Medicina del sonno e Polisonnografia

Medicina del sonno e Polisonnografia Centro Multisciplinare ricerca e cura disturbi del sonno
Prof. Dott. Polisonnografia

3475982287 - 3475982287 Le visite di controllo un costo di Euro 150,00.
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Francesco Peverini

Visite per disturbi respiratori in sonno (apnee notturne) e per insonnia. Centro Multisciplinare per la ricerca e la cura dei disturbi del sonno

Vengono effettuate visite per disturbi respiratori in sonno (principalmente per apnee notturne) e per insonnia. La maggior parte delle richieste che ci giunge per una visita o per un esame polisonnografico, sono quasi sempre incentrate sul costo e non sul tipo di visita o esame che dovrà essere eseguito (esistono infatti diverse tipologie di studio polisonnografico del sonno). Il termine polisonnografia, è una denominazione generica che accomuna esami differenti, praticati per tutte le patologie del sonno, che sono molte. Uno studio polisonnografico si realizza in maniera “modulare”. Possono quindi essere impiegati da un minimo di 6 sensori ad oltre 40. Troppo spesso il paziente che ha ricevuto dal curante una indicazione a sottoporsi all’indagine polisonnografica, non ha chiare le motivazioni che hanno portato alla richiesta e ignora come si svolga, le indicazioni per una tipologia di polisonnografia rispetto ad un altra, spesso anche le finalità dell'esame. Lo stesso per la visita: per chi immagina una visita di Medicina del Sonno tutta incentrata sulle pillole per dormire, dico subito che non ci siamo. La visita rappresenta il momento diagnostico più importante e bisogna ricordare che almeno la metà dei disturbi del sonno ha motivazioni organiche (metabolismo, cuore, polmoni, tiroide, tanto per fare alcuni esempi). Nel corso della visita si inquadra il sonno vero e proprio, considerando le attività del paziente, il suo ruolo lavorativo, le ore veramente dedicate al sonno, la correlazione con momenti di particolare stress. Nel caso di visite per apnee notturne, oltre al sonno stesso sarà importante avere la documentazione medica recente (analisi ed esami strumentali), per meglio correlare le eventuali apnee ad altre condizioni mediche già presenti (ad esempio episodi di soffocamento notturno, russamento eccessivo, obesità, diabete, ipertensione, bronchite cronica, fumo, aritmie cardiache, sonnolenza eccessiva, stanchezza cronica). Solo dopo questa fase si deciderà se è necessario un esame strumentale come la polisonnografia. In altre parole, non possono esistere protocollo uguali per tutti i pazienti. I costi della polisonnografia dipendono dalla complessità di esame che dovrà essere effettuato. A volte sono concordati con le diverse assicurazioni per chi ha una tutela in questo senso; ma questi costi fanno da riferimento anche per i pazienti non tutelati da una polizza sanitaria. Chiamare, per delucidazioni, il numero 3475982287 oppure la segreteria al numero 3475982287. La prima visita di Medicina del Sonno ha un costo di Euro 200,00.

26/08/2025

APNEE NOTTURNE, MEMORIA, PROCESSI NEURO-DEGENERATIVI:
RUOLO DELL’ IPPOCAMPO

Prof. Francesco Peverini - Medicina Interna
26.08.2025

Recenti ricerche di neurobiologia hanno evidenziato un importante legame tra l'apnea ostruttiva notturna in sonno (OSAS) e i primi segni delle alterazioni cerebrali associate al declino cognitivo.

Gli studi precisano che più del semplice numero di apnee, risultano rilevanti i bassi livelli di ossigeno – noti come ipossia – che si associano alle apnee e che possono contribuire a microscopiche ma continue lesioni in regioni cerebrali vitali per la memoria, anche negli anziani senza deterioramento cognitivo.

L'apnea notturna ostruttiva si presenta in sonno, quando i muscoli della gola si rilassano, con blocco delle vie aeree e frammentazione del sonno. Il ritmo sonno-veglia viene alterato, i livelli di ossigeno si abbassano e si possono danneggiare piccoli vasi sanguigni nel cervello.
Per di più, le apnee provocano attivazione del sistema nervoso simpatico con aumento della pressione sanguigna, stress ossidativo e infiammazione vascolare, promuovendo a livello neurologico anche ischemie transitorie (TIA) e ictus.

IL DETERIORAMENTO COGNITIVO

Il deterioramento cognitivo e la demenza stanno diventando sempre più diffusi e incidono sulla qualità della vita in una fascia di popolazione anziana. La demenza è anche finanziariamente gravosa sia per i pazienti che per chi se ne prende cura.

Il deterioramento cognitivo può manifestarsi attraverso diversi meccanismi patologici, la maggior parte dei quali è tipicamente di natura neurodegenerativa (ad esempio, Alzheimer, demenza di Parkinson), vascolare (come la demenza vascolare) o mista. Data la ampia eterogeneità di queste condizioni e i crescenti oneri ad esse associati, vi è un grande interesse nello sviluppo di nuovi bersagli terapeutici per i pazienti.

