Dott.ssa Elena Bonavoglia - Psicologa Psicoterapeuta

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Dott.ssa Elena Bonavoglia - Psicologa Psicoterapeuta Coltivare gentilezza è un atto di coraggio.

Aiuto chi vive con ansia, stress e stanchezza a prendersi cura di sé in modo gentile e consapevole, per costruire un rapporto più sano e sereno con se stessi e con gli altri.

👉 La tua ansia, la tua rabbia, la tua paura, la tua tristezza, ti servono per sopravvivere. Non sono disturbi, non sei d...
12/09/2025

👉 La tua ansia, la tua rabbia, la tua paura, la tua tristezza, ti servono per sopravvivere. Non sono disturbi, non sei disfunzionale: sei in allerta.
Non hai qualcosa che non va, anzi: hai un sistema che funziona TROPPO bene.

🐯Sai cosa fa un animale quando si sente in pericolo? Scappa. Attacca. Si immobilizza. Il suo corpo prende il controllo. Non si chiede "perché mi sento così?", non si colpevolizza. Semplicemente, si protegge.

🧠E noi non siamo tanto diversi. O meglio, il nostro cervello non lo è. Evoluto, sì, complesso. Ma con gli stessi meccanismi di base che abbiamo da migliaia di anni. La stessa centrale d’allarme. Lo stesso bisogno: sopravvivere. Sopravvivere. Non essere felici, non stare bene. Sopravvivere, è questo che vuole il cervello per noi.

⚠️Il nostro cervello non funziona bene quando si sente in pericolo, quando sente minacciata la sopravvivenza, ma oggi per noi il pericolo non ha più la forma di un predatore.

Ha la forma di una madre che non ti guarda mai negli occhi. Di un partner che ti svaluta. Di un capo che ti umilia. Di un mondo che ti fa sentire invisibile.

🔛E allora il sistema si attiva. Si prepara a difenderti: con l’ansia, con il controllo, con la fame nervosa, con l’apatia.
🚨Ogni sintomo è un segnale: “non mi sento al sicuro”. Quando l’allarme scatta, il corpo reagisce: Panico. Rabbia. Irritabilità. Dissociazione. Fatica a dormire, a concentrarsi, a respirare.
Non sono problemi da correggere. Sono strategie che servono a tenerti viva. Strategie che da qualche parte, nella tua vita, ti sono servite per sopravvivere.

Non siamo rotti. Non siamo deboli. Siamo esseri umani con un sistema di sicurezza molto, molto attivo. E abbiamo bisogno di una cosa fondamentale: un luogo in cui sentirci al sicuro.

🪷 La psicoterapia non ti aggiusta. Non è magia, e non è veloce. Ma può essere, per il tuo cervello, il primo spazio sicuro che incontra.

🫂E da lì, comincia tutto il resto. Impari a portare quella sicurezza dentro di te. A sostenerti. A calmarti. A respirare. Anche quando fuori c’è tempesta. Anche quando il genitore ti giudica. Anche quando il capo ti ignora. Anche quando nessuno lo fa per te.

🪄E questa, forse, può sembrare magia.
La realtà è che abbiamo solo bisogno di sicurezza, tutti.
Ma non c'è modo di assicurarci che il mondo, intorno, ce la garantisca.
Possiamo, invece, allenare il nostro modo di rassicurarci, per aiutare il cervello a distendersi, a sentirsi al sicuro.

👩Io sono una terapeuta, ma tu non sei un disturbo. E no, non ti darò una diagnosi.🧐So che può suonare strano.Quando mi s...
11/09/2025

👩Io sono una terapeuta, ma tu non sei un disturbo.
E no, non ti darò una diagnosi.

🧐So che può suonare strano.
Quando mi sono abilitata, per l’Esame di Stato, ho chiesto in regalo il DSM V, il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (testimonianza fotografica della mia faccetta fiera!).
Una Bibbia.
Ero emozionata ed euforica di averne finalmente una copia solo mia.
Anche io, quindi, ero convinta che essere una psicologa significasse (anche) fare diagnosi. In effetti, in parte, è così.

