Dott.ssa Giulietta Vulcano Psicoterapeuta

Dott.ssa Giulietta Vulcano Psicoterapeuta Studio di Psicoterapia Breve Strategica
Roma

Gli amori briciola.In questo momento storico di aridità dei sentimenti ecco comparire la definizione di “Amori briciola”...
03/07/2023

Gli amori briciola.

In questo momento storico di aridità dei sentimenti ecco comparire la definizione di “Amori briciola”.
Ma cosa sono gli “amori briciola” ?
Sono relazioni con una modalità di stare insieme arida, stitica, asciutta senza coinvolgimento emotivo ed affettivo soprattutto da parte di un partner che elargisce appunto “briciole” all’altro che spesso si accontenta di raccoglierle.
Dare le “briciole” significa dare molto poco in una relazione.
E di relazioni briciola è pieno il mondo. Si tratta di quelle persone che stanno insieme pur dandosi il minimo indispensabile: poco dialogo, poca intimità, sesso scarso, nessuna confidenza, tempo insieme quello strettamente necessario.
La relazione come una scatola vuota che pesa poco, a volte troppo poco che vola via al primo soffio di vento.
Va bene se entrambe le persone sono soddisfatte così, va un un po’ meno bene se uno dei due è insoddisfatto o soffre.
Ma chi sono le persone briciola?
Le personalità “briciola”, così definite dalla Telferner nel suo libro (Gli amori briciola. Quando le relazioni sono asciutte)sono persone caratterizzate da una importante tirchieria affettiva che li porta ad investire con il conta gocce nelle relazioni, al fine di non destabilizzare e perturbare troppo il proprio mondo.�L’autrice utilizza una serie di aggettivi che permettono di tracciare il profilo di queste personalità: calmi, freddi, egoisti, prudenti, responsabili, prevedibili, legalisti, sposati con il loro lavoro, razionali, hanno una vita interiore pragmatica, non condividono.
Persone che possono apparire intense sul piano relazionale ma lo sono solo in maniera autarchica, mai impegnate in un dialogo di reciprocità.
L’autarchia è il loro modo di stare al mondo, non tingersi di emozioni dell’altro è un’esigenza, non dare conferme è l’unica modalità appresa, in sostanza “ballano da soli”.
Si tratta di persone con un’intelligenza astratta raffinata, professionalmente competenti, soddisfatti dei loro orizzonti, ma affettivamente con il freno a mano tirato e con un attaccamento evitante/mancato/distanziante.
Assolutamente bisognosi di solitudine.
Nelle relazioni, come dei ragionieri ossessivi, calcolano costantemente il peso del loro coinvolgimento, non lasciano fluire. Sono così terrorizzati che le richieste del partner diventino obblighi che si sottraggono alle pretese ancora prima di sentirne il bisogno. Si basano su sensazioni per leggere le proprie emozioni…(es.”Non so se le voglio bene, ma voglio il suo bene”) non accorgendosi che volere il bene dell’altro è già un voler bene.
Altro es. “Ho ancora voglia di chiamarla/sentirla/vederla quindi il rapporto sta procedendo”, usano le azioni per comprendere quello che sentono.
È come se fossero sempre pervasi da un “dubbio” sul loro rapporto.
Es.”È la persona giusta? Siamo compatibili?”…
I rapporti possono funzionare finché non diventano “troppo coinvolgenti”, a questo punto scappano, spariscono, fuggono da qui l’appellativo di amori fuggiaschi.
Per i “briciola” i partner sono un’insidia dalla quale proteggersi.
Non sopportano gli oneri e le tensioni dello stare in due, ne’ qualsiasi limite alla agognata libertà. Rifuggono persino le vacanze lunghe, a volte anche un weekend può essere costrittivo perché li distrae da loro stessi e li invade una sensazione di obbligatorietà. Sentirsi liberi di fare quello che si vuole senza dar conto all’altro e avere sempre la possibilità di tenere aperte le porte per le possibili altre esplorazioni amorose.
In sostanza disinteressati all’approfondimento della relazione, non investono sul rapporto, ne’ tantomeno sull’altro.
Inizialmente mostrano la loro parte matura e interessante, il loro equilibrio, poi emerge la scarsa disponibilità emotiva ed affettiva.
Le personalità briciola hanno emozioni e sentimenti altrove, focalizzati su interessi propri, sul loro lavoro, sulla loro famiglia d’origine, vorrebbero relazioni “leggere” e non sono interessati a sentirsi intimamente legati con l’altro, ne’ capaci di cambiare il loro modo di avere una relazione.
I veri briciola professionisti sono quelli che stanno in una relazione lassa ma positiva “a piccolissime dosi” che si fanno la loro vita, poco innamorati, accasati e sposati con se stessi, senza spazio per altri, immaginandosi aperti alle novità ma fedeli invece unicamente alla loro immagine di se, in una sorta di solipsismo Kantiano, inamovibili e difesi.
Provengono usualmente da una famiglia d’origine emotivamente tirchia, genitori che hanno riservato loro scarsa attenzione, basata per lo più sul loro adeguarsi alle aspettative, in contesti pragmatici e poco emotivi in cui sono stati investiti di eccessiva responsabilità.
Nell’infanzia è stato dato loro molto poco.
Famiglie dove non si parla di emozioni o si tende a negarle.
Si rintraccia spesso un legame con l’intero gruppo familiare, non solo con i genitori, che definisce la missione di cui è portatore il bambino in cambio del riconoscimento da parte del gruppo. Il genitore gli chiede implicitamente di confermare a lui genitore di essere un buon genitore, un buon genitore di un buon bambino. E restano bambini buoni i “briciola”: sono spesso figli parentali (genitori dei loro genitori, diventando così i nonni di se stessi) hanno fatto da genitori agli adulti e si ritrovano coinvolti con la famiglia d’origine anche da adulti. Questo li rende ancora più desiderosi di libertà e insofferenti alle costrizioni.
Fin da bambini hanno sentito il peso della responsabilità, per cui desiderano non farsi carico degli altri e ancor di più del partner.
E proprio al partner si offre sempre meno.
Condividere può diventare un fastidio, la povertà emotiva essere la caratteristica principale.
Ed infine la distanza l’epilogo.