LE STRUTTURE CEREBRALI COINVOLTE: L'IPPOCAMPO

Per comprendere meglio gli effetti delle apnee ostruttive sull’attività cognitiva, le ricerche mediche hanno cercato di identificare alterazioni nelle zone deputate in primo luogo alla memoria (neuroimaging come la risonanza magnetica) e spesso si concentrano sull'ippocampo, un'area del cervello fondamentale per le capacità cognitive e nota per essere sensibile al danno ipossico.
Già è noto che le apnee ostruttive sono associate a una diminuzione della materia grigia ippocampale bilaterale e a una diminuzione del volume totale e destro dell'ippocampo.

Un recente studio pubblicato quest’anno (riportato in bibliografia) ha dimostrato che le apnee ostruttive sono significativamente associate ad una riduzione dei volumi ippocampali, bilateralmente, in particolare negli individui con deterioramento cognitivo dovuto a eziologia neuro-degenerativa vascolare o mista.
Questi dati supportano la teoria secondo cui gli individui con deterioramento cognitivo presentano processi neurodegenerativi sottostanti che aumentano la loro suscettibilità agli effetti avversi delle apnee ostruttive.
Le apnee ostruttive dovrebbero essere considerate un potenziale fattore di rischio modificabile nelle popolazioni vulnerabili.
I danni al cervello ed in particolare all'ippocampo, sono preoccupanti perché questa struttura è la parte del cervello in cui vengono immagazzinati i ricordi recenti ed è la prima area ad essere danneggiata dal morbo di Alzheimer.

Riconoscendo l'importanza delle apnee ostruttive, è evidente che l'introduzione di interventi mirati di screening e trattamento appropriato al disturbo, potrebbero non solo mitigare il declino cognitivo ma anche potenzialmente preservare l'integrità dell'ippocampo e delle sue funzioni, in particolare nei soggetti che non manifestano sintomi.

COME SI SVILUPPA IL DANNO DA APNEE

Il dannoso effetto delle apnee notturne si sviluppa così: l’ostruzione delle vie aeree superiori, provocano ipossia e frammentazione del sonno. La minore quantità di ossigeno disponibile invia un segnale al cervello che non si sta respirando e il cervello cerca di svegliarci - con microrisvegli - per tornare a respirare, spesso senza che se ne abbia memoria.
Alcune aree del cervello, tra cui l'ippocampo, sono molto sensibili all'ipossia e questo di per sé causa una serie di cambiamenti e lesioni nelle cellule sottoposte a questa carenza di ossigeno.

Ma non è solo la perdita di ossigeno a essere dannosa: quando si torna prepotentemente a respirare, si verifica un processo di aumento improvviso dell'ossigenazione, che viene definito "re-ossigenazione", necessario, ma in grado di provocare danno ossidativo. Questo costituisce uno dei meccanismi per il quale si danneggiano molti tessuti a livello sistemico (molti organi del corpo), compresi vasi sanguigni e cellule cerebrali.

EFFETTI BIOCHIMICI DEL DANNO: I BIOMARCATORI

Anche alcune componenti biochimiche sono state studiate per verificare gli effetti delle apnee ostruttive su possibili “biomarcatori” di laboratorio.
Le forti associazioni tra i biomarcatori di neurodegenerazione e il deterioramento cognitivo nell'arco di oltre 12 anni suggeriscono che i primi cambiamenti patologici cerebrali possono essere rilevati in modo non invasivo anni prima dei sintomi clinici di deterioramento cognitivo.
Sono stati studiati i livelli plasmatici di catena leggera dei neurofilamenti (NfL), la threonine 217 (p‐tau217), la plasma brain‐derived tau (BD‐tau), la proteina acida fibrillare gliale (GFAP) e l’ubiquitina carbossi-terminale idrolasi L1 (UCH-L1). Nomi difficili da ricordare, ma quello che conta à sapere che in futuro potremmo essere in grado di identificare precocemente i soggetti a rischio di sviluppare danno degenerativo cerebrale.

SOSTANZA GRIGIA, SOSTANZA BIANCA E BARRIERA EMATO-ENCEFALICA

Livelli più bassi di ossigeno durante il sonno (dovuti all'apnea notturna) sono anche associati a iperintensità della sostanza bianca cerebrale valutata con la Risonanza Magnetica.
La sostanza bianca nel cervello si trova al di sotto della sostanza grigia (anch’essa colpita dai ridotti livelli di ossigeno) e serve a trasmettere segnali ad altre parti del sistema nervoso centrale. Avere iperintensità della sostanza bianca, che appaiono come punti luminosi nelle scansioni della Risonanza Magnetica dell’encefalo, è un segnale che i piccoli vasi sanguigni che vanno al cervello sono danneggiati o stanno iniziando a danneggiarsi.
Quello che è ormai un dato studiato ampiamente è che più grave è l'apnea notturna, peggiore è l'ossigenazione e maggiore è il danno alla sostanza bianca cerebrale.
Le ragioni di questi processi sono molto complesse, ma gli studi indicano che l'apnea ostruttiva notturna colpisce il cervello, causando subdolamente nel tempo lesioni vascolari cerebrali o danni ai piccoli vasi sanguigni del cervello.
Nella materia grigia realizza la maggior parte delle informazioni nel cervello, il controllo muscolare, la percezione sensoriale come la vista e l'udito, la parola, l'autocontrollo, il processo decisionale, la memoria e le emozioni.
La materia bianca è invece il tessuto attraverso il quale passano i messaggi tra le diverse aree di materia grigia all'interno del cervello. Agisce come un relè, un sistema di comunicazione di coordinamento tra le regioni del cervello. La materia bianca influenza attivamente il modo in cui il cervello apprende e funziona.

