsi, nei trattamenti e nei ragionamenti di tanti operatori della salute.

E allora abbiamo deciso di fare un passo indietro per poterne fare uno avanti: ripartire da quella visione lineare, per aprirci a una lettura più ampia, più fedele, più attuale del corpo umano.

Perché ogni paradigma nasce da una storia.
E ogni cambiamento comincia proprio da lì: dal metterla in discussione. 💪

Per anni abbiamo raccontato il corpo come un congegno perfettamente allineato. Una catena meccanica dove, se un anello si indebolisce, l’effetto si propaga in modo ordinato: il piede cede, la tibia ruota, il ginocchio compensa, il bacino si adatta, la spalla si alza, il collo si irrigidisce.

Una teoria semplice, affascinante, persino terapeuticamente utile. Una narrazione che ci ha aiutato a vedere collegamenti, cercare spiegazioni, costruire interventi coerenti. Ha nutrito il ragionamento clinico e sviluppato il pensiero critico.

Ma.. siamo sicuri che il corpo funzioni davvero così?

ATTENZIONE: il corpo a volte si comporta come una catena, soprattutto in contesti ad alta richiesta meccanica (come la corsa o l’atletica), ma è solo uno dei tanti modi in cui può organizzarsi. Il modello di rete che leggerete sotto non sostituisce quello lineare. Lo completa. Lo arricchisce.

DAL DOMINO ALLA RAGNATELA: IL CORPO COME RETE CONNESSA

La realtà è molto più sofisticata.
Le neuroscienze, la biotensegrità, la sistemica, la fascia, la clinica osservativa.. ci dicono la stessa cosa: il corpo non ragiona in termini di sequenze, ma di reti.

Non c’è un ordine meccanico.
Non c’è una direzione fissa.
Non c’è un prima e un dopo.

Il corpo non è un domino. È una ragnatela dinamica, che si riconfigura in tempo reale, con migliaia di input simultanei che si integrano tra loro.

Ogni nodo è in relazione.
Ogni adattamento è contestuale.

Un dolore alla spalla può essere l’eco di una disfunzione diaframmatica. Un piede che collassa può essere la conseguenza di una strategia di protezione psico-emotiva. Una tensione cervicale può derivare da un’alterata percezione interocettiva.

BENVENUTI NEL PARADIGMA DELLA COMPLESSITÀ

Dal segmento alla relazione.

Il passaggio da un modello lineare e puramente biomeccanico a uno a rete cambia radicalmente il nostro modo di osservare il corpo.

Non ci chiediamo più: “Dov’è il segmento fuori asse?”

Ci chiediamo “perché il sistema ha scelto questa configurazione?” “Quali nodi funzionali stanno sostenendo quella posizione?” “Quanto costa al sistema mantenere questa coerenza?”

Parliamo infatti di coerenza funzionale, ovvero la capacità del sistema di trovare un’organizzazione temporanea, economicamente vantaggiosa, e compatibile con il compito o l’ambiente.

È un ribaltamento epistemologico.

Dall’analisi dei pezzi alla comprensione delle relazioni.

IL MODELLO BIO-PSICO-FUNZIONALE-SOCIALE

Ed è qui che il nostro sguardo si espande ulteriormente.

Non basta dire “rete muscolo-fasciale”.
Per comprendere davvero il comportamento del corpo, dobbiamo integrare le dimensioni biologiche, psicologiche, funzionali e sociali.

Il modello bio-psico-funzionale-sociale è presente in letteratura come evoluzione del classico bio-psico-sociale.

Insiste sulla funzione come luogo di espressione dinamica del sistema, dove biologia, psicologia e contesto sociale si integrano nell’azione.

Una visione coerente con le esigenze della clinica contemporanea.

Vediamola in sintesi.

Biologica: struttura, biomeccanica, neurofisiologia.

Psicologica: esperienza, emozioni, percezione, attenzione, memoria del dolore.

Funzionale: obiettivo, carico, contesto, adattamento.

Sociale: relazioni, ambiente, lavoro, cultura, aspettative, linguaggio.