Come si convive con una persona che offre poco o si ritira dalla relazione?
Solo alcuni spunti di riflessioni per gestire questo tipo di relazioni:
- coltivando spazi propri e ampliando la propria vita, attraverso nuovi interessi e nuove conoscenze in un percorso di crescita della propria autostima
- Costruendo la propria indipendenza e il proprio centro imparando a contare su se stessi
- Rinunciare a lamentarsi e non cadendo nel vittimismo
- Prendersi cura di se’ e fare cose che ci piacciono (una piccolissima cosa piacevole al giorno)
- Smettere di delegare agli altri la propria felicità
- Imparare a lasciare andare ciò che non ci soddisfa
- Staccandosi, de-ossessionandosi dall’altro, a volte andandosene
- Congiura del silenzio, ovvero non parlare con gli altri del partner o della relazione…più parliamo del partner o della relazione più ci leghiamo
- Avere chiaro i limiti che non si vogliono superare
- Chiedere aiuto e fare un percorso di psicoterapia

Per vivere relazioni funzionali che ci fanno stare bene e ci appagano dobbiamo necessariamente passare attraverso l’elaborazione di amori che ci hanno fatto soffrire.
L’amore è un bisogno anche evolutivo, che appartiene alla maggioranza di noi.
L’amore è desiderio di perdersi, di condividere, di coinvolgersi, di farsi perturbare, di sognare, di ballare insieme, di godere insieme. Ma se l’amore è questo è anche litigio, fastidio o un qui pro quo, perché anche gli scontri, le differenze, le incomprensioni aiutano ad approfondire la relazione, perché amarsi non ha qualità, non è di più o di meno. Ognuno ama come sa amare.
Si tratta di un accadimento, uno stato d’animo un po’ magico.
L’amore è il più sublime degli autoinganni.
Amare è un regalo che ci facciamo, che ci fa la vita, è aprirsi al mondo, è mettersi in gioco, un atto di fede, una ragione per vivere.
L’amore è un valore aggiunto…
Forse questi pensieri sull’amore sono solo elucubrazioni romantiche tipicamente femminili, ma sono anche il riscontro di tutti i racconti raccolti dai miei pazienti.
Ogni coppia danza un suo ballo specifico fatto di seduzione, passione, infatuazione, innamoramento, desiderio, ma anche d’indifferenza, litigi, noia, routine, incompatibilità, crisi, conflitti, separazioni.
L’amore è un sentimento irrazionale. “Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”, scriveva B.Pascal, un sentimento che sgorga da di dentro e che ci permette di ampliare la nostra capacità di sentire o approfondire la conoscenza di noi stessi.
Mi auguro che anche il “soffrire” per amore non faccia nè paura, nè
sia considerato inevitabile, tantomeno una perdita di tempo.
La sofferenza può essere considerata una tappa nel percorso di vita, un dolore che è anche opportunità per lavorare su se stessi, un’occasione per approfondire la conoscenza di noi stessi.
Più conosciamo noi stessi, più saremo autonomi e consapevoli aumentando la nostra libertà.
Più siamo liberi e ci amiamo più saremo capaci di amare.
Perché chi non si ama non sa amare.

