21/01/2025
Omeopatia? NO !
LIAISONS DANGEREUSES: OMEOPATIA E CANCRO
Si parla molto, specialmente in regioni come la Toscana, dei benefici che l'omeopatia comporterebbe per i malati oncologici.
Ma quale supporto oggettivo possiamo trovare a certe affermazioni, al di là degli aneddoti e dell'effetto placebo (che si riscontra tanto nei pazienti che nei medici)?
Gli studi che sembrano suggerire benefici dell'omeopatia in oncologia sono caratterizzati da gravi carenze metodologiche e da numerosi bias che ne compromettono la validità scientifica.
Un esempio emblematico di tali limiti è rappresentato dallo studio di Frass et al., che ha suggerito che l'aggiunta dell'omeopatia alle cure convenzionali nei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule possa migliorare la qualità della vita e prolungare la sopravvivenza. Tuttavia, questo studio è stato fortemente criticato per la mancanza di trasparenza nei criteri di selezione dei pazienti, per l'assenza di un adeguato gruppo di controllo e per possibili bias di immortal time, che possono gonfiare artificialmente i dati di sopravvivenza (Frass et al., 2020).
Un altro studio di Gaertner et al. ha affermato che l'omeopatia potrebbe prolungare la sopravvivenza dei pazienti oncologici. Tuttavia, un'analisi critica ha rivelato che i risultati erano distorti da un significativo immortal time bias, cioè un periodo durante il quale i pazienti inclusi nello studio non potevano morire perché non avevano ancora iniziato il trattamento omeopatico. Questo ha falsato i dati di sopravvivenza, rendendo i risultati inattendibili (Aust, 2016).
Anche la revisione sistematica di Milazzo et al. ha analizzato vari studi sull'uso dell'omeopatia in oncologia, concludendo che non esiste alcuna prova clinica solida che supporti l'efficacia dell'omeopatia come trattamento aggiuntivo nel cancro. La maggior parte degli studi inclusi presentava gravi carenze metodologiche, come campioni di dimensioni ridotte, mancanza di randomizzazione e controlli inadeguati, rendendo i risultati altamente inaffidabili (Milazzo et al., 2006).
Inoltre, la revisione di Shukla et al. sulle applicazioni dell'omeopatia per mitigare gli effetti collaterali di radioterapia e chemioterapia ha mostrato risultati inconsistenti e basati su studi di scarsa qualità. La revisione ha sottolineato che le prove disponibili sono compromesse da metodologie deboli, eterogeneità nei protocolli di studio e dimensioni dei campioni inadeguate (Shukla et al., 2019).
Infine, la revisione di Frenkel ha ulteriormente ribadito che, nonostante l'ampio uso dell'omeopatia tra i pazienti oncologici, le prove scientifiche a supporto della sua efficacia sono limitate e di qualità estremamente bassa. Gli studi citati non sono riusciti a dimostrare benefici chiari e riproducibili, e sono spesso affetti da bias di selezione e da mancanza di controlli adeguati (Frenkel, 2015).
Tuttavia, la situazione è se possibile peggiore di quanto sin qui discusso.
Infatti, non solo mancano le prove che l'omeopatia, da sola o in associazione a terapie primarie efficaci, sia utile in oncologia (vi sono invece prove contrarie, come detto): in realtà, l'omeopatia genera nei pazienti oncologici aspettative e illusioni mortali (questo intendo quando parlo delle tossine cognitive conculcate con i rimedi omeopatici).
Diversi studi scientifici hanno infatti evidenziato che l'uso dell'omeopatia tra i pazienti oncologici è strettamente associato al rifiuto o al ritardo delle terapie convenzionali, contribuendo così a una prognosi significativamente peggiore. Questo legame è spesso alimentato da bias cognitivi che rafforzano la sfiducia nei confronti della medicina basata sull’evidenza, rendendo l'omeopatia un approccio pericoloso per la gestione del cancro.
Uno studio condotto da Chang et al. ha analizzato pazienti affetti da tumore al seno che hanno rifiutato trattamenti convenzionali in favore di terapie alternative, tra cui l'omeopatia. I risultati hanno mostrato che 10 pazienti su 11 che hanno rifiutato l'intervento chirurgico hanno subito una progressione della malattia, con un aumento della mortalità a 10 anni dal 17% al 25% tra coloro che hanno evitato la chemioterapia (Chang, 2006). Un ulteriore studio di McNeil et al. ha osservato che l'uso di terapie alternative, inclusa l'omeopatia, ha causato ritardi di 6-24 mesi nell'inizio delle terapie per il tumore al seno, portando a presentazioni cliniche avanzate e a prognosi peggiori (McNeil, 2004).