Ogni tensione, postura o sintomo è il risultato di questa rete di fattori che interagiscono.

Non c’è mai una causa sola: c’è un pattern emergente.

IL MODELLO PCS – Polyconnective Skeleton

È un altro riferimento emergente che nasce proprio per abbracciare la complessità, senza semplificarla.

Il Polyconnective Skeleton è un modello tridimensionale e integrato del corpo umano, in cui reti osteoarticolari, fasciali, neuromuscolari e viscerali interagiscono in modo policentrico e adattativo, non lineare.

Ogni nodo può diventare centrale a seconda del compito, dello stato emotivo o della memoria del corpo. Gli adattamenti non sono rigidi né in sequenza: sono plastici, distribuiti, contestuali.

Un modello realistico, coerente con la fisiologia, l’anatomia, la neuroplasticità e la clinica.

Una bussola concreta nella terapia manuale e nel movimento.

LE IMPLICAZIONI CLINICHE

E quindi, cosa cambia nella pratica?

1. Valutazione

Nel modello lineare cercavamo “dove parte il problema”. Nel modello a rete, bio-psico-funzionale-sociale, ci chiediamo:

“Dove si organizza il sistema per sostenere il carico?”

“Quali strutture si sacrificano per mantenere l’efficienza?”

“Dove si manifesta la strategia adattativa più significativa?”

E soprattutto: “che senso ha, per quel paziente, in quel momento, quella configurazione?”

2. Trattamento

Non correggiamo una postura.
Proponiamo una nuova coerenza funzionale, compatibile con le risorse e la storia del paziente.

Non allineiamo.
Riorganizziamo le forze, le percezioni, le intenzioni.

Il trattamento diventa un dialogo con la rete, non un’aggressione al sintomo.

E in tutto questo, non dimentichiamo mai la persona dietro il sintomo.

Ogni nodo è attraversato da una storia, un’emozione, un bisogno.

3. Monitoraggio

La risposta del corpo è la nostra guida.

Ogni esercizio, ogni input, ogni tecnica è un’ipotesi da osservare. Ci muoviamo per tentativi, in ascolto, senza certezze assolute.

E il dolore? Cambia anche lui.

Nel modello lineare è la spia di un errore.
Nel modello a rete, il dolore è una strategia comunicativa.

Il corpo non urla perché è rotto.
Urla perché sta proteggendo.
Urla perché sta negoziando.
Urla perché ha bisogno di cambiare mappa.

In termini neuroscientifici, il dolore è l’espressione di un sistema nervoso centrale che risponde a una minaccia percepita, non necessariamente a un danno reale.

IL LINGUAGGIO CONTA

Le parole che usiamo non sono neutre.
Quante volte diciamo ancora “catena posteriore accorciata”, “bacino in anteroversione”, “segmento instabile, “spalla che scappa”..

Parole che sembrano descrivere ma che raccontano un corpo rotto, passivo, meccanico.

Se vogliamo una visione di rete, dobbiamo aggiornare anche il vocabolario. Per coerenza clinica e per rispetto del paziente.

Ogni parola costruisce una rappresentazione. Quella rappresentazione plasma il modo in cui il paziente vive il proprio corpo.. e noi scegliamo di intervenire.

Alcuni esempi concreti.

Una paziente con dolore mandibolare migliora dopo un lavoro sul pavimento pelvico. Nella sua rete, era un nodo tensivo centrale.

Un runner con fascite plantare cronica migliora lavorando su diaframma e respiro. Il problema era un tronco rigido e iperattivo.

Un adolescente con scoliosi e dolore lombare migliora con lavoro su propriocezione e identità corporea. Non era un problema posturale, ma percettivo.

Concludendo, fare divulgazione non significa dire meno. Significa dire meglio. Con parole semplici, ma mai semplificate.

Con i piedi ben piantati nel presente, ma lo sguardo rivolto al futuro.
Semplificare senza distorcere.
Comunicare senza irrigidire.
Educare senza infantilizzare.

Anche i pazienti meritano di sapere che non sono rotti. Che il loro corpo sta solo cercando un nuovo equilibrio.

E ALLORA.. QUAL È IL NOSTRO RUOLO?