Dott:ssa Giulietta Vulcano
www.giuliettavulcano.it

Bibliografia. “Gli amori briciola: Quando le relazioni sono asciutte:” di U:Telfener

La comunicazione efficace ed efficiente nelle relazioni.
16/08/2022

La comunicazione efficace ed efficiente nelle relazioni.

Il troppo controllo che fa perdere il controllo.QUANDO PENSARE TROPPO FA MALE.  L’uomo attraverso il pensiero e le sue c...
26/03/2022

Il troppo controllo che fa perdere il controllo.
QUANDO PENSARE TROPPO FA MALE.


L’uomo attraverso il pensiero e le sue capacità cognitive-razionali ha sviluppato l’illusione di poter controllare tutto. Ma come sappiamo, questa illusione crolla miseramente di fronte all’impossibilità di controllare il caso o certe malattie, o fenomeni sia individuali che sociali.
Posso infatti, sottopormi a continui controlli medici senza che questo mi renda immune da eventuali malattie. Posso essere prudente nel mio comportamento ma questo non mi eviterà il rischio di incidenti.
Il pensiero, il “COGITO” cartesiano se non viene estremizzato nel voler controllare tutto, è un meccanismo funzionale, è una RISORSA per affrontare le problematiche quotidiane.
Ma quando il “COGITO”, la razionalità viene estremizzata da risorsa si trasforma in limite e diventa DISFUNZIONALE. Questo si evidenzia quando cerchiamo di adattare la razionalità a fenomeni a cui non si può adattare, come ad esempio alle paure irrazionali, ai dubbi, alle relazioni controverse, tutte situazioni in cui la razionalità si trasforma in una trappola.
Così, il “pensare” che è una parte essenziale della nostra attività umana può diventare causa di profonde sofferenze che vanno dalla tirannia del dubbio, all’incapacità di prendere una decisione, dal continuo rimettere in discussione le proprie idee, fino ad arrivare al dubbio come vera e propria ossessione patologica.
Infatti, il dubbio può essere il trampolino di lancio del pensiero creativo ma può diventare la molla per il pensiero ossessivo. Nel pensiero creativo, il dubbio ci conduce alla scoperta di nuovi domini di pensiero, mentre, nel dubbio ossessivo viene combattuto e represso, diventando così l’aguzzino che perseguita il pensiero.
Le tipologie psicologiche di dubbi che scatenano sofferenze e che diventano invalidanti per la persona sono:
- Tentativo di controllo razionale delle nostre sensazioni, emozioni, ovvero il paradosso del “il troppo controllo che fa perdere il controllo”
- Tentativo di annullare i pensieri scomodi e temuti, ovvero il paradosso di “pensare di non pensare”
- Tentativo di trovare risposte certe e rassicuranti a dilemmi irrisolvibili, ovvero “non esistono risposte giuste a domande sbagliate”, proprio perché le domande o le premesse sono sbagliate.
A questo punto il pensiero si cristallizza, si irrigidisce e diventa disfunzionale.
Si ha la PERVERSIONE DELLA RAGIONE.
L’antidoto per la perversione della ragione è un’intelligenza strategica che fa leva proprio sulla dinamica del dubbio, cioè sull’interruzione del circolo vizioso tra domande improponibili e risposte indecidibili.
Similia similibus curantur, di ippocratica memoria ci suggerisce il metodo efficace per la messa a punto di soluzioni terapeutiche, cioè entrare nella logica del sistema patologico e sovvertirne il funzionamento attraverso i suoi stessi criteri.
Questo significa indurre il paziente, attraverso il dialogo strategico, a bloccare le risposte per inibire le domande che man mano diminuiranno proprio perché non saranno più alimentate dalle risposte.
Per citare Emil Cioran, “ogni ossessione si satura su se stessa”.
Vincere senza combattere, è infatti lo stratagemma per affrontare tutte le situazioni alimentate dai tentativi di azzerarle, come è appunto, il dubbio patologico.
Colui che vorrebbe rendere prevedibile e controllabile ciò che è imprevedibile e incontrollabile rimane travolto da una compulsione incontrollabile.
“Il troppo controllo che fa perdere il controllo”.