La barriera emato-encefalica è un meccanismo di filtraggio che porta il sangue e molti dei suoi componenti al cervello e al midollo spinale (ad es. acqua, alcuni gas, glucosio e amminoacidi), cioè alle cellule nervose, ma blocca il passaggio di alcune sostanze pericolose: sostanze chimiche, batteri nocivi e potenziali neurotossine oppure dei cambiamenti della loro distribuzione.
L'apnea notturna fa sì che la barriera emato-encefalica diventi più permeabile, facilitando l'ingresso di alcune sostanze dannose nel cervello. Alcune di queste sostanze sono correlate a gravi patologie come epilessia, sclerosi multipla, ictus, meningite, Alzheimer, solo per citarne alcune.

LA DIAGNOSI DI APNEE NOTTURNE

Sappiamo che i tre segni fondamentali per identificare un paziente affetto da apnee sono: il russamento rumoroso, la sonnolenza diurna, le pause respiratorie in sonno; ma anche la cefalea al mattino, la stanchezza cronica, le alterazioni della memoria, la presenza di malattie cardiovascolari (ipertensione, insufficienza cardiaca pregressi ictus, TIA o infarto, le aritmie cardiache), l’obesità, le malattie metaboliche e il diabete, le alterazioni della funzione tiroidea, una circonferenza del collo superiore a 43 cm (uomo).
Se sospetti di avere apnee notturne, parla con il tuo medico per ottenere un invio ad uno specialista del sonno. L'apnea notturna può essere diagnosticata in modo definitivo solo con uno studio del sonno noto anche con il nome di polisonnografia.
Durante una polisonnografia si registrano informazioni sul sonno, i movimenti delle gambe, l'attività cerebrale, la frequenza respiratoria, l’ossigeno nel sangue, l’elettrocardiogramma e la pressione arteriosa durante il sonno.
Questi dati indicheranno il tuo indice di apnea-ipopnea (AHI) che è il numero di apnee che subisci in un'ora e dato più importante i livelli di ossigeno sistemici, correlati più del numero di apnee al danno cerebrale.
Può così essere diagnosticata un'apnea notturna lieve, moderata o grave e questo consente di determinare la terapia necessaria.

CHI ARRIVA IN SOCCORSO

Gli effetti più significativi del danno cerebrale da apnee notturne sono le menomazioni dell’attività cognitiva, le alterazioni dell'umore e della vigilanza diurna. Questi, insieme ai danni alla materia grigia e bianca nel cervello possono essere contrastati e corretti mediante l’uso della terapia ventilatoria CPAP, una terapia a pressione positiva delle vie aeree che consente di non avere più apnee e di controllare efficacemente, nel tempo, le conseguenze delle apnee non trattate.
L'uso della CPAP può riportare le sostanze chimiche e il funzionamento del cervello a livelli normali; i sintomi dannosi e mortali delle apnee notturne si riducono o si risolvono e il paziente può ritrovare stabilità fisiologica e psicologica.

CONCLUSIONI

Effetti dell'apnea notturna sulle strutture cerebrali.
L'apnea notturna provoca non solo carenza di ossigeno nelle cellule del corpo ma anche uno stato infiammatorio generale che colpisce quasi tutti gli organi del corpo umano. Il cervello è influenzato negativamente da questa privazione di ossigeno, come ogni altro organo.
Le apnee non trattate possono influenzare le strutture del cervello associate alla memoria, all'umore, al funzionamento esecutivo (capacità di pensiero di alto livello) e all'attenzione. Causano una diretta riduzione della quantità di materia bianca e di quella grigia, strutture del cervello responsabili della capacità di elaborare informazioni e apprendimento.

Anche se studiamo persone che non hanno manifestato sintomi di decadimento cognitivo, potremmo osservare danni molto precoci determinati dalle apnee ostruttive, ancor prima che qualcuno sviluppi deficit di memoria.

COSA RICORDARE

Le apnee notturne non trattate sono associate a disturbi cognitivi e problemi di umore, memoria e vigilanza. Possono portare a danni cerebrali a causa degli effetti a lungo termine della privazione cronica del sonno e della carenza di ossigeno.
Il danno cerebrale correlato all'apnea notturna può essere parzialmente o completamente invertito in molti casi con la terapia a pressione positiva delle vie aeree (CPAP), terapia che deve essere deciso da uno specialista del sonno.
Molte persone non si rendono conto (anche per anni) di soffrire di apnea notturna. Semplicemente non se ne accorgono se non in presenza di sintomi gravi come il soffocamento notturno o per il racconto di partner o parenti.
Se hai eccessiva sonnolenza diurna o il tuo partner nota sintomi come russare o ansimare, parla con il tuo medico e chiedi informazioni su come ottenere uno studio del sonno.
Si può morire di apnea notturna? E’ improbabile che una singola apnea determini la morte di un paziente.
Ma le apnee notturne non trattate possono condurre a complicazioni di salute gravi e potenzialmente fatali. Queste includono insufficienza cardiaca, ischemia cardiaca, pericolose aritmie, diabete, ictus e alcuni tipi di cancro.
Le persone con apnea notturna, spesso provano eccessiva sonnolenza diurna, fenomeno che può aumentare il rischio di incidenti automobilistici mortali e incidenti nel mondo del lavoro.

