15/05/2025
Ieri sono andata in piscina, come tutte le settimane.
Sono uscita di casa con il mio zainone e arrivata nello spogliatoio, mi rendo conto di aver dimenticato la borsa in cui metto gli effetti personali e naturalmente il telefono.
Mi sono detta: “Poco male, vado in piscina, lì non mi serve e poi, non succederà niente di urgente se per qualche ora mi disconnetto dal mondo”.
L’ho fatto, anche se un po’ stranita dal fatto che poteva esserci qualche imprevisto di cui rimanevo ignara.
Mi rivesto dopo la concitata lezione di Acquagym e aspetto nel cortile, che mio marito mi raggiunga per andare a casa.
Rimango lì, un po’ confusa, con l’istinto di prendere un telefono che non c’era, per ottimizzare il tempo e fare qualcosa in arretrato - vedere messaggi di pazienti, controllare appuntamenti, rivedere relazioni o leggere gli infiniti messaggi delle chat di classe…
Non mi rimane altro che guardarmi intorno, godere di quel caldo sole di maggio e rilassarmi, per una volta senza nulla da fare.
Che sensazione strana!
Nulla da fare, solo aspettare, senza possibilità di coprire quel tempo con altre attività.
E così mi sono goduta il momento: ho liberato la mente, ho assaporato la brezza calda che arrivava e mi sono messa ad osservare quello che facevano le persone intorno.
Mi sono soffermata sui loro atteggiamenti, le voci, gli sforzi e anche i loro sguardi persi. Nessuno cercava quello dell’altro, ognuno preso dalla sua attività.
Saranno passati 10 minuti così.
Mio marito è arrivato, riconnettendomi al mondo.
Sono andata via anche un po’ dispiaciuta di aver interrotto quel momento regalato.
Eppure sono stata tutto il giorno a pensare che non siamo più abituati ai tempi morti, a non fare nulla, perchè anche quando non c’è niente da fare, ci prendiamo il telefono e troviamo comunque il modo di fare qualcosa: una mail di lavoro, una chat, un giochino, un video…
Non siamo abituati ad aspettare e tutto è talmente frenetico che siamo stanchi anche senza fare nulla di produttivo.
Siamo sempre connessi e sempre con qualcosa da fare, che non tolleriamo più un tempo di attesa.
L’attesa aiuta ad osservare, a pensare, a relazionarci, ad inventarsi qualcosa di nuovo.
Abbiamo perso la capacità di fermarci e aspettare.
Ma dovremmo ritrovarla.