Siamo ancora terapisti manuali? Sì.
Esperti di esercizio terapeutico? Assolutamente.

Ma oggi più che mai siamo anche facilitatori di consapevolezza, osservatori della complessità, traduttori di segnali corporei e alleati nella costruzione di nuove reti funzionali.

Non aggiustiamo.
Riorganizziamo.

Non imponiamo.
Proponiamo.

Non normalizziamo.
Facilitiamo l’adattamento.

Il corpo non si adatta in sequenza.
Si adatta in coerenza.

Non ragiona per catene lineari.
Ragiona per reti distribuite, influenzate da esperienze, pensieri, tensioni, respiri, relazioni.

E noi fisioterapisti?

Siamo chiamati a guardare oltre l’anatomia, oltre la postura, oltre il sintomo.

Siamo chiamati a sentire la rete. A riconoscerla. A rispettarla.

Se anche tu credi che la fisioterapia non sia solo correzione, ma ascolto, relazione, visione, adattamento.. condividi questo post.

Perché il futuro del nostro mestiere non si costruisce con blocchi da correggere,
ma con connessioni da nutrire.

Raccontaci nei commenti qual è stata la connessione più sorprendente che hai osservato nel corpo. Oppure condividilo con chi, come te, ha voglia di guardare oltre.

NOTA FINALE
Le informazioni contenute in questo post hanno finalità divulgativa e non sostituiscono la valutazione di un professionista sanitario.

Un sentito grazie a tutti i colleghi fisioterapisti e ai professionisti sanitari che, con i loro studi scientifici pubblicati, commenti, critiche e spunti, hanno contribuito alla nascita di questo testo.
È anche così che si costruisce una rete: con il dialogo.

Una zona accogliente, l’inizio di un ritorno, in un flusso continuo che tutto porta in sé, una luce nascente, una sorgen...
31/07/2025

Una zona accogliente, l’inizio di un ritorno, in un flusso continuo che tutto porta in sé, una luce nascente, una sorgente che scalda, vibrazioni sottili ci connettono.
♾️☯️ Verso sera… ☯️♾️

Lentamente, il fiume sotterraneo scorre inesorabile….♾️☯️♾️
30/07/2025

Lentamente, il fiume sotterraneo scorre inesorabile….
♾️☯️♾️

Statue di serpenti in bronzo scoperte in una sorgente sacra di 2.000 anni fa — Uno sguardo nei misteriosi rituali degli Etruschi

Nel cuore delle colline toscane, gli archeologi hanno portato alla luce un mistero serpentino proveniente dal mondo antico. Presso la sorgente termale di San Casciano dei Bagni, dove ancora oggi scorrono acque bollenti, sono state ritrovate statue di serpenti in bronzo sepolte da oltre duemila anni.

Utilizzata dagli Etruschi, una civiltà sofisticata che fiorì in Italia prima dell’ascesa di Roma, questa sorgente non era un semplice luogo di balneazione. Era un luogo sacro — un santuario dove le persone lasciavano offerte votive in cambio di guarigione, protezione o favore divino.
Fin dal III secolo a.C., i fedeli lanciavano nelle profondità della sorgente monete, statuette e oggetti iscritti, nella speranza che le loro preghiere venissero ascoltate.

E la tradizione non si interruppe con l’arrivo dei Romani. Sono state infatti ritrovate iscrizioni latine che lodano imperatori romani, a dimostrazione che il potere spirituale della sorgente trascendeva i confini dell’impero.

Nel 2024, gli archeologi hanno fatto la scoperta più curiosa: diversi serpenti in bronzo, il più grande lungo quasi un metro.
Rinvenuti negli strati più profondi e nascosti della sorgente, questi serpenti potrebbero essere stati simboli di protezione, guardiani dello spazio sacro.

In molte culture antiche, i serpenti erano associati alla guarigione, alla rinascita e all’oltretomba — figure in grado di muoversi tra i regni, proprio come le acque che sgorgano dalle viscere della Terra.