Malik e Gopalan hanno condotto uno studio su pazienti oncologici in Pakistan, evidenziando che l'adozione di terapie alternative, prevalentemente omeopatiche (70%), è stata associata a ritardi significativi nell'accesso alle cure mediche, con un conseguente peggioramento dello stadio della malattia e un aumento del coinvolgimento linfonodale (Malik, 2002). Questi ritardi e rifiuti di trattamento, spesso motivati dalla convinzione nell'efficacia delle cure omeopatiche, hanno portato a una progressione più rapida del tumore e a una prognosi sfavorevole.
Un'ulteriore prova è fornita dallo studio di Chahal et al. su pazienti con linfoma di Hodgkin, dove il 73% dei pazienti che hanno inizialmente rifiutato le cure convenzionali ha scelto terapie alternative, inclusa l'omeopatia. Questo rifiuto ha portato a un peggioramento dello stadio della malattia e a un aumento della mortalità (Chahal, 2004). Similmente, Johnson et al. hanno dimostrato che l'uso di medicine complementari, tra cui l'omeopatia, è correlato a un tasso più elevato di rifiuto di interventi chirurgici, chemioterapia e radioterapia, con un conseguente aumento del rischio di morte (Johnson, 2018).
Queste evidenze scientifiche sottolineano come la convinzione nei confronti dell'omeopatia possa rafforzare bias cognitivi contro la medicina basata sull’evidenza, inducendo i pazienti a rifiutare o ritardare trattamenti oncologici efficaci, con un impatto negativo sulla loro prognosi.
Una pseudoscienza non solo inutile per l'oncologia, dunque, ma anche pericolosa, perchè significativamente associata al rifiuto della medicina efficace, come anche da noi dimostra il caso di Marina, la paziente di 53 anni morta dopo un calvario perchè Germana Durando e Maria Gloria Alcover Lillo le fecero assumere omeopatia e altra fuffa per curare un melanoma trattabile.
FONTI CITATE:
N. Aust, “Prolonged lifetime by adjunct homeopathy in cancer patients—A case of immortal time bias,” Complementary Therapies in Medicine, 2016.
M. Chahal, A. Jiang, A. Hayden et al., “Outcomes after initial refusal of curative treatment in patients with Hodgkin’s lymphoma in British Columbia,” Journal of Clinical Oncology, 2021.
E. Chang, M. Glissmeyer, S. Tonnes, T. Hudson, N. Johnson, “Outcomes of breast cancer in patients who use alternative therapies as primary treatment,” American Journal of Surgery, vol. 192, no. 4, pp. 471–473, 2006.
M. Frass et al., “Homeopathic Treatment as an Add‐On Therapy May Improve Quality of Life and Prolong Survival in Patients with Non‐Small Cell Lung Cancer,” The Oncologist, 2020.
M. Frenkel, “Is There a Role for Homeopathy in Cancer Care? Questions and Challenges,” Current Oncology Reports, 2015.
S. B. Johnson, H. S. Park, C. P. Gross, J. B. Yu, “Complementary Medicine, Refusal of Conventional Cancer Therapy, and Survival Among Patients With Curable Cancers,” JAMA Oncology, vol. 4, no. 10, pp. 1375–1381, 2018.
I. Malik, S. Gopalan, “Use of CAM results in delay in seeking medical advice for breast cancer,” European Journal of Epidemiology, vol. 18, pp. 817–822, 2002.
C. McNeil, F. Collinson, K. Smith, R. Dunleavey, J. Boyages, R. Kefford, “Delay in conventional breast cancer treatment associated with alternative therapy usage,” Journal of Clinical Oncology, vol. 22, 2004.
S. Milazzo, N. Russell, E. Ernst, “Efficacy of homeopathic therapy in cancer treatment,” European Journal of Cancer, vol. 42, no. 3, pp. 282–289, 2006.
P. Shukla, C. Nayak, M. Baig, P. Misra, “A Systematic Review of Controlled Trials of Homeopathy in Adverse Effects of Radiotherapy and Chemotherapy in Cancer,” Homoeopathic Links, 2019.