Fonti:

1. Circulating Biomarkers of Neurodegeneration and Risk of Cognitive Impairment. Neurology August 26, 2025 issue.

2. Effects of 3-month CPAP therapy on brain structure in obstructive sleep apnea: A diffusion tensor imaging study. Front. Neurol., 22 August 2022

3. Examining the association between sleep apnea and total hippocampal volumes in cognitive impairment. Alzheimers Dement. 2025 Apr 25;21(4).


Sottoporsi a un'analisi del sonno può aiutarti ad affrontare l'apnea notturna e ridurre il rischio di gravi complicazioni in futuro.

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Centro Multisciplinare ricerca e cura disturbi del sonno
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Visite per disturbi respiratori in sonno (apnee notturne) e per insonnia. Polisonnografia

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INSONNIA: CAUSE E SINTOMIFrancesco Peverini  - Roma, 20.08.2025Cos'è l'insonnia? Coloro che ne sono affetti già intuisco...
20/08/2025

INSONNIA: CAUSE E SINTOMI
Francesco Peverini - Roma, 20.08.2025

Cos'è l'insonnia? Coloro che ne sono affetti già intuiscono probabilmente una possibile risposta, ma sia per loro che per chi è interessato, precisiamo alcuni concetti chiave:

a. l'insonnia è l'incapacità di o di mantenere il sonno durante la notte con riduzione significativa delle ore di riposo (sonno), anche se abbiamo tutte le opportunità per farlo.

b. conseguenza immediata è la sensazione di sonno non ristoratore. Chi soffre di insonnia è insoddisfatto del proprio riposo e presenta di solito stanchezza, , difficoltà di concentrazione, disturbi dell’umore e riduzione delle prestazioni nel o a . L'insonnia cronica può persino contribuire a gravi problemi di .

c. è un problema molto comune (in Italia, almeno il 20% della popolazione ha avuto o ha problemi di insonnia tali da indurli ad assumere provvedimenti).

Di fatto, trattando la “quantità” di sonno effettivo, dormiamo meno e peggio rispetto al passato. Accade al 40% degli adulti e purtroppo al 70% dei bambini e degli .
I bambini dormono in media un’ora e mezza meno di quanto i loro coetanei facessero 25 anni fa. Una semplice adeguata durata del sonno, invece, migliora lo sviluppo cognitivo del bambino e allontana il rischio di obesità infantile.
Ma anche la “qualità” del sonno può essere alterata se durante il riposo accade qualcosa a nostra insaputa, come nel caso delle apnee notturne o dei movimenti involontari delle gambe (gambe senza riposo – Restless Legs Syndrome) o a seguito di terapie.

TIPOLOGIE DI INSONNIA

Si articolano in:
1. insonnia acuta o transitoria, spesso in relazione a diverse circostanze della , ad esempio, quando non è possibile addormentarsi la notte prima di un esame o dopo aver ricevuto
notizie stressanti o perché si è innamorati; in genere questo disturbo tende a risolversi senza alcun trattamento); intermittente, quando alcune situazioni che alterano il sonno si ripetono ciclicamente;
2. cronica, quando il sonno è interrotto o perso almeno tre notti a settimana per un minimo di tre mesi. L’insonnia cronica può avere molte cause: cambiamenti ambientali, propensione a non dormire, lavoro a , alcune patologie e infine uso di diverse tipologie di .

LE CAUSE DELL’INSONNIA

L’insonnia può essere determinata da psichiatriche o mediche (alterazioni ormonali, cardiopatie, patologie respiratorie, gastro-intestinali, oncologiche), da una cattiva igiene del sonno con abitudini che portano a costantemente meno del necessario, dall’uso di sostanze specifiche come alcol e alcuni farmaci, o infine da fattori biologici legati alla alterata produzione di molecole che inducono il sonno nel nostro .
Talvolta l’insonnia è solo una delle condizioni correlate ad un’altra patologia (quindi possiamo definire il disturbo come un sintomo di un altro problema medico).