📚La mia formazione però è continuata, continua e continuerà per sempre.
Ho scelto di essere una psicoterapeuta fiera della terza ondata della terapia cognitiva (poi vedremo cosa significa), come la Compassion Focused Therapy (CFT). Lavoro integrando la mia formazione clinica con la teoria polivagale e le neuroscienze. Paroloni, per dire una cosa semplice: ricerca, innovazione, informazione.
🧠In questo approccio, sempre più condiviso e supportato dalla letteratura scientifica, la diagnosi non è centrale, perché non basta a descrivere la tua storia.Non spiega cosa ha portato il tuo sistema nervoso a vivere in allerta.Non dice cosa è successo, quando e come si è interrotto il tuo senso di sicurezza nel mondo, o se si è mai costruito, se è mai esistito.
Se ti sei mai sentito al sicuro.

🐵Molti dei sintomi presentati dai pazienti — ansia, ossessioni, chiusura emotiva, sbalzi d'umore, pensieri intrusivi, tristezza profonda —non sono “disturbi”. Sono strategie di sopravvivenza che il cervello ha appreso per proteggere. Evoluzione della specie. Sopravvivenza.
Quando stai male, una diagnosi sembra la risposta. Un modo per dire: “Ecco cosa ho. Finalmente qualcuno lo vede”.
“Ho un disturbo borderline”.
“Ho un disturbo d’ansia “.
“Ho la depressione “.
E spesso può dare un senso di sollievo. Di legittimazione.

👉Oggi voglio dirti una cosa di cui si parla ancora troppo poco:
dietro a tutte le sofferenze, a qualsiasi “disturbo” tu possa nominare — ansia, depressione, attacchi di panico, disturbi ossessivi, sbalzi d’umore, difficoltà relazionali — c’è sempre una radice comune: la mancanza di un senso di sicurezza interna.

⚠️Tutti questi sintomi sono, in fondo, segnali che il tuo sistema nervoso ti manda per dirti che si sente in pericolo.

🔴È come un grande semaforo rosso dentro di te che lampeggia per avvisarti: “Attenzione, non sei al sicuro!”.
Ma insieme a quel rosso, può esserci un semaforo verde, una risorsa nascosta, che indica la possibilità di trovare calma, di sentirti protetto, di ricostruire quel senso di sicurezza che forse non hai mai avuto o che hai perso.

La verità è che una diagnosi, un nome, non racconta questo.
Non ti dice che ciò che sta davvero alla base della tua sofferenza è questa mancanza di sicurezza, e che per stare meglio serve lavorare su questo: imparare a riconnetterti con quella parte di te che può calmarsi, che può sentirsi al sicuro. E se non c’è mai stata (e spesso succede), imparare a costruirla.

🌈Quindi, se ti sembra che la diagnosi sia la risposta, voglio offrirti un’altra prospettiva: ogni disturbo è una strategia di sopravvivenza che il tuo cervello ha messo in atto perché si è sentito in pericolo.

Non sei un’etichetta, non sei un problema da incasellare. Sei una persona che merita di ritrovare un senso profondo di sicurezza dentro di sé.

🫂Sì, faccio diagnosi. La faccio per me, per muovermi e orientarmi nel cercare il tuo senso di sicurezza. Ma il mio lavoro non è incasellarti in una categoria.
È aiutarti a comprendere come funziona il tuo sistema — cosa lo attiva, cosa lo spaventa, cosa lo calma — e ristabilire un senso di sicurezza interna che forse non hai mai conosciuto davvero.

La diagnosi può darti un nome, ma non ti dà strumenti per sentirti calmo, connesso, stabile.Questo è il lavoro della psicoterapia.

🚦Non sei un’etichetta. Non sei un disturbo.Sei una persona, con una storia.E meriti di essere visto davvero, di imparare che anche tu puoi accendere il tuo semaforo verde.

Settembre stanca. Anche quando hai dormito.C’è questa idea diffusa, quasi obbligatoria, che settembre sia un nuovo inizi...
09/09/2025

Settembre stanca. Anche quando hai dormito.

C’è questa idea diffusa, quasi obbligatoria, che settembre sia un nuovo inizio.
Che si riparta, si riprenda il controllo, si torni “a posto”.
Ma per molti settembre è un carico: svegliarsi già in affanno, la testa piena di liste, incastri, orari da rispettare, scadenze da non dimenticare.
È bambini da accompagnare, colleghi da sopportare, progetti da rilanciare.
È traffico. È spesa. È lavatrici da fare la sera tardi.
È domande che non si possono fare a nessuno, perché “è così per tutti”.

