22/07/2025
"NORMALIZZAZIONE del PATOLOGICO : la nuova deriva del pensiero debole"
Viviamo in un’epoca in cui il patologico viene celebrato. E guai a dirlo. Perché l’INCLUSIVITA', oggi, è diventata una scusa perfetta per non guardare in faccia la realtà.
Ci sono Barbie DIABETICHE, Miss OBESE portate come simbolo di bellezza, giovani che lavorano 50 ore a settimana per poco più di 1.000€ al mese ma postano mantra sulla resilienza.
Tutto normale, tutto motivazionale, tutto “ispirante”.
Obesità, esaurimento nervoso, burn-out, dipendenze da zuccheri, antidepressivi, stanchezza cronica, isolamento sociale… Tutto truccato da unicorni e glitter per non sembrare quello che è: sofferenza mascherata da progresso.
Non è inclusività questa:
È addomesticamento culturale.
È la trasformazione di un disagio in bandiera identitaria, non per risolverlo, ma per tacerlo.
È la patologia santificata perché tutti si sentano “rappresentati”, anche nel baratro.
Inclusività vera è aiutarti a uscire dalla condizione che ti fa male, non metterti la corona mentre ci stai affogando dentro.
La verità è che stiamo normalizzando l’anomalia.. E quando le anomalie diventano la nuova norma, quando la malattia viene romanticizzata, l’obesità difesa come "scelta", l’esaurimento celebrato come "dedizione", la fragilità promossa come "personalità" questo significa disinnescare la possibilità di evolvere, rendere inaccettabile la cura, e soprattutto bloccare ogni spiraglio di crescita reale.
Perché se tutto è ok così com’è, non si cambia, non si migliora, non si guarisce.
E in un mondo dove l’inclusività diventa un alibi, non si è più liberi di chiamare le cose col loro nome.
E allora sì, il rischio è grosso: una società in cui la PATOLOGIA DIVENTA CULTURA , e la verità, una colpa.
…E mentre questo avviene a suon di slogan e buonismo ipocrita, accade ovviamente anche il contrario: la normalità viene patologizzata.
INVECCHIARE ad esempio, è diventato quasi un crimine. Basta una ruga a 25 anni e scatta la corsa al filler, al bisturi, alla negazione del tempo. Si ha più paura di invecchiare che di ammalarsi, più terrore del volto che cambia che di un corpo sovraccarico di tossine, ansia, farmaci e frustrazione.
Così si crea una SOCIETÀ SCHIZOFRENICA : da una parte si abbracciano con orgoglio le malattie metaboliche, lo stress cronico, la dipendenza da psicofarmaci, lo stile di vita tossico e disordinato — e lo si fa passare per “accettazione di sé”.
Dall’altra, si rifiuta l’invecchiamento, la sobrietà, la fatica, la disciplina, il limite naturale, come se fossero disturbi da correggere.
Il rischio? Perdere il senso della realtà.
E diventare una civiltà che GLORIFICA CIÒ CHE LA DISTRUGGE , e si vergogna di ciò che la tiene in vita.