Ecco alcune condizioni mediche che possono causare insonnia:
a. Allergie e riniti.
b. Reflusso gastro-esofageo e ulcera.
c. Problemi endocrini come l’iper o l’ipotiroidismo, l’aumento del cortisolo circolante (malattia di Cushing), il diabete scompensato.
d. Dolore da artrosi e dolore cronico in genere.
e. Asma.
f. Insufficienza respiratoria.
g. Apnee notturne.
h. Morbo di Parkinson.
i. Morbo di Alzheimer.
l. e .
m. Sindrome delle gambe senza riposo.
n. Ipertensione arteriosa.
o. Angina.
p. da patologia oncologica (terapie, , paure).
q. Gravidanza.
r. Patologie psichiatriche
s. Alcune terapie

INSONNIA E DEPRESSIONE

L’insonnia può essere causata da molteplici condizioni psichiatriche, e tra queste è prevalente la depressione (in questo caso il paziente tende a addormentarsi molto tardi).
L’insonnia può rappresentarne uno dei tanti sintomi (l’insonnia grave è più alta nei pazienti con disturbo depressivo maggiore), oppure innescare o peggiorare la depressione attraverso le sequele di una progressiva perdita di sonno efficace.
È infatti importante ricordare quanto i sintomi della depressione (debolezza, perdita di interesse o motivazione, sentimenti di tristezza o disperazione) possano essere associati a insonnia e contribuire al mantenimento o peggioramento di quest’ultima.

INSONNIA E STILE DI VITA

L’insonnia può insorgere ed essere perpetuata a causa di comportamenti e stili di vita poco salutari e le abitudini a dormire poco e male sono in grado, da sole, di creare insonnia senza il contributo di una malattia sottostante.
Gli esempi di come errate consuetudini di vita possano portare a insonnia sono moltissimi; tra questi i nuovi stili di vita h24 per sette giorni la settimana.
Ma esaminiamo alcuni di questi comportamenti più frequenti:
1. Lavorare a casa la sera. In questi casi diventa difficile rilassarsi e quando arriva il momento di andare a dormire può insorgere anche preoccupazione, per la sensazione di poter fare di più.
2. Un pisolino pomeridiano. Brevi sonnellini possono essere utili per alcune persone, ma per altri rendono difficile addormentarsi durante la notte.
3. Dormire di più per recuperare il sonno perduto, anche nel weekend. Questo può confondere il ritmo sonno-veglia.
4. Il lavoro a turni, che prevede orari irregolari o per periodi fissi di ore ma variabili ogni giorno (come gli infermieri e i medici, gli operai di alcune fabbriche, i controllori di volo e tutti coloro che fanno in modo che servizi essenziali non vengano interrotti la sera, la notte e nei giorni festivi).

Orari non usuali possono confondere il fisiologico ritmo sonno-veglia, soprattutto se si è costretti a dormire durante il giorno o quando i turni variano di giorno in giorno. In questo caso la carenza di sonno e lo stress provocano l’esordio acuto di insonnia, trasformandosi nel tempo in un problema
cronico. Pensieri del tipo “io non dormo mai” oppure “finirò di lavorare domani mattina ma tanto so che non riuscirò a riposare” diventano in poco tempo messi in relazione al coricarsi e ogni conferma non fa che rafforzare questo schema.

INSONNIA E ALIMENTAZIONE

Alcune abitudini alimentari possono contribuire a determinare insonnia.

L’alcol è un sedativo.
Può farci addormentare più facilmente ma può disturbare il sonno nella seconda parte della notte.

La caffeina è uno stimolante.
Tutti dovrebbero conoscerne le caratteristiche e usarla come aiuto per affrontare la giornata, al mattino, o per sentirsi più produttivi nel pomeriggio.
Assumere caffeina con moderazione è normale per la maggior parte delle persone, ma un uso eccessivo può chiaramente causare insonnia: chi beve quattro o più tazzine di caffè o bevande contenenti caffeina al giorno ha maggiore probabilità di provare almeno un sintomo di insonnia per almeno due notti ogni settimana.

Pasto serale.
Alimentarsi con pasti troppo abbondanti o con cibi eccessivamente conditi prima di andare a dormire disturba solitamente il sonno. Chi presenta insonnia dovrebbe riflettere
anche sulla alimentazione e sulla scelta dei cibi.
Il consiglio più semplice è mangiare poco e bene prima di coricarsi.

I SINTOMI DELL’INSONNIA

La maggior parte di noi ha sicuramente sperimentato brevi periodi di insonnia: quasi tutti sanno come ci si sente a guardare il soffitto per ore e a desiderare che giunga il sonno.
Talvolta questo accade in viaggio e il jet lag è una esperienza ormai comune a molti. Altre volte siamo preda dell’ansia e delle varie circostanze della vita.
Come possiamo distinguere un normale e transitorio problema del sonno da una forma più grave di insonnia che richiede una visita e forse un trattamento medico?

I soggetti con insonnia presentano generalmente questi sintomi:
1. Problemi a addormentarsi.
2. Difficoltà a mantenere il sonno.
3. Risveglio anticipato la mattina.
4. Sonno non ristoratore.
5. Sensazione di affaticamento.
6. Deterioramento cognitivo (per esempio difficoltà di concentrazione).
7. Disturbi dell’umore.
8. Problemi comportamentali (per esempio irritabilità, impulsività o aggressività).
9. Difficoltà al lavoro o a scuola, con scarso rendimento.
10. Alterazione dei rapporti interpersonali (con familiari, amici, medico, colleghi).

Un paziente che soffre di insonnia deve valutare in che misura il disturbo sia in grado di modificare la sua vita. Se è sopraffatto dalla sensazione di stanchezza, ha una bassa produttività al lavoro e non riesce a divertirsi con amici e familiari o non segue più un hobby, significa probabilmente che potrebbe trarre beneficio da una visita medica. Specialmente se ha già tentato di curare il disturbo da solo e con scarso successo.
Anche la dimensione temporale (da quanto tempo si manifesta, per quante ore, in che periodo della notte) è un sintomo da indagare con attenzione.