C’è chi inizia settembre già stanco, perché non si è mai davvero riposato.
Chi si è promesso che “a settembre cambia tutto” e ora si sente solo più in colpa e con il peso grande di non riuscire a rispettare questa aspettativa.

Ma se invece di ricominciare potessi fermarti? Se ti fosse concesso di non avere tutte le risposte? Di non dover essere sempre all’altezza, presente, capace, brillante?
Se ci fosse uno spazio in cui anche la tua confusione avesse dignità,
in cui la stanchezza potesse finalmente appoggiarsi,
in cui le emozioni potessero esistere — senza dover essere giustificate?

La terapia, per me, è questo.
Non un rigido protocollo da seguire, non un percorso per “migliorarsi”.
È un luogo vivo, umano, in cui essere visti davvero. In cui imparare a mollare il peso di dover “andare bene”. In cui respirare, senza dover spiegare tutto.

È in quel luogo che impari a trattarti meglio. A riconoscere la tua fatica senza giudizio, a parlarti con più gentilezza, a darti il permesso di rallentare, di sbagliare, di sentirti come sei.

Impari a costruire dentro te uno spazio di cura e compassione,
che non resta chiuso dentro la stanza, ma ti accompagna fuori, nella vita di ogni giorno.
Nelle relazioni che scegli, nelle parole che ti doni, nelle decisioni che prendi quando tutto sembra troppo.

Perché l’unica cosa che ci fa sentire davvero bene, in mezzo al traffico e al tran tran quotidiano, è sentirci al sicuro.
Ed essere tu, la tua casa sicura, anche quando il mondo intorno ti sfida, è lo scacco matto alla performance.

Se settembre ti sta già chiedendo troppo, forse non è da fuori che devi ripartire.
Ma da dentro. Da te.

"Quando ho smesso di avere fretta""Quando mi sono concessa di rallentare""Quando ho accettato di dovermi dare del tempo"...
13/08/2025

"Quando ho smesso di avere fretta"

"Quando mi sono concessa di rallentare"

"Quando ho accettato di dovermi dare del tempo"

"Quando ho capito che stavo pretendendo troppo da me"

Solo alcune delle risposte di persone diverse alla mia domanda, semplice: Quando hai iniziato a stare meglio, secondo te?

Agosto è un mese che sa di lentezza. Di tregua.
Negli ultimi giorni, in terapia, ho sentito tante volte la stessa cosa, detta con parole diverse.

“È cambiato tutto quando ho smesso di correre"

E ogni volta in cui lo sento, qualcosa dentro di me si accende, come se quelle parole fossero una torcia, una bussola, una fiammella.
Un invito a ricordare una cosa apparentemente banale, ma fondamentale. Siamo convinti che il cambiamento debba essere veloce, rumoroso, pieno di azione.
Che servano slanci, forza di volontà, piani precisi.
Ma poi succede che proprio quando ci fermiamo… qualcosa finalmente si muove.
Quando smettiamo di inseguire la versione perfetta di noi stessi, quella che non esiste.
Quando lasciamo andare la fretta di diventare altro.

Quando, semplicemente, restiamo. E ci ascoltiamo.
L’estate – questa stagione sospesa, piena di luce e contraddizioni – ci ricorda che c’è un altro modo.
Che si può rallentare senza perdersi. Che si può sostare senza fallire. Che il tempo che sembra “vuoto” è spesso quello dove germogliano le cose più vere.

E allora forse il cambiamento non arriva “quando facciamo di più”, quando troviamo più soluzioni, quando "non perdiamo tempo".
Ma quando ci permettiamo di essere. Di respirare. Di stare con quello che c’è. Senza fretta, ma con consapevolezza.
E con fiducia nel fatto che, se siamo abituati a correre, allora rallentare è già "fare qualcosa".

Qualcosa di molto, molto, prezioso.

La dignità di essere stanchiSi sveglia presto, prepara la colazione, organizza la scuola dei figli, corre al lavoro, ris...
16/07/2025

La dignità di essere stanchi

Si sveglia presto, prepara la colazione, organizza la scuola dei figli, corre al lavoro, risponde ai messaggi mentre guida, cerca di non dimenticare nulla: la spesa, la bolletta, l’appuntamento dal medico.

