Dott. Marco Guadalupi

Dott. Marco Guadalupi Faccio lo psicoterapeuta tra Roma e Terni. Provo a muovere i pensieri per cambiare prospettiva.

30/10/2023
Quali sono i motivi per cui si va dallo psicoterapeuta? Per molti rappresenta un’occasione per sfogarsi e per trovare un...
06/10/2023

Quali sono i motivi per cui si va dallo psicoterapeuta? Per molti rappresenta un’occasione per sfogarsi e per trovare un supporto di fronte ad un momento di crisi, legato ad un evento o come punta di un iceberg di un “mal di vivere”. E spesso, andando dallo psicoterapeuta, si ha la sensazione che di questi bisogni si è ricevuta risposta, quella risposta che amici e parenti non sono stati in grado di dare o ai quali è stato troppo difficile rivolgersi per vergogna o difficoltà a comprendersi. A quel punto, a volte, si percepisce il percorso come concluso. “Rispetto a quando ho iniziato la psicoterapia mi sento molto meglio, sono molto più tranquillo”. Lo psicoterapeuta, che in quel caso grazie agli strumenti di cui dispone avrebbe fatto meglio del confidente, in fondo in fondo sta confermando che “sì, si è tutti un po’ psicologi”, solo che quelli propriamente detti sanno offrire supporto meglio degli altri.

E invece no. Le cose sono un po’ più complesse di così. Non è lo sfogo o il supporto l’obiettivo ultimo di un percorso psicoterapeutico. La psicoterapia si propone una meta più ambiziosa, forse più difficile da perseguire, di sicuro meno lineare nel suo dispiegarsi. E’ il cambiamento. Trasformarsi, riorganizzare la propria esperienza di vita, procedere in avanti.

La ricerca del cambiamento può non offrire immediatamente sollievo, o risposte, proprio perché l’obiettivo è spostato più in là, verso una conquista duratura. Implica la messa in gioco di entrambi, del paziente e del terapeuta. Il cambiamento rappresenta una sfida impegnativa e per questo motivo qualcuno (sia l’uno che l’altro) potrebbe decidere di fermarsi prima. Ed è, almeno nel caso del paziente, un diritto farlo. Ma se egli invece scegliesse di proseguire per scoprire cosa si nasconde al di là delle nuvole, si riapproprierebbe di una qualità dell’essere umano, che è quella di scrivere da sé il proprio futuro.

La diagnosi in psicopatologia è uno strumento prezioso che può indirizzare il lavoro di psicologi e psichiatri, ma tropp...
21/01/2023

La diagnosi in psicopatologia è uno strumento prezioso che può indirizzare il lavoro di psicologi e psichiatri, ma troppo spesso la si confonde con la diagnosi medica.
La malattia mentale infatti il più delle volte non è riconducibile a cause “fisiche”, i suoi contorni sono meno definiti, spesso non è disgiunta dalla persona stessa ma con essa si combina inestricabilmente. La valenza soggettiva della patologia psichica è ancora più evidente quando si parla di ansia o depressione, che in molti casi non sono altro che stati d’animo confusi con malattie da eliminare.
Eppure tante persone preferiscono pensarsi come psicologicamente malate - di volta in volta “depressi, “bipolari”, soprattutto “borderline” che è il calderone nel quale buttare ogni comportamento deviante - piuttosto che intendere la propria sofferenza come una manifestazione di se stessi.
Riconoscere che il malessere psicologico non è il risultato di un agente patogeno ma riguarda sé è una consapevolezza che spaventa, perché riporta all’interno qualcosa che si vorrebbe cacciare fuori, ma nei fatti restituisce il potere di farci i conti, dando voce ad un mondo interno rimasto inascoltato.

Parlare di psicologia sui social è molto meno agevole di quanto sembri. Non è facile concentrare concetti estremamente c...
12/01/2023

Parlare di psicologia sui social è molto meno agevole di quanto sembri.
Non è facile concentrare concetti estremamente complessi negli spazi e nei tempi di una comunicazione tarata sul livello di attenzione dello scrolling.
Per questo si tende (e nessuno di noi può dirsi completamente esente da questa propensione) a tramutare in consigli ed esortazioni concetti che necessiterebbero di tutt’altra elaborazione, ed a proporre certezze al posto del relativismo che dovrebbe caratterizzare l’incontro con la soggettività.

Indicazioni del tipo “sii assertivo!” si leggono sui social di tanto in tanto. A ben vedere, un’esortazione di questo tipo contiene in sè un paradosso, quello di invitare ad affermare se stessi seguendo l’invito di qualcun altro. È lo stesso paradosso presente nell’educazione di tanti: “sii assertivo”, “sii autonomo”, “sii libero”. È vera indipendenza invece il poter scegliere se e quando essere assertivi, autonomi, liberi, e quando non esserlo. La libertà e l’indipendenza nascono da dentro, non si possono prendere da fuori, neanche dal “consiglio” di uno psicologo. Lo psicologo si limita ad aiutare la persona a tracciare la sua strada verso l’autonomia.