È opportuno chiamare il medico se l’insonnia si manifesta da più di tre mesi, ma anche prima se è severa e causa fin dall’inizio una grave riduzione del sonno (maggiore di tre-quattro ore per notte).

Sarebbe eccessivamente pericoloso provare a condurre una vita di lavoro, relazioni, spostamenti con l’auto in queste condizioni.

Da non trascurare la possibilità che a causare il risveglio sia una tachicardia (una accelerazione patologica della frequenza cardiaca) o l’aumento della pressione arteriosa.
Una ragione in più per verificare la propria salute notturna con il medico.

Infine, anche un risveglio che si presenta costantemente intorno alle tre del mattino deve spingere a una visita medica; alla base vi è molto spesso un disturbo della funzione tiroidea, un reflusso gastro-esofageo non diagnosticato o una condizione di ansia.

TRATTAMENTI FARMACOLOGICI PER L’INSONNIA

È necessario superare un gap culturale molto rilevante: dobbiamo con maggiore energia comunicare ai pazienti che è ora di smettere di credere all’esistenza di una “pillola miracolosa” per il sonno o all’illusione che una sola visita possa risolvere un problema cronicizzato di insonnia.

Molto spesso la realtà ci indica come sia indispensabile una giusta quantità di tempo per un’adeguata anamnesi, per test diagnostici accurati e poi per le scelte terapeutiche, come avviene per patologie croniche quali il diabete e l’ipertensione arteriosa.

La necessità di una gestione articolata e multidisciplinare delle cure è ancora più pressante per i pazienti (probabilmente fino al 30%) con patologie del sonno combinate tra loro.

In primo luogo, dobbiamo distinguere tra sostanze non soggette a prescrizione medica e altre per le quali questa è indispensabile.
Determinare quale farmaco può essere giusto dipende dal tipo di insonnia diagnosticata e da altri fattori riguardanti la salute dell’individuo.

Gli obiettivi del trattamento farmacologico sono:

1. Migliorare la qualità e la quantità del sonno.
2. Migliorare le funzioni diurne compromesse.
3. Ridurre il tempo che impieghiamo a addormentarci, una volta coricati nel letto (latenza del sonno) e i risvegli dopo l’addormentamento.
4. Aumentare stabilmente il tempo totale di sonno.

Gli elementi che uno specialista considera nella scelta di un farmaco per l’insonnia dovrebbero essere correlati a diversi fattori:
a. Tipo di sintomo.
b. Obiettivo del trattamento.
c. Risposte a trattamenti pregressi.
d. Preferenze del paziente.
e. Costi.
f. Valutazione e disponibilità di altri trattamenti.
g. Condizioni di coesistenza di altre patologie.
h. Controindicazioni dei farmaci proposti o già praticati.
i. Interazioni farmacologiche con altre sostanze che il paziente deve assumere.
l. Effetti indesiderati.

CONSIDERAZIONI

Se nell’affrontare la prescrizione di una dieta per un bambino iperalimentato e obeso vi è un’unanime consapevolezza che il lavoro dovrà essere svolto sia sul piccolo sia sulla sua famiglia, in pochi hanno preso coscienza di quanto sia invece problematico identificare e annullare gli stimoli che derivano dalla pubblicità o da nuovi modelli alimentari.
Questi, senza controllo, agiscono sul giovane in questione e rappresentano forse il vero ostacolo alla riduzione del peso nelle persone.

Stesso discorso per il sonno e la sua cronica privazione.
Anche in questa situazione non va ignorata la potenza degli stimoli esterni che spingono a una vita lavorativa e sociale senza orario, ma che a differenza del cibo potrebbero essere controllati con maggiore giudizio, talora rinunciando a qualche ora persa davanti a schermi che ci illudono di aver trovato il nostro spazio vitale.

Ciò che invece risulta oggi pericoloso per la nostra salute è la consapevolezza che il dormire venga sacrificato non per scelta personale, ma per induzione.

In altre parole, i sistemi di vita attuali considerano il sonno come un momento comprimibile a piacimento; nessuno, all’apparenza, si cura del fatto che un soggetto, privato di un riposo efficiente, evidenzi fin da subito sintomi da carenza di sonno, come abbiamo già ampiamente visto; a livello sociale, questi segnali si combineranno rapidamente in un minore senso critico generale e in ultima analisi le persone potrebbero risultare più disponibili a comportamenti massificati (o ad acquisti inutili).

Guardo sempre con diffidenza le pubblicazioni o gli articoli che spendono parole in favore dei brevi dormitori, di stili di vita prevalentemente notturni (non per lavoro), con l’esaltazione delle imprese letterarie o cinematografiche di chi dorme quattro-cinque ore per notte o anche meno.
Chi ne scrive, quasi sempre, non ha mai visitato un paziente né curato una disfunzione del sonno, ma potrebbe essere in grado di disinformare le persone meno consapevoli con falsi miti e idee fuorvianti.