Tra un impegno e l’altro, prova a trovare qualche minuto per sé, ma sembra sempre impossibile.

La sera arriva a casa, ma la giornata sembra non finire mai.

“Ho sempre qualcosa in sospeso”, dice. "Ma niente di grave. Sto bene. Sono solo un po’ stanca.”

Non dice davvero che è stanca. Dice "Un po'".
Ci gira intorno.
Come se fosse qualcosa da nascondere, da controllare, da non mostrare.
Come se la stanchezza fosse un lusso che non si può permettere.

Perché questo mondo, così veloce e esigente, raramente ci concede di fermarci davvero.
Ci spinge a resistere, a non rallentare, a non mostrare i segni della fatica.
Ci chiede di essere sempre all’altezza, produttivi, presenti, sorridenti.

Io però la vedo, la stanchezza che non dice.
Nelle pause, nel tono spento, nella difficoltà a trovare le parole, negli occhi.

“Forse non sei stanca perché hai fatto troppo, ma perché stai facendo finta di non esserlo.”

Concedersi di essere stanchi è un atto di umanità prima ancora che di dignità.
Non è segno di debolezza, ma di coraggio.
È il primo passo per prendersi cura di sé.
Per mettere dei confini, rallentare, respirare.

E da quel momento, qualcosa cambia.
Non si tratta più di resistere o nascondersi.
Ma di ascoltarsi, rispettarsi, accettarsi.

Permettersi di essere stanchi è il primo gesto di rivoluzione verso se stessi e verso questo mondo che ci vuole sempre produttivi e sul pezzo.

Perché solo chi si concede questa verità può davvero iniziare a guardarsi come ciò che è: un essere umano.

Le risate in terapia.Oggi un paziente mi ha detto “Apprezzo che in terapia ridiamo.”È vero, i miei pazienti lo sanno: sp...
01/07/2025

Le risate in terapia.

Oggi un paziente mi ha detto “Apprezzo che in terapia ridiamo.”
È vero, i miei pazienti lo sanno: spesso in terapia ridiamo.

Abbiamo riflettuto insieme su questo, ma poi io ho continuato a pensarci per conto mio. Perché non è una cosa scontata.

Quando si parla di terapia, molti pensano a un luogo dove si soffre, si piange, si affrontano dolori. È uno stereotipo antico e radicato: la terapia come un luogo triste, cupo, fatto solo di sofferenza.

Sì, in terapia si fa anche questo — si affrontano le ombre, le ferite, si attraversano tempeste emotive, spesso si piange. Ma non è solo questo.
Il terreno terapeutico è fertile e vivo, capace di lasciare fiorire tutte le emozioni, dal dolore più profondo alla gioia più luminosa, passando per la rabbia, la paura, la vergogna e, sì, anche il sorriso e la risata.

Ognuna di queste emozioni racconta una storia, quella della nostra umanità, del nostro dolore e della nostra resilienza.
In Compassion Focused Therapy impariamo a coltivare compassione gentile, abbracciando ogni emozione, trovando nella risata una via per sciogliere la tensione e accendere l’umanità.
La risata diventa un ponte, un atto di amore verso se stessi, che sostiene il cammino.

E proprio qui, in questo incontro di fragilità e coraggio, sboccia la relazione tra terapeuta e paziente. Non è solo un accordo professionale, ma un terreno vivo, dove nasce la fiducia, si costruisce la sicurezza e fiorisce il cambiamento. È un dialogo di sguardi, parole, silenzi e risate, in cui ognuno di questi elementi gioca la sua parte.

La relazione terapeutica è un luogo magico, dove possiamo essere noi stessi, con tutte le nostre contraddizioni e sfumature, e dove, grazie a questa accoglienza profonda, la serenità può iniziare a fiorire.

Ma non tutti i terapeuti sono uguali e non tutti i pazienti sono uguali, così ogni relazione terapeutica è diversa dall’altra.
Trovare il terapeuta giusto significa incontrare qualcuno che sappia accogliere la nostra storia senza giudizio, con il quale ci sentiamo liberi, piano piano, di percorrere ognuna delle emozioni presenti nel panorama umano.

La terapia non è una formula unica, è un viaggio intimo e personale, ma soprattutto fonda le sue radici in una relazione, quella tra terapeuta e paziente. E proprio perché si tratta di una relazione viva e autentica, non esiste un “terapeuta perfetto” valido per tutti: ognuno di noi ha bisogno di incontrare qualcuno che risuoni con la propria storia, con il proprio modo di sentire e di essere.

