
23/09/2025
Molti cittadini oggi mostrano una crescente difficoltà ad applicare il principio di realtà e a esercitare un sano spirito critico nei confronti delle informazioni e delle narrazioni politiche.
Questa vulnerabilità li rende particolarmente esposti alla manipolazione e alla propaganda da parte dei governi o di gruppi di potere.
Psicologicamente, il principio di realtà rappresenta la capacità di rinunciare a gratificazioni immediate per accogliere le tensioni, le frustrazioni e i limiti imposti dalla realtà esterna, sviluppando così una visione consapevole, matura e critica del mondo.
Tuttavia, questo processo non è spontaneo per tutti.
Spesso predomina la ricerca di rassicurazioni e semplificazioni, elementi che la propaganda sa sfruttare efficacemente, facendo leva su emozioni ancestrali come paura, insicurezza e il bisogno di appartenenza collettiva.
Quando ci si sente minacciati o disorientati, la mente tende a cercare risposte facili e narrativi netti, riducendo lo spazio per una riflessione profonda.
Qui entrano in gioco distorsioni cognitive come bias percettivi e polarizzazione sociale, che limitano la capacità di analisi e di giudizio oggettivo.
Questa fragilità emotiva e cognitiva affonda radici profonde nelle prime esperienze infantili.
Le prime figure di riferimento rappresentano la "palestra" in cui il bambino impara a modulare emozioni, a integrare la realtà esterna con quella interna, e a sviluppare autoconsapevolezza e autonomia emotiva.
Se queste funzioni sono carenti o immaturi, il bambino cresce con una visione distorta di sé e del mondo, e fatica a interpretare in modo critico le informazioni ricevute.
Un aspetto cruciale e spesso trascurato è il ruolo della manipolazione psicologica all’interno delle dinamiche familiari.
La manipolazione familiare si manifesta attraverso ricatti emotivi, senso di colpa imposto, negazione dei bisogni e dei sentimenti, controllo affettivo e narrazioni distorte che rendono instabile e soggettiva la percezione della verità.
In questi contesti, il bambino apprende inconsapevolmente a "dubitare" della propria esperienza e del proprio giudizio, condizione che rischia di accompagnarlo nell’età adulta.
Da adulti, chi è cresciuto in ambienti manipolativi è più incline a riprodurre schemi simili.
Si lascia intrappolare da dinamiche emotive che richiamano quelle familiari, anche nelle narrazioni manipolative e propagandistiche politiche.
Qui interviene una tecnica sofisticata come il , una forma di manipolazione psicologica che distorce la percezione collettiva, nega fatti reali e mina la fiducia nelle capacità di giudizio individuali.
La saturazione informativa, insieme all’amplificazione di paure ed emozioni forti, e ai messaggi semplicistici e polarizzanti, agiscono come elementi che spengono il pensiero critico.
Questo spinge molti cittadini ad assumere atteggiamenti emotivi e conformisti, spesso senza consapevolezza, perpetuando un clima sociale fragile e facilmente manipolabile.
A questo si aggiunge la *paura del diverso*, una componente centrale della psicologia sociale che spiega molte dinamiche di esclusione, pregiudizio e intolleranza.
La paura di ciò che è "altro" o straniero genera spesso reazioni di chiusura, diffidenza e rancore, sentimenti che vengono abilmente cavalcati dalla propaganda politica per creare capri espiatori e alimentare divisioni.
L’uomo nelle f***e, racconta Gustave Le Bon nel suo celebre libro *Psicologia delle f***e*, tende a perdere il senso critico e a lasciarsi trascinare da emozioni collettive forti: l’individualità si annulla nel gruppo e il giudizio razionale viene sovrastato dall’impulso emotivo e dall’identificazione con l’ideologia dominante.
È proprio questo meccanismo che spiega perché una parte della popolazione sia portata a sostenere messaggi e figure politiche che invece di promuovere umanità e solidarietà diffondono paure, esclusione e odio.
Chi si lascia persuadere da queste narrazioni è spesso una persona che ha difficoltà profonde a riconoscere e metabolizzare la complessità della realtà, magari a causa di ferite emotive mai risolte o di mancanza di strumenti culturali e riflessivi.
Inoltre, quando certi valori umanitari vengono messi in secondo piano o negati, come nel caso di chi non riesce a schierarsi con le vittime di genocidi o oppressioni, si manifesta una perdita del senso di umanità che nasce proprio dal venir meno di quel principio di realtà e della capacità critica.
Diventa dunque urgente un'educazione sistematica, sin dall'infanzia, che promuova consapevolezza emotiva, autocritica e apertura al diverso.
Solo così si potranno formare cittadini resilienti alle manipolazioni, in grado di costruire una società più giusta, libera e umana.
Demetra Cerere
Studio di Counseling integrato, Mindfulness, Educazione Alimentare, Roma