Per molti individui, oltre otto milioni in Italia, l’insonnia si protrae per periodi superiori all’anno, talora per diversi anni, incrementando la sua incidenza con il progredire dell’età.
Tanti, troppi soggetti, tentano soluzioni empiriche al problema e acquistano farmaci, prodotti da banco o sostanze in erboristeria senza prescrizione medica con un incauto atteggiamento “fai da te”, che raramente conduce alla soluzione del problema; piuttosto lo cronicizza.

Curare l’insonnia è un atto medico.

E’ necessario proteggere con cura il nostro sonno e quello dei nostri cari, dall’infanzia alla vecchiaia, al pari del mangiare o del bere.

Se desideri saperne di più, leggi il mio “Decalogo per un sonno perfetto” utilizzando il link: https://www.polisonnografia.it/decalogo-sonno-2/

Se desideri un appuntamento presso il Centro Multidisciplinare per la ricerca e la cura dei disturbi del sonno a Roma o Napoli, chiama i seguenti numeri:

3475930259
3475982287

BIBLIOGRAFIA

Peverini F: E’ facile dormire se sai come farlo. BUR Rizzoli 2016 ISBN 978-88-17-08718-6

Peverini F: Lo scenario onirico nel paziente con disturbo respiratorio nel sonno, Mente e Cura 2012

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IL RISCALDAMENTO CLIMATICO POTREBBE COMPROMETTERE LA DURATA E LA QUALITÀ DEL SONNO ?

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29.06.2025

Garantirci un sonno adeguato è essenziale per la salute fisica e della mente.
Il sonno fisiologico è caratterizzato da due fasi: fase NREM (non-rapid eye movement) e fase REM (rapid eye movement). Qualsiasi disturbo a questi periodi di sonno (molto differenti tra loro) può determinare scarsa qualità del sonno, che a sua volta potrebbe portare a gravi problemi di salute, tra cui malattie respiratorie croniche, problemi di salute mentale, disturbi muscoloscheletrici, malattie cardiovascolari e metaboliche, stanchezza cronica, incidenti alla guida o nel lavoro e anche facilitare l’insorgenza del cancro.
I problemi del sonno sono oggi una preoccupazione globale crescente. I principali Centri del sonno nel mondo hanno segnalato un'elevata prevalenza di scarsa qualità del sonno nella popolazione generale, con un trend che indica come più di una persona su tre soffra di disturbi del sonno. Pertanto, identificare e curare i fattori di rischio e i disturbi del sonno è fondamentale per alleviare il carico di malattia complessivo correlato al sonno stesso.
Anche la temperatura ambientale influenza il sonno, sebbene esistano ancora diverse lacune nella conoscenza di tutti i meccanismi coinvolti.

LA REGOLAZIONE DEL SONNO
La regolazione del sonno, in altre parole il meccanismo con cui si compie ogni notte il passaggio da veglia a sonno e poi il mantenimento dello stesso fino al risveglio del mattino, dipende principalmente da tre fattori, definiti “processi”:
Il primo è il processo circadiano, legato al ritmo giorno-notte, cioè che si ripete ogni ventiquattro ore (curiosamente che nell’uomo questo ritmo è in realtà di venticinque ore), come la rotazione della Terra intorno al proprio asse. Questo processo è controllato da un orologio biologico interno, un pacemaker naturale del ritmo sonno-veglia. È, inoltre, un meccanismo che non dipende da abitudini personali.
Il secondo è il processo omeostatico, che mira a mantenere un livello costante. Questo meccanismo di controllo del sonno è capace di autoregolarsi e, pertanto, di mantenere in un equilibrio stabile le caratteristiche dell’automatismo sonno-veglia. È determinato dalla durata della veglia precedente, dunque è definito meglio “propensione al sonno per stanchezza”.
Il terzo è il processo ultradiano, che compare più volte nella giornata e regola l’alternanza del sonno non-REM e REM. Un meccanismo che appartiene ai processi ultradiani è quello che regola la temperatura corporea e la sintesi di molti ormoni: tutte situazioni che influenzano il sonno.
Nel 1997, alcuni ricercatori americani hanno identificato un gene che regola la produzione di una proteina i cui livelli sono intimamente legati ai ritmi circadiani: il gene clock (“orologio”). Questo gene regola anche diverse funzioni biologiche del corpo come quella riproduttiva, della crescita, dell’appetito, della temperatura corporea.
E proprio la temperatura corporea è risultato essere uno dei fattori più importanti del determinare la massima propensione al sonno tra le 23 e l’una del mattino.
Nel nostro organismo, gli orologi biologici sono molti. In diversi organi (testicoli, ovaie, reni, stomaco, solo per citarne alcuni) sono state infatti ritrovate delle cellule particolari, che autonomamente presentano una attività elettrica ciclica nell’arco delle ventiquattr’ore, anche se isolate in provetta.

