Dott.ssa Veronica Rossi

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Sono la Dott.ssa Veronica Rossi una psicologa e Sessuologa

Specializzata in:
-Psicologia dell'Alimentazione e della Nutrizione,
-Psicologia sportiva,
-Tecniche psico-fisiche di gestione dello stress e dell'ansia
-Psicologia di Coppia

A volte non siamo attratti da una persona, ma dal contesto in cui la incontriamo.Un mix di dopamina, attivazione del sis...
21/11/2025

A volte non siamo attratti da una persona, ma dal contesto in cui la incontriamo.
Un mix di dopamina, attivazione del sistema di attaccamento e stato interno del momento.

La novità amplifica la percezione.
La scarsità attiva il desiderio.
La vulnerabilità emotiva può farci scambiare un bisogno per un legame.

In pratica: il “colpo di fulmine” a volte è l’effetto combinato di chimica del cervello, immaginazione e condizioni emotive… non una reale compatibilità relazionale.

Non è un errore: è un meccanismo umano, prevedibile e spiegabile.

La domanda professionale — ma anche esistenziale — è questa:
questa attrazione resisterebbe fuori da questo contesto?
Mi piace davvero l’altro… o la risposta emotiva che quel momento mi attiva?

Distinguere l’attivazione dalla connessione è ciò che rende una relazione più libera, più consapevole e soprattutto più autentica.

18/11/2025

Le relazioni fanno paura non perché siamo deboli… ma perché sono imprevedibili.
Puoi dare tutto e non essere ricambiato.
Puoi fidarti e ritrovarti deluso.
Puoi costruire… e vedere qualcosa cambiare senza preavviso.

L’incertezza non è un difetto: è la natura del legame umano.
Ogni relazione è un territorio senza mappa, dove l’unica sicurezza non è controllare l’altro, ma restare presenti a te stessə.

È questo che spaventa: non possiamo prevedere l’altro.
Ma possiamo imparare a reggere l’imprevedibilità senza perderci.
E lì, paradossalmente, nasce la parte più vera dell’amore: quella che scegli anche sapendo che non puoi possederla.

Amare non significa fondersi, né fare tutto da soli.Significa camminare accanto, senza annullarsi, e sapere che si può r...
14/11/2025

Amare non significa fondersi, né fare tutto da soli.
Significa camminare accanto, senza annullarsi, e sapere che si può restare senza perdersi.

L’interdipendenza è questo: poter dire “noi” senza smettere di dire “io”.
Non paura di restare soli, ma libertà di scegliere ogni giorno la presenza dell’altro.

Un po’ come un uccellino che si posa su un ramo:
non sta tranquillo perché si fida del ramo,
ma perché sa che, se dovesse spezzarsi, può contare sulle proprie ali.

Ecco la vera sicurezza: non nel controllo, ma nella fiducia — in sé e nell’altro.

A volte guardiamo così da vicino una situazione da perderne il senso.Analizziamo, scomponiamo, cerchiamo logiche e spieg...
11/11/2025

A volte guardiamo così da vicino una situazione da perderne il senso.
Analizziamo, scomponiamo, cerchiamo logiche e spiegazioni… finché l’immagine si fa sfocata.
Succede quando cerchiamo di capire più che di sentire.
La mente si attiva, il corpo si tende, e nel tentativo di controllare finiamo per allontanarci da ciò che realmente viviamo.

Prendere un po’ di distanza, invece, non significa disinteressarsi.
Significa permettere all’immagine di mettere a fuoco, lasciare che le emozioni tornino leggibili, che il senso emerga da sé — non dalla nostra analisi, ma dalle nostre sensazioni.

A volte, per vedere davvero, bisogna smettere di guardare troppo da vicino.

09/11/2025

E se Cappuccetto non fosse solo innocenza e il Lupo non fosse solo cattiveria? Le fiabe ci danno il bianco e nero, la realtà vive nelle sfumature: contesti, ferite, dinamiche relazionali.
Sposta la telecamera, riavvolgi il nastro: cambiano ruoli e responsabilità. Capire non vuol dire giustificare—vuol dire vedere meglio.
Prova l’esercizio: racconta la scena dal punto di vista del Lupo… e poi della Nonna. Cosa cambia?

Quante volte proviamo a sfogarci e l’altro ci risponde con un “anch’io una volta…” o “dovresti fare così”?Succede quasi ...
06/11/2025

Quante volte proviamo a sfogarci e l’altro ci risponde con un “anch’io una volta…” o “dovresti fare così”?
Succede quasi sempre.
Non perché le persone siano egoiste, ma perché è difficile restare di fronte alla vulnerabilità altrui.
Ascoltare senza riempire, senza spiegare, senza salvare — è una forma di intimità rara. A volte non serve capire. Serve esserci.

Il consiglio rassicura chi lo dà, non chi lo riceve.
Perché dare consigli fa sentire utili, ci protegge dal senso di impotenza.
Ma chi soffre non cerca istruzioni: cerca uno spazio dove il proprio dolore non debba essere corretto o minimizzato.
Ascoltare significa sospendere il giudizio, l’urgenza, l’ego.
È un gesto invisibile, ma è lì che nasce la fiducia.

La chat è un ambiente asincrono e “a bassa definizione”: pochi indizi, molto spazio alle interpretazioni. In quel vuoto ...
04/11/2025

La chat è un ambiente asincrono e “a bassa definizione”: pochi indizi, molto spazio alle interpretazioni. In quel vuoto entrano le nostre lenti di attaccamento (Bowlby/Ainsworth): non etichette rigide, ma modi abituali di leggere ritardi, emoji e silenzi.