Così come alcuni trovano sollievo e leggerezza nel poter ridere insieme in terapia, ad altri quella stessa risata può sembrare fuori luogo, o addirittura difficile da accogliere. Non è un problema né da una parte né dall’altra, ma semplicemente il segno che ogni relazione terapeutica è unica, e che ciò che funziona per uno può non funzionare per un altro.

Io sono una terapeuta così.

Lavoro con le emozioni, anche le mie, e so quanto sia importante accoglierle tutte, anche quelle che portano il sorriso.

Sempre piu lavoratori soffrono in silenzio.Stress costante, ansia, stanchezza profonda, senso di non farcela: queste son...
27/06/2025

Sempre piu lavoratori soffrono in silenzio.

Stress costante, ansia, stanchezza profonda, senso di non farcela: queste sono le realtà quotidiane di tanti lavoratori dipendenti e liberi professionisti.

Spesso non c’è uno spazio sicuro dove parlare, dove poter dire che va male senza sentirsi giudicati o esclusi.

Le aziende chiedono sempre di più, ma troppo spesso dimenticano che dietro ogni risultato ci sono esseri umani, con fragilità, bisogni emotivi reali e urgenti.

Non si tratta di “problemi personali”, ma di una crisi collettiva che nasce anche dalla pressione che vivono capi e manager, anch’essi sotto stress, e che si propaga come un effetto domino in tutta l’organizzazione.

La scienza ci insegna che il cervello umano funziona molto meglio quando si sente al sicuro e rispettato: in queste condizioni si riduce la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress, e aumentano la capacità di concentrazione, la creatività e la risoluzione dei problemi.

Sai cosa significa? Significa che quando stiamo bene emotivamente, se non siamo in allerta, siamo più produttivi e capaci di lavorare in modo efficace e sostenibile nel tempo.

È tempo di fermarsi e riflettere: il lavoro non può essere solo produttività e numeri. Deve essere anche cura, ascolto e rispetto.

Solo riconoscendo la sofferenza di tutti e imparando a rispondere con gentilezza, cura, rispetto — verso se stessi e verso gli altri — potremo costruire ambienti di lavoro più umani, sostenibili e vivi.

Questo non è un ideale lontano, ma una necessità urgente per il benessere di persone e aziende.

Il cambiamento comincia dal riconoscere che il malessere è reale e che merita attenzione, dialogo e azioni concrete.

🙄 A volte ci si chiede se parlare con qualcuno possa davvero servire. Ma serve. Serve eccome. 💭È con questo pensiero che...
26/06/2025

🙄 A volte ci si chiede se parlare con qualcuno possa davvero servire. Ma serve. Serve eccome.

💭È con questo pensiero che ho deciso, nel 2022, di attivare lo sportello di sostegno psicologico in collaborazione con il Comitato di Quartiere di Tor Pignattara.

💗L’intenzione è sempre stata la stessa: avvicinare le persone alla psicoterapia, renderla più accessibile, più vicina. Spogliarla dagli stereotipi e dalle false credenze.�
❤️‍🩹Lo sportello è diventato subito uno spazio in cui fermarsi e prendersi cura di sé.
Nel corso del tempo, qui sono arrivate persone con storie diverse: difficoltà nella coppia, genitori che si sentono in crisi nel loro ruolo, chi affronta una separazione, chi sta elaborando un lutto o un trauma, chi attraversa momenti di ansia, confusione o solitudine.

💡Ogni percorso è unico. E non è affatto vero che c'è bisogno di una psicopatologia per iniziare: a volte basta il desiderio di sentirsi meglio, o di capirsi un po’ di più.

Il primo colloquio è gratuito, pensato per conoscersi e capire insieme se questo spazio può fare al caso tuo.

🧶Una frase che ogni tanto ritorna, da chi ha già varcato quella porta, è semplice ma dice tanto:�“Non sapevo da dove cominciare. Invece è bastato farlo e basta".

