Dott.ssa Angela Mocciola - Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa

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Dott.ssa Angela Mocciola - Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa Psicologa, Psicoterapeuta, Sessuologo Clinico approccio Umanistico Integrato. Ordine psicologi Lazio Erich Fromm, in Buddismo Zen e psicoanalisi.

”L’analista analizza il paziente, ma anche il paziente analizza l’analista, poiché l’analista, condividendo l’inconscio del paziente, non può fare a meno di chiarire il proprio inconscio. Quindi, l’analista non solo cura il paziente, ma è anche curato da lui”. La psicoterapia è un atto di creatività, condivisione, empatia e competenza in continuo apprendimento. La relazione terapeuta-paziente è il

fulcro del lavoro. Mi occupo, in modo specifico, di Sessualità umana che immagino sempre come una "strada" che percorriamo nel nostro mondo interiore e contemporaneamente nel mondo esterno, grazie alla quale esploriamo noi stessi, fino a raggiungere la parte più segreta, più profonda e più sconfinata di noi. La nostra sessualità necessita di essere più rispettata e approfondita, sebbene sia il "luogo" naturale più intimo e profondo di noi, poiché gli enormi tabù, apparentemente superati, hanno continuato a relegarla a quella nostra parte più sconosciuta e silenziosa nonostante l'illusione di una conquistata libertà.

Leggete questa recensione “polifonica” ed incuriositevi al libro
14/07/2025

Leggete questa recensione “polifonica” ed incuriositevi al libro

GABRIELE BRONZETTI - Nel cuore degli altri - Aboca Edizioni
“E se il cuore è un organo, allora che suoni”
Il cuore è il centro dell’universo.
Lo racconta in maniera visionaria e poetica Gabriele Bronzetti, cardiologo che ha visto morire suo padre di scompenso cardiaco, in un libro straordinario che parla di arte e musica, di letteratura e di cinema.
Sono i potenti strumenti della narrazione che ogni giorno Bronzetti mette in atto per spiegare ai suoi pazienti l’anomalo funzionamento dell’organo muscolare, vascolare e nervoso più importante del nostro corpo.
Un percorso allegorico e metaforico che, grazie ai riferimenti a film, romanzi e opere musicali, ne fa uno scrittore (ancora prima che un dottore) colto e poetico capace di citare le storie e le opere di Frida Kahlo, Gustav Mahler e Krzysztof Kieslowski fino a “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd o alla pellicola “La prima notte di quiete” con Alain Delon.
E se il cuore di un feto è un’anima di 21 grammi simile a una piccola fragola (nella cultura egizia il Dio Osiride pesava il cuore del defunto sul piatto di una bilancia mettendo sull’altro piatto una piuma di struzzo: solo se il cuore era puro o leggero come quello della piuma il defunto guadagnava l’accesso all’aldilà) Bronzetti traspone in “Nel cuore degli altri” il battito irregolare di una fibrillazione atriale nei suoni di un’orchestra o nei colori di un dipinto.
È così che una ecografia che rileva una malformazione o una anomalia diviene uno strumento creativo capace di aprire mondi soggettivi costruendo una nuova relazione con l’organo che è nel nostro petto e stimolando il nostro cervello a definirne la ricca simbologia di immagini e suggestioni.
Se Alessandro Bergonzoni scrive “Ho il cuore in mano, dunque i polsini insanguinati” noi confessiamo spesso di avere “il cuore a pezzi”, un “cuore di pietra” o di essere “senza cuore”.
I capitoli di questa opera illuminante sono 21, esattamente come il peso dell’anima degli Egizi.
Ventuno storie per un libro necessario e imperdibile.
Per trasportare il nostro cuore all’esterno del corpo scoprendo così quando questo abbia, dagli albori della vita, influenzato e permeato la natura dell’uomo.
Paolo

27/05/2025

Lo stupore e la meraviglia, lo struggimento e la commozione, la bellezza e l’umanità..questo e molto di più è il programma imperdibile “I dieci comandamenti:che ci faccio qui”. Immensa gratitudine per Domenico Iannacone 🙏🙏🙏🌹🌹🌹

