01/09/2024
La nozione di “percezione del sonno” include due importanti aspetti psicologici: innanzitutto, la capacità
di identifi care il proprio sonno, distinguendolo dallo stato di veglia; in secondo luogo, il modo in cui se ne
valuta la qualità, ossia quella che viene defi nita “percezione soggettiva” del sonno. Tali aspetti, strettamente
interconnessi, sono a loro volta modulati da variabili individuali, quali ad esempio il personale vissuto
emotivo esperito quando il sonno sia disturbato, nonché il sistema di idee e credenze sulle caratteristiche che
il sonno dovrebbe avere per essere giudicato di buona qualità (ad esempio la quantità di sonno necessaria
per un corretto funzionamento diurno).
Inoltre, in senso più ampio, la percezione del sonno può fare riferimento anche alla capacità di rilevare
correttamente quei segnali, fi siologici e comportamentali, che informano sulla propensione al sonno e quindi
infl uenzano la scelta del momento più opportuno per decidere di coricarsi con l’intenzione di dormire.
Da un punto di vista clinico, è dunque importante osservare come un elemento che contribuisce alla genesi
e al mantenimento dell’insonnia sia la presenza di specifi che diffi coltà in ciascuno di questi ambiti.
In primo luogo, gli insonni mostrano diffi coltà nel riconoscere correttamente il proprio stato di sonno e di
veglia: infatti essi tendono a sovrastimare i periodi di veglia, sia in prossimità dell’addormentamento che
all’interno dell’episodio di sonno, con una conseguente sottostima del tempo totale trascorso dormendo.
Queste distorte valutazioni, congiuntamente a convinzioni erronee su come dovrebbe essere un “buon
sonno” in termini di durata, contribuiscono a determinare nell’insonne una cattiva percezione soggettiva
del proprio sonno, ovvero una complessiva insoddisfazione sulla sua qualità.
La mispercezione del sonno tipica dell’insonnia può infi ne riguardare anche i segnali ad esso associati;
tale diffi coltà sarebbe alla base della disposizione dei soggetti insonni a fare maggiormente riferimento a
segnali esterni (per es. l’orario) piuttosto che a segnali interni (stanchezza, bruciore e pesantezza degli occhi, sbadigli) per decidere il momento opportuno per dormire. Questo sfasamento tra la decisione del soggetto e la propensione fisiologica al sonno può incrementare i problemi di addormentamento lamentati dai soggetti.
Data l’importanza di fattori psicologici nell’insorgenza e nel man Avere un’adeguata consapevolezza di aver dormito o di essere rimasti svegli, durante la notte, non è così scontato come potrebbe sembrare. Studi svolti in laboratori dedicati allo studio delle caratteristiche comportamentali e
fisiologiche del sonno hanno messo in evidenza che per poter essere in grado di percepire il
sonno, discriminandolo quindi dalla veglia,
solo quando l’episodio di sonno ha raggiunto una certa durata, esso può essere percepito con sicurezza come tale. D’altra parte la transizione fra la veglia e il sonno non è un evento istantaneo
(Ogilvie, 2001) e la consapevolezza di essersi addormentati si instaura gradualmente; ecco perché vi può essere discrepanza fra i reperti oggettivi dell’avvenuto addormentamento e la percezione
soggettiva di aver dormito. Inoltre, tale discrepanza può aumentare in funzione dell’ora e del tipo di sonno in cui viene svegliato il soggetto. La percentuale di risposte corrette è minore se il
risveglio è indotto nella prima parte dell’episodio di sonno, in corrispondenza delle fasi di sonno
più leggere (stadio 2 del primo sonno NREM), mentre è maggiore se il soggetto viene svegliato
nella seconda parte del sonno in corrispondenza della fase di sonno REM (Sewitch 1984a, b). La maggiore facilità di distinguere il trascorso stato di sonno dalla veglia, quando il risveglio
avviene in sonno REM rispetto a quando esso avviene in stadio 2 del sonno NREM, potrebbe tenimento dell’insonnia, interventi di tipo cognitivo-comportamentale possono essere diretti sia a correggere le credenze sul sonno, laddove distorte e inadeguate, sia a migliorare il riconoscimento dei segnali che precedono il sonno e la capacità di utilizzarli per sincronizzare le abitudini del sonno con i momenti di massima propensione all’addormentamento. C'è da dire che la capacità di giudizio e delle caratteristiche della cognizione sono profondamente diverse in fase diurna e notturna e variano fra soggetti. Nella fase Rem si potrebbero presentare immagini vivide dovute ad elaborazione dei resti diurni o ricordi passati. E' tacito che anche i sogni possono essere parte dei nostri ricordi, nelle nostre memorie. Questo perchè nell'elaborare avviene anche un consosolidamento delle memorie.
A mio avviso non solo il trattamento cognitivo comportamentale può essere di fondamentale 'aiuto in casi di alterazione del ritmo circadiano e notturno. Infatti la psicanalisi, ch,e storicamente ha sempre dato spazio all'elaborazione del sogno nel setting, può far comprendere il significato di sogni ricorrenti o esplorativi a livello semantico esplorativo del soggetto e il tipo di significazione a livello emotivo pulsionale.
Se nei sogni si presentano 'incubi' li potremmo definire come forme di ptsd con fenomeni allucinativi che hanno un significato di coazione a ripetere un trauma la cui dinamica richiede la elaborazione a livello cerebrale. Attenzione: anche un incubo è importante seppur provoca sofferenza. Esso è un tentativo del cervello di 'risolvere' traumi e di dirigere l'attenzione del soggetto verso una risoluzione definitiva di un'esperienza egodistonica.
Per questo gli psicanalisti descrivono una strategia di risoluzione dello stato di sofferenza notturna con la possibiità di scrivere questi sogni 'chiamando' i mecanismi di difesa e forme di imagery che operano nel setting una sorta di esperienza emotiva correttiva che può essere di 'refreshing' (riscrittura del sogno).
Critico è l'attegiamento del soggetto in terapia se non attua un comportamento positivo nel riscrivere con un imagery ottimistico, proattivo e positivo l'incubo e non di hopeless.
Con un immaginazione positiva si vanno a creare delle 'strade' dei substrati neurali sempre più proattivi e di fiducia che tendono a influenzare anche la cognizione e il comportamento diurno nonchè lo stato psicofisiologico. In sistesi: l'incubo va riscritto e in modo proattivo, magari divertente, con un lieto fine.
Per finire: la qualità e la quantità del sonno è diversa in ciascun individuo e dipende da molti fattori. Purtuttavia dormire è importante almeno quanto tutte le altre funzioni fisiologiche.
jt binah Shmidt.
sul sonno # diversità # Secondo Centro di Terapia Cognitivo-Interpersonale di difesa cognizione notturna-diurna della terapia del sonno