SONNO E AUMENTO DELLE TEMPERATURE GLOBALI
La relazione esistente tra il sonno, la luce naturale e la temperatura ambientale, rapporto condizionato anche dalla luce elettrica, dall’uso crescente di apparati retroilluminati, dal riscaldamento domestico in inverno e da tanto altro, può servire a comprendere i meccanismi del sonno?
Si può trarre qualche conclusione utile ai nostri tempi di cronica privazione del sonno?
Forse.
Oggi, alla luce dell’enfasi attribuita al rischio di catastrofici effetti dei cambiamenti climatici su ambiente ed esseri viventi, viene suggerito che l’associazione tra temperatura ambientale e disturbi del sonno sia più rilevante, sia a livello individuale che sociale.
Le ricerche hanno mostrato solide associazioni tra temperatura ambientale più elevata e disturbi del sonno nella popolazione generale.
Temperature medie giornaliere più elevate potrebbero ridurre la durata totale del sonno e aumentare le probabilità di riposo insufficiente. Si è inoltre scoperto che temperature elevate potrebbero influenzare significativamente la composizione del sonno, in particolare riducendo la durata e la continuità del sonno profondo.
Gli effetti negativi delle alte temperature sul sonno sarebbero più pronunciati negli anziani, nelle donne e negli individui obesi, nonché negli ambienti ad alta umidità.
E’ stato quindi previsto un aumento della privazione generale del sonno con una diminuzione della durata totale di sonno nel corso di questo secolo.
Da notare che l'aumento del disturbo del sonno dovuto al cambiamento climatico non è distribuito uniformemente su tutto il pianeta o all’interno dei singoli stati. Alcune regioni geografiche potrebbero essere più evidentemente colpite.
Inoltre, le prove raccolte dai ricercatori suggeriscono che l’importanza degli effetti di un'elevata temperatura interna (il proprio ambiente domestico) tende ad essere notevolmente maggiore rispetto a quella di un'elevata temperatura esterna dello stesso grado, suggerendo che gli studi che esaminano le relazioni tra temperatura esterna e sonno potrebbero effettivamente produrre stime incomplete.
I cambiamenti climatici sono una sfida molto ardua al tentativo che pure gli esseri viventi pongono in atto nel tentativo di adattarsi alle importanti variazioni ambientali.
E come se tutto questo non bastasse, il continuo fluire di notizie su disastri ambientali e catastrofi climatiche nei nostri media, si è iniziata a osservare quella che gli psicologi chiamano " ansia climatica ", un terrore esistenziale che tiene le persone sveglie.

IN CHE MODO LE ALTE TEMPERATURE INFLUISCONO SUL CORPO?
Disidratazione. Per contrastarla è necessario bere abbastanza acqua per assicurarsi di reintegrare quella persa attraverso la minzione, la sudorazione e la respirazione.
Surriscaldamento. L’aumento della temperatura corporea può essere un serio problema per chi soffre di patologie cardiache o respiratorie. I sintomi includono formicolio, mal di testa, ansietà e nausea.
Esaurimento. Si verifica quando il corpo inizia a perdere acqua o sali minerali in quantità significative. Debolezza, svenimenti o crampi muscolari sono solo alcuni dei sintomi più rilevanti.
Colpo di calore. Se la temperatura corporea raggiunge i 40 °C o più, può verificarsi un colpo di calore. I sintomi sono simili all'esaurimento da calore, ma la persona può perdere conoscenza, avere la pelle secca e paradossalmente smettere di sudare.

La diagnosi di insonnia è generalmente clinica, basata su un'accurata valutazione medica dei sintomi, delle abitudini di sonno e delle condizioni di salute generali.
Se necessario, possono essere utilizzati test diagnostici o esami strumentali come la polisonnografia, per escludere altre patologie.

Se l'insonnia è persistente o grave, è importante consultare uno specialista, che potrà indirizzare il paziente verso una terapia adeguata, anche con modifiche dello stile di vita e comportamentali o talvolta con l’uso ragionato di farmaci.

In conclusione, dormire bene la notte dovrebbe essere una priorità assoluta per la nostra salute.
Con alcuni accorgimenti pratici al nostro ambiente e alle nostre abitudini, possiamo adattarci ai cambiamenti, promuovendo al contempo soluzioni climatiche più durature che dovrebbero aiutare tutti a dormire meglio.

BIBLIOGRAFIA
Climate warming may undermine sleep duration and quality in repeated-measure study of 23 million records. Nature Communications volume 16, Article number: 2609 (2025)

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Prof. Francesco Peverini - i disturbi del sonno, diagnosi e cura

Tutto quello che dovreste sapere sul sonno e i suoi disturbi

Perché talvolta si fa fatica ad addormentarsi o il sonno viene interrotto una o più volte per notte? Come si può spiegare che dopo 8 e più ore di sonno ci si possa svegliare stanchi e sentirsi tutt’altro che riposati e durante il giorno essere irritabili, ansiosi, scarsamente attenti? Accade almeno al 25% degli italiani. E il 50% delle persone, almeno una volta, ha sperimentato cosa sia dormire male.

Troppe tendenze culturali, portano oggi a pensare che dormire sia poco più che un fastidio, un ostacolo alla nostra efficienza h24. Ma vedere compromessa anche una sola notte di sonno, quale ne sia il motivo, rende la giornata che segue praticamente improduttiva. Ci si sente intontiti, irritabili, si commettono errori anche banali e, all’improvviso, semplici attività sembrano diventare complicate.

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