🚪Lo sportello è qui, presso la sede del Comitato di Quartiere di Tor Pignattara.
Se desideri maggiori informazioni, contattami!
Elena

📍 Comitato di Quartiere di Tor Pignattara - Via Gabrio Serbelloni 57
📲 3492580308 (WhatsApp)
📩 elenabonavoglia@outlook.it

19/06/2025

Il 16 e 17 giugno, 31 Paesi europei si sono riuniti a Parigi per una conferenza internazionale promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal Ministero della Salute francese, condividendo un obiettivo comune: riconoscere la salute psicologica come responsabilità pubblica e componente trasversale di tutte le politiche.

Una presa di posizione resa urgente da un quadro allarmante: nella regione europea dell’OMS, una persona su sei convive con un disturbo mentale, e una su tre non riceve le cure necessarie. Tra i fattori che pesano di più: solitudine, mancanza di supporto e un uso problematico dei social media, soprattutto tra i più giovani.

La conferenza ha riunito non solo i ministri della Salute, ma anche i rappresentanti di settori chiave come istruzione, affari sociali, cultura, edilizia. Ne è emersa una consapevolezza condivisa: per affrontare una crisi che tocca ogni ambito della vita sociale, servono politiche coordinate e risorse integrate.

“Quando integriamo il benessere mentale in ogni decisione, in ogni settore, facciamo più che alleviare la sofferenza: accendiamo dignità, speranza e opportunità per tutti”, ha dichiarato Hans Henri P. Kluge, direttore regionale dell’OMS per l’Europa.

Il CNOP sostiene pienamente questa visione, fondata sulla cooperazione tra settori e sulla promozione del benessere psicologico come responsabilità pubblica, principio di equità e valore per l’intera collettività.

Per leggere la dichiarazione 👉 https://bit.ly/dichiarazioneparigi

04/06/2025

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi rinnova il proprio sostegno al Pride e ai principi che lo animano: il diritto all’autodeterminazione, la libertà e la dignità delle persone in tutte le loro espressioni identitarie, affettive e sessuali.

La psicologia è impegnata nella difesa dei diritti fondamentali della persona e nella promozione di una cultura del rispetto, dell’ascolto e dell’inclusione, contrastando ogni forma di discriminazione e marginalizzazione.

Diversi Ordini regionali degli Psicologi stanno già offrendo il proprio patrocinio ai Pride locali: una direzione chiara che il CNOP intende proseguire anche a livello nazionale, riconoscendo la rilevanza sociale e civile di questi eventi per la promozione del benessere e dei diritti.

La libertà di essere se stessi è una condizione essenziale di salute psicologica e coesione sociale.

🚪Domenica 25 maggio, in occasione di Terrazze e Cortili aperti a Tor Pignattara, apre le porte anche lo Sportello di Sos...
22/05/2025

🚪Domenica 25 maggio, in occasione di Terrazze e Cortili aperti a Tor Pignattara, apre le porte anche lo Sportello di Sostegno Psicologico del Comitato di Quartiere.

❤️Sono Elena, la psicoterapeuta che si occupa dello sportello, e questa domenica dalle 11 alle 13 mi troverai in sede per rispondere alle tue domande.

🤔Sarà un'occasione per conoscerci, sfatare alcuni miti sulla psicoterapia e chiarire i tuoi dubbi rispetto all'inizio di un percorso.

✅Posso aiutarti soprattutto con difficoltà relative a:
gestione delle emozioni (rabbia, ansia, tristezza)
relazioni (di coppia, familiari, lavorative)
genitorialità

📲Per qualsiasi dubbio puoi scrivermi:
elenabonavoglia@outlook.it
3492580308

☀️Ci vediamo domenica, dalle 11 alle 13, presso la sede del Comitato di Quartiere, in via Gabrio Serbelloni 57.

Spesso mi capita di fare interventi in scuole elementari, medie e superiori per sensibilizzare i ragazzi su temi attuali...
22/05/2025

Spesso mi capita di fare interventi in scuole elementari, medie e superiori per sensibilizzare i ragazzi su temi attuali, ma soprattutto per dar voce e promuovere un dialogo attivo e riflessivo su cose che passano talvolta inosservate, ma sono invece importantissime, soprattutto durante l’età evolutiva.

Qualche settimana fa, nell’ambito del progetto “Amami e Basta”, promosso dall’AS Roma per il IV Municipio di Roma, mi sono trovata di fronte a un centinaio di studenti del liceo a fare un intervento sulla violenza di genere.