Quando prevale una posizione più ansiosa, l’attesa viene trattata come minaccia. Minimi segnali diventano significati grandi: un “👍” dopo un messaggio lungo suona come presa di distanza, il “sta scrivendo…” che scompare sembra un ripensamento. Il corpo si mette in allerta e la mente cerca conferme per ristabilire prossimità e prevedibilità.

Con una postura più evitante, la continuità passa dalla distanza regolativa. La chat molto densa può risultare invadente: arrivano risposte essenziali, tempi più ampi, a volte un cambio di tema quando l’emozione sale. Il silenzio qui non è punizione: è un modo di gestire l’attivazione, anche se dall’altra parte può essere letto come disinteresse.

Lo stile più sicuro rende il legame leggibile senza correre: i silenzi hanno contesto (“Rientro tardi, ti leggo stasera”), ciò che si promette si fa, e quando c’è uno strappo arriva una riparazione chiara. Le emoji non mascherano: fanno da intonazione. La coerenza diventa bussola.

La chat non crea lo stile: lo rivela. Lo stesso dato produce storie diverse perché attingiamo ai nostri copioni relazionali e alla tolleranza dell’incertezza. Non è una diagnosi via WhatsApp: contano i pattern ripetuti sotto stress e la coerenza con ciò che accade fuori dallo schermo.
Domanda guida: nei vuoti della chat, sto leggendo dati o sto rileggendo la mia storia?

01/11/2025

Non litighiamo per vincere: litighiamo per restare nel mondo dell’altro.
‘Avere ragione’ non è un trofeo logico: è una chiamata di riconoscimento.
Dimmi che la mia storia ha cittadinanza nel tuo sguardo.
Per questo il torto brucia: non smentisce un fatto, mette in dubbio una memoria condivisa.
Se non mi riconosci, dove abitiamo noi?

Non è un tutorial: è un fermo-immagine su ciò che accade tra due persone quando la ragione diventa appartenenza.
Ti è successo?

Quando l’ansia sale, la mente prova a regolare il sistema emotivo “dall’alto”: analizza, collega, anticipa. È utile finc...
29/10/2025

Quando l’ansia sale, la mente prova a regolare il sistema emotivo “dall’alto”: analizza, collega, anticipa. È utile finché non scivola nell’evitamento esperienziale: pensare di più per sentire di meno. Nel breve dà sollievo (l’arousal cala un po’), nel lungo mantiene la ruminazione accesa e rimanda la “digestione” emotiva.

Il pensiero tiene a distanza l’emozione — sollievo immediato, problema invariato. Se c’è intolleranza dell’incertezza, l’analisi viene scambiata per sicurezza: la testa corre, ma il corpo resta in allerta. Con iper-mentalizzazione si resta inchiodati ai “perché” e si perde contatto con i segnali somatici che danno senso all’esperienza: l’integrazione tra sentire e significato si inceppa.

Te ne accorgi così: generi dieci ipotesi e prendi zero decisioni; riapri chat e Google “per chiarire” e ti ritrovi più agitato di prima; il corpo è contratto, il sonno leggero, e i pensieri girano in loop. Non è “fare i capricci”: è un sistema nervoso che sta cercando di proteggerti… male.

La via d’uscita non è smettere di pensare, ma spostare la sequenza: prima sentire abbastanza, poi capire, quindi scegliere. La chiarezza arriva quando l’emozione ha avuto posto a tavola, non quando la lasci fuori dalla porta.

Se ti risuona, salvalo per quando la testa parte in quinta. E dimmi: dove ti blocchi più spesso — sul sentire, sul capire o sul scegliere?

25/10/2025

Essere psicologə liberə professionistə è tutto bello e bellissimo. ‘A non privo di difficoltà. Significa gestire con autonomia la propria attività, ma anche spesso dover affrontare responsabilità, burocrazia e formazione continua.

PLP – Psicologi Liberi Professionisti è il sindacato nazionale che tutela e rappresenta chi esercita la professione in modo indipendente ed è di grande aiuto per questo.

Entrando in PLP si può accedere a una rete che offre tutela, strumenti concreti e opportunità di crescita.

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La gelosia, nell’era digitale, ha cambiato linguaggio.Non si manifesta più soltanto attraverso sguardi o silenzi, ma att...
24/10/2025

La gelosia, nell’era digitale, ha cambiato linguaggio.
Non si manifesta più soltanto attraverso sguardi o silenzi, ma attraverso like, chat, notifiche, accessi.
Il mondo online amplifica le aree più vulnerabili dell’attaccamento: la paura di perdere, la sensazione di esclusione, il bisogno di conferme costanti.

Oggi, la gelosia si intreccia con la visibilità permanente: tutto può essere osservato, interpretato, frainteso.
E il cervello, quando non ha risposte chiare, le costruisce da sé — spesso alimentando scenari di minaccia o tradimento simbolico.

Ma la soluzione non è il controllo.
È la negoziazione consapevole dei confini: decidere insieme cosa significa rispetto, privacy, intimità.
Perché la fiducia non nasce dal sapere tutto, ma dal poter comunicare anche ciò che spaventa.
Dove si può parlare, non serve controllare.

💬 Ti è mai capitato di interrogarti su cosa sia “troppo” o “accettabile” nel digitale di coppia?

21/10/2025

Alcuni tratti che consideriamo tendenzialmente come “difetti” in realtà sono caratteristiche.
Sensibilità, lentezza, permalosità, goffaggine, indipendenza, passione…
Non sono limiti, ma modi diversi di funzionare.
In psicologia nulla è bianco o nero: tutto dipende da contesto, dose e funzione.

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