Bibliografia: “Cogito ergo soffro” autori: Giorgio Nardone con Giulio De Santis

www.giuliettavulcano.it

"Signore o signorino? A quanti uomini è mai stata rivolta questa domanda?  E che dire degli intramontabili "donne al vol...
25/11/2021

"Signore o signorino? A quanti uomini è mai stata rivolta questa domanda?

E che dire degli intramontabili "donne al volante, pericolo costante", "Chi dice donna dice danno".

L'origine della violenza sulle donne va ricercata nella dimensione culturale di questo paese, poiché essa diventa strutturale e si declina nei rapporti.
Lo squilibrio di potere fra generi che si nutre di stereotipi.
È giunto il momento di combattere la violenza dalla radice.

Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne 2021.

Ieri sul “il Giornale” una mia intervista…
14/07/2021

Ieri sul “il Giornale” una mia intervista…

Sono molto onorata di aver ricevuto questo riconoscimento da Scholas Occurentes organizzazione internazionale di formazi...
08/01/2021

Sono molto onorata di aver ricevuto questo riconoscimento da Scholas Occurentes organizzazione internazionale di formazione guidata da Papa Francesco al fine di supportare psicologicamente i giovani di tutto il mondo.
Grazie al Prof. Giorgio Nardone e a tutto il Centro di Terapia Strategica che hanno reso possibile la partecipazione a questo progetto umanitario.

PAZIENZALa parola pazienza ha origine dal latino “patire” e dal greco pathein e pathos, e significa dolore corporale e s...
23/03/2020

PAZIENZA

La parola pazienza ha origine dal latino “patire” e dal greco pathein e pathos, e significa dolore corporale e spirituale. La pazienza è la qualità e l’atteggiamento di chi è in grado di accettare i contrattempi, le avversità, le difficoltà e il dolore con animo tranquillo.
In questo momento così difficile dove la reclusione forzata ha stravolto le nostre vite direi che la pazienza diventa una virtù auspicabile.
Siamo chiusi nelle nostre case, magari in ambienti nemmeno troppo grandi, come spesso capita a chi abita nelle grandi città, costretti a condividere spazi e tempo con la nostra famiglia h24.
È normale che ci sia del nervosismo visto che eravamo abituati ad uscire, a lavorare a relazionarci con gli altri. Le relazioni possono farsi più tese proprio a causa della convivenza e reclusione forzata, bambini che fanno i capricci, adolescenti che scalpitano perché vorrebbero vedere gli amici, adulti che non hanno più la possibilità di fare le cose che erano abituati a fare.
Le nostre abitudini sono all’improvviso cambiate. Tutto questo ci porta a vivere questo momento con molto stress, nervosismo e paura perché una pandemia mondiale nessuno di noi l’aveva mai vissuta.
Persino le poche uscite sono caratterizzate da ansia per le file troppo lunghe da fare al supermercato, per l’ambiente spettrale che vediamo, strade deserte degne di certi films catastrofici come “day after”, gente con le mascherine a ricordarci, se mai ce ne dimenticassimo anche solo per un secondo, che c’è un virus che sta minacciando le nostre vite, e la nostra quotidianità.
In tutto questo non bisogna perdere quella virtù che è la PAZIENZA.
La pazienza di tollerare l’attesa, la pazienza di tollerare i figli, il partner o semplicemente tutta la situazione che ne consegue.
Certo per le persone che neanche prima riuscivano ad averla perché caratterialmente non ne erano provvisti, beh diventa davvero dura.
Perdere la pazienza può portare ad eccessi di RABBIA incontrollabili che nuocciono prima di tutto a noi stessi, se non vogliamo farci ve**re una gastrite o peggio ancora un infarto, ma anche agli altri.
La pazienza come ho già detto, dipende molto dal nostro carattere, ma non è un privilegio per pochi e può anche essere sviluppata con un po’ di lavoro interiore.
Ma come si fa ad avere pazienza?
Direi che la prima cosa che dobbiamo sforzarci di fare e di cercare di essere gentile.
Si, la gentilezza può essere la strategia che ci fa placare gli animi e che ci fa andare “VERSO” e non “CONTRO” gli altri.
Sforziamoci di essere gentile e se non ci riusciamo perché sentiamo che sta arrivando un attacco di rabbia, allora isoliamoci e cerchiamo di calmarci da soli, magari scrivendo tutta la rabbia su un foglio di carta, mettendo tutta la furia nero su bianco e quando sentiamo che la furia è defluita allora senza rileggere quello che abbiamo scritto, altrimenti lo rimettiamo dentro di noi, strappiamo il foglio.
Questa è una strategia “le lettere della rabbia” che si usa in terapia strategica e vi assicuro che funziona anche con i più iracondi.
Alcuni miei pazienti alla fine come in un rituale di purificazione bruciano le lettere, ma basta anche solo strapparle, senza mai avere la tentazione di leggerle.
Quindi non disperiamoci, anche chi non si sente Giobbe può con molta pazienza imparare la pazienza.