“L’amore ha casa dentro al cuore gentile
Come la fiamma che sta sulla candela
Ma il cuore cattivo, invece, resiste all’amore
Così come il ghiaccio si nasconde al calore”

Mi sono seduta al computer desiderosa di scrivere questo post, ho messo play su Spotify, e la mia playlist di brani preferiti ha riprodotto subito questa canzone.
L’amore ha casa dentro al cuore gentile.

Ogni volta in cui parlo di violenza di genere, il binario è doppio: c’è chi va sensibilizzato al rispetto e chi a riconoscere la mancanza di rispetto.
Lavorando con le persone, con le relazioni, studiandole da anni, da ogni angolatura, leggendone nel tempo libero e pensandoci anche quando sono in fila al supermercato, ormai è molto chiaro: il binario è doppio.
C’è chi non si accorge di star mancando di rispetto, e chi ha paura, o non ha gli strumenti, per proteggersi da una mancanza di rispetto (oppure anche solo per riconoscerla!).

“Nel dubbio, scegliete sempre la libertà”, ho detto rivolgendomi alle ragazze.
Quindicenni, sedicenni, diciassettenni, che hanno ascoltato le mie parole con attenzione e interesse. Durante la presentazione, buttavo un occhio a qualcuna di loro che zittiva i compagni intorno che cercavano di distrarle. “Shhh!”.
Un po’ come dire “Fa’ silenzio, questa cosa mi interessa”.
Per me è stato prezioso e importantissimo accogliere con attenzione ognuno di quegli “Shhh”. Ho pensato che in ognuno di essi ci fossero le loro paure, i loro dubbi, in questo momento della vita in cui iniziano ad imparare che significa costruire una relazione.

Al temine dell’intervento, mi sono chiesta se forse avessi un po’ esagerato con quella frase sulla libertà.
“Non è che le ho messe in allerta di fronte alle relazioni?”.
Poi, riflettendoci, mi sono detta di no. No, non ho esagerato.

L’amore ha casa dentro al cuore gentile.
E il cuore gentile lo riconosci.
Ti fa sentire al sicuro, protetto, a tuo agio.
Il cuore gentile ti accoglie e ti supporta, ti riscalda.
Il cuore gentile ti rispetta.
E come lo riconosco un cuore gentile?
Come lo riconosco questo rispetto?
Il problema è questo. Se non siamo stati abituati ad essere rispettati, se non siamo abituati a rispettare, nessuna di queste due cose ci verrà naturale.

“Nel dubbio, scegliete sempre la libertà” significa questo.
Se c’è qualcosa, qualsiasi cosa, che vi fa ve**re anche un solo dubbio su se quello sia amore, allora è molto probabile che non lo sia.
Il cuore gentile ti fa sentire libera.
Libera di vestirti come vuoi, di andare dove vuoi, di frequentare le persone che vuoi.
Il cuore gentile ti fa sentire libera di coltivare le tue passioni, di sognare, di viaggiare. Ti fa sentire libera di essere te stessa, di mostrarti e di esistere. Il cuore gentile non usa imperativi.
E se sei in relazione con un cuore che ti impedisce anche solo una di queste cose, no, non è amore. Perché, questo è davvero molto semplice: il cuore gentile non ti colpevolizza. Mai. Un cuore gentile, di una persona che ti ama, non ti colpevolizza mai.
Quindi, nel dubbio, scegliete sempre la libertà.

Questa frase, durante l’intervento, l’ho dedicata alle ragazze, perché il contesto era di violenza contro le donne.
So bene, perfettamente, per mia diretta esperienza clinica, che non è sempre questa la direzione. Non sempre sono le donne quelle “non libere di scegliere”.

E per questo, oggi, scrivo questo post.
“Nel dubbio, scegliete sempre la libertà” è per tutti: di qualsiasi sesso, identità di genere, orientamento sessuale, politico o credo religioso.

Scegliete sempre la libertà qualunque età abbiate, qualunque sia la durata della vostra relazione, che abbiate figli oppure no.
Scegliete sempre la libertà e, se non sapete come fare, non siete soli.
Leggete, informatevi, chiedete aiuto.
L’informazione è il primo passo verso la libertà.

https://www.asroma.com/it/notizie/73226/un-calcio-alla-violenza-di-genere-nuova-iniziativa-del-progetto-del-club-amami-e-basta

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