Il principale merito della serie Netflix “Dahmer”, dedicata al mostro di Milwaukee, è quella di aver presentato il perso...
31/10/2022

Il principale merito della serie Netflix “Dahmer”, dedicata al mostro di Milwaukee, è quella di aver presentato il personaggio del serial killer in una luce diversa dal solito.

Il ritratto di Jeffrey Dahmer che emerge non è appiattito sullo stereotipo del mostro, ma risulta dotato di una tridimensionalità attraverso cui si intravede un funzionamento psicologico coerente nella sua organizzazione e nella sua evoluzione.

La definizione di mostro serve alla persona comune a tracciare un solco tra se stesso e chi mette in atto comportamenti così raccapriccianti.
Paradossalmente la storia racconta che proprio la sensazione di essere diverso, alimentata dall’atteggiamento di una società che tende ad escludere chi si distanzia dalle sue regole, avrebbe rafforzato certi comportamenti che da disfunzionali si sono trasformati in antisociali e criminali.

La storia di Dahmer illustra come dietro qualunque azione messa in atto da chiunque ci sia sempre un senso personale, senso che non ci si sceglie ma che deriva da molteplici fattori evolutivi, anche se, differentemente da quanto fatto dal protagonista, si può sempre scegliere di provare a cambiarlo.

Spesso il rinunciare in partenza a giocare una partita (nello sport, nel lavoro, nella vita) raccontando a se stessi di ...
27/10/2022

Spesso il rinunciare in partenza a giocare una partita (nello sport, nel lavoro, nella vita) raccontando a se stessi di non essere all’altezza, nasconde la rinuncia a confrontarsi con situazioni in cui non si ha la certezza di vincere facile. 😓

In questi casi dirsi di non valere serve paradossalmente a difendere un’immagine di sé idealizzata e preservata come se fosse tenuta in una teca, un’immagine di sé che non prevede la sconfitta o la frustrazione.

Poter “essere”, senza farsi definire dal risultato di una prova, permette invece di affrontarla ricercando il successo, ma nello stesso tempo potendo fare tesoro anche della sconfitta che se accettata diventa, al pari della vittoria, occasione per conoscersi e migliorarsi. 🏆

“Niente è come sembra” è il titolo scelto per numerosi film che in comune hanno una trama stravolta da colpi di scena fr...
24/10/2022

“Niente è come sembra” è il titolo scelto per numerosi film che in comune hanno una trama stravolta da colpi di scena frutto di imprevisti ribaltamenti di prospettiva. 🍿

In quella serie a puntate che è la psicoterapia, lo stravolgimento del punto di vista è elemento immancabile nello svolgersi della trama. 🎥

Merito o colpa della mente che, diversamente da come a volte si è portati a pensare, agisce in maniera tutt’altro che lineare, e che nelle sue pieghe più recondite può nascondere l’opposto di ciò che si osserva in superficie. 🌗

Così, al termine di un percorso di conoscenza di sé, può svelarsi il tornaconto che si cela dentro l’altruismo e l’altruismo nella scelta individuale, si può scoprire che la sfrontatezza è ostentata per nascondere la paura o che esistono risorse dissimulate dietro un senso di inadeguatezza.

“Niente è come sembra” è quella scoperta che, cambiando le carte in tavola, restituisce gli strumenti per ribaltare un finale già scritto nella vita.

Raggiungere un obiettivo senza doverselo sudare non è impossibile ma senz’altro difficile, perché dipende dal concatenar...
20/10/2022

Raggiungere un obiettivo senza doverselo sudare non è impossibile ma senz’altro difficile, perché dipende dal concatenarsi di una serie di fattori casuali (la cosiddetta “fortuna”). 🍀
Non tutti i calciatori nascono con il talento di Leo Messi, e la maggior parte di chi è arrivato ha costruito la propria fortuna passo per passo, con lo sforzo, il sacrificio e soprattutto con la capacità di tollerare l’insuccesso.
Spesso nel sostenere la motivazione verso la meta finale giocano un ruolo cruciale le mete parziali. Pensiamo ad una persona che si è posta come obiettivo quello di correre la maratona: riuscire a correre dapprima qualche centinaio di metri, poi dieci chilometri, poi la mezza maratona sono tutti scalini che in sé regalano soddisfazione e permettono di restare sulla strada, allontanando i vissuti di arrendevolezza. 🏃🏻‍♂️
L’importanza della pazienza non è argomento riguardante solo lo sport, ma qualsiasi contesto in cui l’acquisizione finale comporta il compimento di un percorso.
Anche in psicoterapia il raggiungimento dell’obiettivo finale, il benessere attraverso la coscienza di sé, in alcuni casi si fa aspettare, e non sempre le mete parziali (il giovamento durante il percorso) sono sufficienti ad alleviare l’attesa del risultato. “Perché non cambio?” oppure “ho la sensazione che tutto questo non mi stia aiutando!” sono solo alcune delle frasi che vengono proferite dal paziente stanco di attendere il cambiamento.
In questo meccanismo non si fatica a rintracciare lo zampino dell’inconscio, che concepisce solo il piacere nel “qui e ora” e che per questo gioca un ruolo decisivo nel boicottare la motivazione ad una terapia. 😈
La fretta appartiene all’inconscio mentre la pazienza e la perseveranza rappresentano la forza dell’Io che, sostituendosi all’inconsapevolezza, si permette di travalicare i confini dell’ “hic et nunc” per costruire una progettualità sviluppata nel tempo.