«Non sentono ancora ciò che stanno provando, lo capiranno più avanti. Parte del personale sanitario ne uscirà ancora più...
13/03/2020

«Non sentono ancora ciò che stanno provando, lo capiranno più avanti. Parte del personale sanitario ne uscirà ancora più fortificato, ma quelli che non sono in grado di sopportare un carico emotivo così importante ne usciranno massacrati psicologicamente. Per la popolazione senso di angoscia e impotenza». L’intervista a Giorgio Nardone, psicologo e psicoterapeuta

«Non sentono ancora ciò che stanno provando, lo capiranno più avanti. Parte del personale sanitario ne uscirà ancora più fortificato, ma quelli che non sono in grado di sopportare un carico emotivo così importante ne usciranno massacrati psicologicamente. Per la popolazione senso di angoscia e...

Non c'è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare. (Seneca) ... In realtà i venti favorevoli, le occasioni...
12/03/2020

Non c'è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare. (Seneca) ... In realtà i venti favorevoli, le occasioni nella vita ci sono, ci sono sempre ma non per chi non sa ciò che vuole. Non c'è fortuna né felicità per chi non sa cosa desiderare né dove andare
Bisogna avere una rotta, degli obiettivi...
Nella nostra vita siamo in mare e non si approda a nessun porto senza prendere una direzione, senza avere una mappa da seguire. I venti fanno parte del destino, che ci potrà esser favorevole o nemico e farci arrivare da tutt'altra parte. Ma avremo navigato ci saremo mossi, avremo avuto il timone in mano e ci avremo provato. Nessun rimpianto, per chi sa dove andare.



11/03/2020

IL CORONAVIRUS E I DISTURBI DI PERSONALITA'

NARCISISTA: a me il coronavirus fa un baffo! Non è nè più nè meno che una banale influenza!

PSICOPATICO: Chi se ne fotte del coronavirus, stasera si va in centro! Tanto muoiono solo vecchi! Anzi, così lo Stato risparmia sulle pensioni!

OSSESSIVO-COMPULSIVO: detersione oraria delle mani, amuchina, salviette disinfettanti, distanza di sicurezza misurata col metro, mascherina (come tutti un po' del resto)

DEPRESSIVO: chissà come ci finirà!I reparti scoppiano! E' un castigo divino, ce lo meritiamo!

ANSIOSO: Corriamo di notte al supermercato a fare le scorte sennò non troviamo più niente!

PARANOIDE: E' tutto un complotto! Serve a far crollare l'economia e il sistema capitalistico!

EVITANTE: Per me non cambia niente, anzi, sono quasi contento! Detesto il contatto fisico e mi disturba tutta questa gente in giro per locali! Almeno non mi si può più dire che sono un asociale!

IPOCONDRIACO: Chiama i numeri di pubblica utilità per richiedere il tampone, perchè sente tutti i sintomi.

