22/10/2020
Da quando c’è il Covid 19
Questo periodo storico è fatto di solitudine, sofferenza, caos, contraddizioni, desideri che contrastano con le necessità peculiari della pandemia, desiderio di vicinanza vs distanziamento, “Sì usciamo, vediamoci…” ma non possiamo salutarci, teniamo la mascherina, un metro di distanza, c’è abbastanza aria? C’è abbastanza spazio? “Oh hanno messo in quarantena la classe, hanno trovato un positivo: ed è immediata divisione tra il timore di essersi contagiati, la preoccupazione per quel nostro amico, ed il senso di colpa verso le persone che frequentiamo. “Vorrei venirti a trovare mentre sei in quarantena ed abbracciarti” ma a quanto pare ora volersi bene non si può più dimostrare con un abbraccio, a volte.
Il Covid 19 ci sta mettendo a dura prova, le persone affrontano ancora più di prima problemi pratici, le loro ansie, le loro preoccupazioni non sono “intrapsichiche” (come piace tanto dire a noi psicologi), non hanno radici nel loro passato, o meglio non solo. Le persone sono preoccupate perché faticano ad arrivare a fine mese da quando c’è il Covid, perché è difficile sentirsi vicini da quando c’è il Covid, perché sono preoccupati se i loro figli starnutiscono da quando c’è il Covid, perché hanno paura che non sia tutto ben igienizzato da quando c’è il Covid, e chi più ne ha più ne metta.
Il Covid ha messo in crisi tanti di noi ed in tanti altri ha slatentizzato difficoltà o timori che già esistevano ma che erano sotto controllo tutto sommato. Il risultato? Disorientamento, blocco, sopraffazione, paura, affanno, preoccupazione, rimuginio, tante emozioni, tanti stati d’animo: tutto riassumibile in uno stato fisico e psichico di generale allerta. Ed in questo stato di generale tensione è difficile trovare conforto, il solito conforto che cercavamo e trovavamo prima, … del Covid.
Tutto questo parla di una necessità, la necessità di disabituarsi alle zone di sicurezza costruite ed abitate prima del Covid e trovarne e costruirne di nuove. E l’essere umano è un’animale sociale, nasciamo in una relazione, nel contatto fisico, chi più chi meno ricerchiamo contatto, un abbraccio, stare semplicemente seduti vicini, a meno di un metro. Ora di quel tipo di vicinanza dobbiamo in una certa qual misura fare a meno. E questo nuovo stato è a tratti sconfortante, ci mette a dura prova, Insomma, questo virus ci sottopone ad una notevole dose di frustrazione, mette in crisi le nostre amate zone di comfort, è un invito potente e prepotente ad uscire dalla nostra finestra di tolleranza, da quello spazio in cui ci siamo comodamente seduti, a ridefinire i nostri modi di “stare” in relazione e di confortare noi stessi e gli altri. Mai come adesso la relazione tra contatto fisico e senso di sicurezza interno era stata così evidente anche per gli adulti, quasi ce ne stavamo dimenticando vero? Ebbene la buona notizia è che il Covid non ci impone di cancellare o fare a meno di questa relazione ma di ridefinirla: trovare nuovi modi, canali diversi da quelli cui siamo abituati. Una bella sfida, ridefinire il conforto relazionale mentre ognuno, a modo suo, combatte con i problemi concreti che questo virus ha sollevato.