
16/09/2025
Si racconta che un tempo, quando qualcuno moriva, bisognava avvisare le api.
Non era un gesto di superstizione, ma un atto di rispetto. Perché, dicevano, se le api non venivano informate, potevano smettere di produrre miele, abbandonare la loro casa… o addirittura morire di dolore.
Nelle campagne d’Europa e d’America del XVIII e XIX secolo, gli apicoltori non vedevano le api come semplici insetti. Erano considerate parte della famiglia, creature misteriose capaci di intrecciare il visibile e l’invisibile, messaggere tra la terra e l’aldilà. Quando accadeva un evento importante — una morte, una nascita, un matrimonio — la padrona di casa si avvicinava al bugno, bussava piano con le dita e sussurrava la notizia. A volte copriva la cassa con un velo nero, segno di lutto, come se anche le api dovessero partecipare al dolore della famiglia.
La leggenda nasceva da un’idea antica: che le api provassero emozioni, che conoscessero la gioia e la perdita, e che fossero legate intimamente alla vita degli uomini. Forse, le sue radici affondano nei miti celtici, dove le api erano considerate messaggere delle anime, in grado di attraversare il confine sottile tra i vivi e i morti. Non era raro che, dopo un funerale, vedere un’ape volteggiare fosse interpretato come l’anima stessa che prendeva il volo.
Ma le api non erano solo chiamate a condividere il dolore. Talvolta venivano invitate anche alla festa: un pezzo di torta nuziale, qualche goccia di vino, un brindisi condiviso con le piccole custodi dell’alveare. Perché onorarle significava chiedere la loro benedizione: miele abbondante, prosperità, armonia.
Oggi, in un mondo rumoroso e distante dalla natura, questa tradizione sopravvive come un sussurro antico, un promemoria che arriva da lontano: i nostri antenati non si limitavano a coltivare la terra, ma parlavano con essa. Credevano che ogni creatura custodisse un segreto, e che nelle api si nascondesse il mistero stesso della vita, della morte… e di quel fragile spazio danzante che vive tra le due.
Piccole Storie.