ISTRIONICO: Il virus a me è già sicuramente venuto perchè i sintomi li ho tutti (ma con meno ansia dell'ipocondriaco, anzi, ne ostenta compiaciuto la gamma di tutta la presunta sintomatologia)

BORDERLINE: E' giusto e nostro dovere sociale e da bravi cittadini restare tutti a casa in rigoroso ritiro (con tono altisonante e convinto), però, c***o, sto fatto che non posso più partire nemmeno per un weekend, che ci bloccano tutti a casa giusto giusto ora che iniziava la primavera non si può tollerare!

BIPOLARE : in fase down vedi depressivo-rassegnato (ormai sente che lo prenderà, non c'è scampo! ) e nella fase up proverà a disinvestire titoli e azioni per diventare socio azionista con Amuchina!

E voi, in quale vi riconoscete?

Silvia Alaimo

GHOSTINGCi sono persone che all’improvviso spariscono, che semplicemente senza nessuna avvisaglia si eclissano. Che sia ...
09/03/2020

GHOSTING
Ci sono persone che all’improvviso spariscono, che semplicemente senza nessuna avvisaglia si eclissano.
Che sia un’amicizia, una relazione agli inizi che aveva le premesse di andare avanti o una relazione avviata, ad un certo punto, “puff” spariscono. Stop a tutte le comunicazioni, ovviamente senza nessuna spiegazione, motivazione e chiarimento.
Ghost, fantasma!
Il GHOSTER non risponde al telefono, ti blocca su whatsapp, ti cancella da Facebook e su Instagram smette di seguirti.
Cosa è successo?
In psicologia il fenomeno è stato definito “GHOSTING” da ghost appunto, che in inglese significa fantasma.
Il ghosting è un comportamento che viene definito come una forma di distacco passiva-aggressiva, un vero e proprio abuso emotivo.
Alcuni ricercatori hanno dimostrato che le persone che hanno uno stile di attaccamento insicuro, evitante, tendono a vivere le emozioni e i sentimenti in modo contrastante e questo potrebbe renderli più propensi a scomparire dalla relazione senza lasciare più traccia di sé.
È molto probabile che chi sparisce metta in scena inconsapevolmente un comportamento evitante che lui stesso ha subito in passato, cioè nelle primissime relazioni nella famiglia d’origine.
Può aver avuto dei genitori che si sottraevano continuamente alle sue richieste infantili di spiegazioni, che elargivano promesse mai mantenute, che lo lasciavano solo senza un perché.
Tutte queste ferite possono poi da adulti tradursi in una vendetta, operata però sugli altri. Quasi mai il ghoster è arrabbiato concretamente con la persona che decide di cancellare in quel momento.
Ma la sua è una rabbia che proviene da un passato lontano, e così sposta sulla malcapitata problemi irrisolti, in un meccanismo di proiezione.
Ecco che l’altro diventa il capro espiatorio di una rabbia mai elaborata.

Inoltre, anche alcuni disturbi di personalità possono essere correlati al ghosting.
Si parla tanto di ghosting e di narcisismo proprio perché chi ha un disturbo narcisistico di personalità non solo è incapace di stabilire legami di sana reciprocità, ma in più non dispone dell’empatia necessaria per porre fine alla storia nel pieno rispetto del partner.

Il ghosting fa male. È un vero e proprio abuso psicologico. Chi è vittima di ghosting subisce una ferita alla propria autostima.
Bisogna sforzarsi di guardare la relazione con distanza per rendersi conto che ci sono persone incoerenti rispetto alle premesse iniziali e cercare di capire che il fuggitivo non sa AMARE, nel senso di ascoltare e rispettare i bisogni dell’altro.
Il ghosting è una strategia insana e indiretta una modalità comportamentale IMMATURA e aggressiva in quanto implica una scelta UNILATERALE e il rifiuto di comunicare con l’altro.
Chi sparisce non “blocca” solo gli altri, ma mette in pausa anche la propria crescita e il proprio vivere, rinchiudendosi nella mera ripetizione di modalità relazionali disfunzionali.
Concludo con una riflessione citando Wayne W. Dyer
“Come gli altri mi trattano è il loro percorso. Come io reagisco è il mio.”




Indirizzo

Viale Carlo Felice, 101
Rome
00185

Orario di apertura

Martedì 11:00 - 20:00
Venerdì 11:00 - 20:00
Sabato 10:00 - 15:00

Telefono

+393395629112

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