“Perché ho commesso quello sbaglio? Non me lo sarei mai aspettato!” “Perché ho reagito così male a quelle parole?” “Perc...
16/10/2022

“Perché ho commesso quello sbaglio? Non me lo sarei mai aspettato!”
“Perché ho reagito così male a quelle parole?” “Perché ho tradito il mio partner?”

-Perché sono fatto così-.

“Sono fatto così” è la maniera con cui a volte si giustifica un proprio comportamento impulsivo. In realtà questa affermazione, che all’apparenza sottintenderebbe una consapevolezza riguardo al proprio modo di essere, spesso nasconde il suo esatto contrario, e cioè quell’inconscienza che conduce ad un’azione avventata, ovvero messa in atto senza conoscerne la causa.

In uno scatto di ira, in una parola di cui ci si pente, in un tradimento, quanta coscienza c’è di ciò che si sta facendo?
L’azione impulsiva è una riflessione su di sé che si è fermata e che, se non recuperata attraverso l’inquadramento all’interno di un significato, può perpetuarsi sotto forma di uno sbaglio riprodotto all’infinito.

Conoscere se stessi significa invece comprendere le cause di un proprio stato emotivo e dunque poter scegliere il comportamento più in linea con il proprio bisogno, restituendo a se stessi un senso di coerenza.


È situazione comune quella di vivere nel rimpianto di un amore finito (o mai realmente iniziato). In questi casi l’amato...
12/10/2022

È situazione comune quella di vivere nel rimpianto di un amore finito (o mai realmente iniziato). In questi casi l’amato/a può essere idealizzato a tal punto da restare delusi quando, magari passato del tempo, lo si incontra davvero. 💔

Questo accade perché l’idealizzazione di un amore non è una condanna, ma una vera e propria “presa di posizione”, per quanto inconscia.

L’essere umano non subisce l’idealizzazione, ma la ricerca, anche a costo di starci male nella nostalgia e nel rimpianto. L’idealizzazione risponde ad un bisogno antico, risalente all’infanzia, dell’esistenza di un “paradiso in terra”, una relazione perfetta verso cui tendere e che rappresenti la realizzazione di sé.
Sistematicamente questo sentimento porta chi lo vive a confondere la propria aspirazione alla perfezione con la persona oggetto del suo amore, la quale solitamente non ha fatto niente di più che l’aver lasciato o l’essersi negata. ❤️‍🔥

La rinuncia all’idealizzazione invece comporta l’accoglimento del mondo reale. Ed il mondo reale apre la porta a quella possibilità di agire, che nell’immobilità della perfezione ideale non può esistere.

Quello che è accaduto a Marco Bellavia durante la sua partecipazione al Grande Fratello ci racconta di un fenomeno umano...
10/10/2022

Quello che è accaduto a Marco Bellavia durante la sua partecipazione al Grande Fratello ci racconta di un fenomeno umano che, per quanto spiacevole, non è raro osservare.

Chi ha “bullizzato” l’ex conduttore di Bim Bum Bam, chi non lo ha compreso, l’ha allontanato o addirittura offeso, in realtà ha fatto la guerra ad una parte disprezzata e temuta presente dentro di sé.

Attaccando lui l’aggressore ha cercato di cancellare le proprie fragilità, le proprie paure, le proprie insicurezze e tutto ciò che ha ritenuto incompatibile con quello che per cultura, educazione o altro considera il modo giusto di presentarsi al mondo.

Il fenomeno del “capro espiatorio“ all’interno del gruppo è molto comune, in particolare quando un membro, la “vittima”, mette in luce difficoltà condivise ma che gli altri non sono pronti ad osservare. In queste situazioni, attribuire al capro espiatorio tutte le parti negative che non si vogliono vedere in sé consente agli altri componenti del gruppo di percepirsi “migliori”, più forti, più integri.
È un processo mentale che però allontana drammaticamente dai sentimenti di empatia, di comprensione e di cura dell’altro, che sono sacrificati in nome del bisogno di prevalere nel confronto sociale.

Invece è proprio il riconoscimento e l’accoglimento delle parti di sé, che per paura o vergogna sono state allontanate dalla coscienza, la condizione fondamentale prima di tutto per restituirsi una coerenza interna, magari trasformando ciò che è sentito come un difetto in una risorsa, ed in un secondo momento per potersi sintonizzare in maniera positiva anche sul malessere degli altri, alimentando con la reciprocità del rapporto la crescita di ciascuno.
La possibilità di accogliere più “se stessi” possibili crea la possibilità di incontrare più “altri da sé” possibili.

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