19/01/2024
L'Endomarch è stata la prima manifestazione in Italia a portare in piazza pazienti e familiari con lo scopo di dare visibilità all'endometriosi.
Alina Migliori, fondatrice dell'Endomarch Team Italy, ci racconta com'è nata.
Alina, qual è la prima marcia che hai organizzato?
È stata la prima in Italia in assoluto: era il 13 marzo 2014, di giovedì!
Quando vidi che Worldwide Endomarch, un'organizzazione di pazienti nata negli Stati Uniti allo scopo di fare luce sull'endometriosi, stava organizzando una marcia pacifica per rendere visibile la malattia, scrissi subito loro per propormi di occuparmi della marcia in Italia. Decisi di mantenere la data stabilita dagli organizzatori americani: essendo una giornata infrasettimanale e il primo evento nazionale sull'endometriosi, il suo successo o meno era un'incognita. Avevo paura e provavo un forte senso di responsabilità.
Quali sono le motivazioni che ti hanno spinta a organizzarla?
Un anno prima avevo fondato un gruppo Facebook, in cui, fra le varie proposte, era emersa la volontà di far conoscere l'endometriosi, oltre alla necessità di richiedere maggiori tutele. E così, insieme ad altrə pazienti, capii che l'unico modo per farci ascoltare era scendere in piazza con una marcia pacifica nella capitale. Fino al 2017, infatti, l'endometriosi non era inserita nei LEA e per lo Stato, la malattia e chi ne soffriva era invisibile. C'era l'urgenza di dare visibilità alla patologia, in quanto malattia sociale, e a tutte le persone che ne soffrivano.
Che emozioni hai provato e com'è andata?
È andata molto bene e le emozioni sono state tante!
In primis, ci ho messo grinta e forza di volontà nell'organizzazione insieme ad altre ragazze. Poi, il giorno stesso della marcia, la tensione, l'adrenalina, la fatica iniziavano a farsi sentire, oltre alla paura che andasse tutto bene e che io stessa potessi reggere fisicamente la giornata. Ma l'emozione più forte fu la gioia di vedere dal vivo persone che avevamo supportato nel gruppo nelle loro difficoltà, armate di un grande sorriso. Persone che sapevano di fare qualcosa di importante per la malattia e che stavano mettendo la loro sofferenza al servizio di qualcosa di più grande.