Da sempre l'albero è collegato alla vita e alla conoscenza. L'albero rappresenta l'uomo che affonda le sue radici nella terra, ma si espande nel cielo. In più ci nutre, donandoci ossigeno, quindi anche energia vitale, il prana degli hinduisti che significa proprio respiro. Una bella associazione tra energia e ossigeno. L'albero rappresenta anche le nostre radici, si pensi all'albero genealogico; questo a sottolineare che prima di sapere dove si va è fondamentale sapere chi si è. E questo è possibile soltanto sapendo da dove si viene. È importante quindi avere delle radici stabili e profonde per poter crescere. Altro simbolo dell'albero è l'albero cosmico; per diverse culture l'albero è al centro della mitologia, come un perno su cui poggia l'universo per la sua caratteristica di estendersi verso il basso e verso l'alto, quasi a mettere in comunicazione le diverse dimensioni. Un caso a noi molto familiare è rappresentato dall'albero della conoscenza che nella Bibbia si dice fosse posto al centro del giardino dell'Eden, quindi in un posto di rilievo. Un esempio più complesso è costituito da Yggdrasil, l'albero cosmico (frassino) che nella mitologia germanica regge tutti e nove i mondi dell'universo. Yggdrasil ha tre radici che terminano in tre regioni metafisiche diverse (tre modi di essere): terra cielo e inferi. Non solo, il simbolo dell'albero è diffuso in molte culture sciamaniche, come porta di accesso per diverse dimensioni, i livelli dell'essere. Lo stesso Jung lo ha usato come simbolo del Sé, di unione degli opposti e come mezzo di accesso alla dimensione dell'inconscio collettivo. Chirone invece è un centauro, una creatura mitologica metà uomo e metà cavallo, e secondo il mito, fu colui che insegnò l'arte medica ad Asclepio, il dio della medicina. Nacque da Filira, figlia di Oceano, e il titano Crono che per sedurla prese le sembianze di un cavallo. Poco dopo il parto Chirone le venne portato via perché era un semidio e Filira, inorridita alla vista di questo bambino metà uomo e metà cavallo, pregò gli dei affinché la trasformassero in qualche altra cosa. Divenne così un tiglio – phylira – (casualmente un albero!). Fu istitutore anche di Achille ed Eracle, che erroneamente gli diede la morte. Durante una battaglia contro i centauri, infatti, Eracle lo colpì per sbaglio con una freccia intrisa del veleno dell'Idra di Lerna; nonostante i medicamenti che Eracle applicava alla ferita, la ferita non si rimarginava ed essendo immortale, il centauro era condannato a una sofferenza eterna. Così Chirone ottenne la morte, scambiando la sua immortalità con la mortalità di Prometeo, con l'approvazione di Zeus, il quale essendogli molto legato, per tenerlo con sé in cielo, lo trasformò in una costellazione, quella del Centauro. Chirone è dunque l'archetipo del guaritore ferito: ogni terapeuta sa che verrà in contatto con la sofferenza delle persone e che, per quante difese potrà usare, sarà ferito. Ma questo può essere per lui motivo di crescita personale, un momento per mettersi in discussione; “una perenne disponibilità al conflitto, quindi, per poterne creare nuove sintesi”, citando le parole di M. Traversa. Il guaritore è quello che ha riconosciuto le sue ferite, le ha accettate e infine abbandonate. E mette questa sua dote a disposizione degli altri. Frank Ostaseki dice:
“Non abbiate paura delle vostre ferite, dei vostri limiti, della vostra impotenza. Perché è con quel bagaglio che siete al servizio dei malati e non con le vostre presunte forze e con il vostro presunto sapere”. E ancora Osho: “La guarigione accade attraverso di lui (il guaritore), lui deve solo annullarsi. Essere un guaritore significa proprio non essere. Meno ci sei tu, meglio la guarigione può accadere.[...] La funzione del guaritore è di riconnettere....”
Chirone, un asteroide, è inoltre utilizzato nell'astrologia evoluzionistica e karmica, per le quali simboleggia il Maestro Interiore, che fa buon uso dell'esperienza passata per superare i propri limiti e condizionamenti. Fornisce inoltre indicazioni sulle nostre ferite più profonde, legate all'infanzia, se non a vite precedenti. Rappresenta l'inevitabile sofferenza a cui tutti noi siamo esposti come esseri umani ed è solo attraverso l'elaborazione di queste ferite, che possiamo evolvere. Per citare un film molto bello di Roberto Faenza “Un giorno questo dolore ti sarà utile”. Non a caso il suo simbolo astrologico ricorda una chiave, può dunque rappresentare la via di accesso a dei contenuti profondi molto significativi. Per concludere:
“Il compito del terapeuta, contrariamente al diffuso malinteso, non è affatto quello di “trovare” cos'è che non va nel paziente per poterglielo “dire”. Altri glielo avevano già “detto” per tutta la vita, e nella misura in cui egli stesso ha accettato le parole altrui, anche lui “se lo diceva”. [...] Il lavoro del terapeuta non consiste nemmeno nell'imparare delle cose riguardo al paziente per poi insegnargliele, bensì insegnare al paziente come imparare ciò che concerne se stesso. Questo significa che il paziente deve diventare direttamente consapevole di come realmente funzioni in quanto organismo vivente; e questo avviene sulla base di esperienze concrete e non verbali”. Perls – Hefferline – Goodman, La Terapia della Gestalt.