29/07/2025

☯️ sempre presente…

L’Associazione Koinè - Arte e cultura tra Oriente e Occidente torna a proporre l’iniziativa “R-estate in armonia” :)Stav...
15/07/2025

L’Associazione Koinè - Arte e cultura tra Oriente e Occidente torna a proporre l’iniziativa “R-estate in armonia” :)
Stavolta saremo in Abruzzo, a San Vincenzo Valle Roveto, per una serie di incontri di Qigong, tenuti da me, nel mese di agosto.
Per info e prenotazioni, potete contattarmi ai seguenti recapiti:
3476590306 (anche chat whatsapp)
ilsettimoalchimista@gmail.com

Con il mese di agosto, torniamo con la nostra iniziativa “R-estate in armonia”.
Stavolta saremo in Abruzzo, precisamente a San Vincenzo Valle Roveto, in provincia dell’Aquila, per una serie di incontri di Qigong tenuti dal M. Luana Micaela Babusci.
Vi aspettiamo!
Per info e prenotazioni potete scriverci qui o contattarci ai seguenti recapiti:
3476590306 (anche chat whatsapp)
ilsettimoalchimista@gmail.com

Per una corretta postura della schiena.Oggi, molto spesso, assumiamo una postura scorretta della schiena soprattutto a c...
15/07/2025

Per una corretta postura della schiena.
Oggi, molto spesso, assumiamo una postura scorretta della schiena soprattutto a causa dello scivolamento in avanti della testa rispetto alla colonna vertebrale.
In sintesi: la colonna vertebrale presenta tre curve fisiologiche, quindi presenti nella normalità, una a livello del collo (lordosi cervicale), una nello spazio tra le scapole (cifosi dorsale, la zona meno mobile delle tre), una a livello lombare (lordosi lombare).
Quando agiamo su una di queste tre curve, le altre due rispondono armonizzandoli a questo aggiustamento.
Un esercizio relativamente semplice per correggere una postura sbagliata, consiste nell’agire sulla curva presente in zona cervicale. Si fa una retro posizione della testa. Molti lo spiegano anche dicendo di “spingere il mento verso la nuca”. Il movimento infatti fa proprio questo: spostare la zona del mento, cioè la mandibola, indietro, verso la nuca.
L’intenzione è quella di muoversi su un piano parallelo al pavimento, come se la nostra testa scivolasse su un tavolo, evitando di abbassare o alzare il mento.
Consiglio di fare questo esercizio di fronte a uno specchio, in modo da tenere lo sguardo all’altezza degli occhi, tenere sotto controllo il movimento e accorgersi se il mento va su o va giù.

Di seguito, due video, uno di spiegazione del movimento e un altro, nel commento, sulla funzione della vertebra atlante (C1).

06/07/2025

Noto un fiorire di post sulla respirazione profonda e la sua azione benefica sul tono vagale. Il 三焦 (sānjiāo, triplice energizzatore) non è che stia lì per caso…

30/06/2025

SI SHEN CONG (Allerta dei quattro Spiriti): quartetto di punti per il calo di memoria e la scarsa concentrazione, generalmente impiegati per il benessere neurologico e per alleviare nervosismo e irritabilità in periodi di grande stress.
I punti vanno stimolati uno per uno con la pressione del dito per almeno sessanta secondi ciascuno, preferibilmente nella fascia oraria 17.00-19.00: secondo la medicina cinese ciò ha effetto sedativo e favorisce il sonno e l'addormentamento, oltre a promuovere il mantenimento delle funzioni cognitive.
Ciascuno di questi punti si trova ad un cun di distanza da GV20 (punto di incrocio tra la linea immaginaria che unisce la punta delle orecchie e quella che procede dalla punta del naso alla nuca): il cun è un'antica unità di misura che corrisponde alla larghezza del pollice.
Le informazioni riportate hanno il solo scopo divulgativo e non possono in alcun modo sostituire il parere medico.

30/06/2025

"Non assoggettarti a etichette; non dipendere da schemi; non dare per scontato di avere il controllo delle cose; non assoggettarti alla conoscenza. Comprendi l’infinito e vaga in ciò che non lascia traccia."
-Chuang-Tzu-

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