Grazie 🌹
09/05/2025

Grazie 🌹

FARE SILENZIO
Il silenzio non è un punto di arrivo ma un metodo. Non si tratta infatti di rimanere in silenzio come ammutoliti e aridi; si tratta piuttosto di imparare a mettere a tacere la mente che, come una radio perennemente accesa dentro di noi, non ci lascia mai in pace. Si tratta di "imparare semplicemente a essere", ma siccome il nostro essere dipende per la gran parte dalla nostra mente, visto che tutto quello che facciamo o non facciamo nasce da lì, al fine di essere dobbiamo imparare a gestire la mente e il flusso di pensieri disordinati che continuamente la riempiono. Per interrompere questo flusso incontrollato, occorre imparare a fare silenzio. Il silenzio in oggetto non corrisponde quindi al mutismo esteriore; è piuttosto definibile come quiete interiore. Scrive Thich Nhat Hanh: "Quando riusciamo a trovare spazio e calma dentro di noi, irradiamo senza sforzo pace e gioia. Siamo in grado di aiutare gli altri e di creare un ambiente più curativo intorno a noi senza pronunciare nemmeno una parola".

25/04/2025

"Quasi sempre, noi non incontriamo gli altri,
ma le opinioni che abbiamo su di loro;
non incontriamo le loro visioni
ma la nostra reazione alle loro visioni,
non usciamo quasi mai dallo schema
della ragione e del torto.
Perdere questa fissità trasforma
ogni secondo della vita".

C.Livia.Candiani

Obbligatorio vederla
18/04/2025

Obbligatorio vederla

Arriva al Palazzo Velli Expo in piazza di Sant'Egidio 10 la mostra "Psichiatria e Diritti Umani: dai manicomi agli psicofarmaci storie di contenzione e sedazione”. L’esposizione si sviluppa attraverso un percorso storico che inizia...

La definirei una serie Urgente, Necessaria e Reale come poche altre. Bisogna vederla anche se fa male per entrare in que...
07/04/2025

La definirei una serie Urgente, Necessaria e Reale come poche altre. Bisogna vederla anche se fa male per entrare in quel mondo misterioso che è sempre l’adolescenza e anche in quello dei genitori oramai sperduti 🌷

Il paradosso e la gioia di accorgersene. Grazie Makkox 🙏🌷
29/03/2025

Il paradosso e la gioia di accorgersene. Grazie Makkox 🙏🌷

Leggete e soprattutto ascoltate 🎶🎶🎶
20/02/2025

Leggete e soprattutto ascoltate 🎶🎶🎶

La musica ha un impatto diretto sui nostri stati d'animo e sulle nostre emozioni 🎵 Ecco 8 affascinanti esempi...

Se non avete visto questo film urgente e imperdibile..leggete questa recensione dopo averlo visto. Affrettatevi prima ch...
12/02/2025

Se non avete visto questo film urgente e imperdibile..leggete questa recensione dopo averlo visto. Affrettatevi prima che lo tolgano dalle sale 👍👍👍

𝑰𝒐 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒂𝒏𝒄𝒐𝒓𝒂 𝒒𝒖𝒊
𝐋𝐚 𝐫𝐞𝐜𝐢𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐅𝐞𝐫𝐧𝐚𝐧𝐝𝐚 𝐓𝐨𝐫𝐫𝐞𝐬
Recensione di Gianni Canova

Mater dolorosa.
Mater superba.
Mater furiosa.
Mater lacrimosa.
Incarna ed imprime sul suo volto tutte le espressioni e le sfumature della maternità ferita l’attrice Fernanda Torres nei panni di Eunice Paiva, moglie di un deputato laburista brasiliano sequestrato a casa sua da alcuni militari in borghese e strappato per sempre a lei, ai cinque figli e alla vita. Siamo a Rio de Janeiro all’inizio degli anni ’70. Dal 1964 il Brasile è nelle mani di una dittatura militare che sequestra, tortura e fa sparire tutti coloro che ritiene dissidenti e oppositori. I Paiva sono una famiglia felice. Libera e felice. Vivono in una grande casa luminosa e piena di libri che dà sulla spiaggia di Copacabana, amano il cinema (si citano La cinese di Godard e Blow up di Antonioni), la musica (John Lennon, Bob Marley, Gilberto Gil), i viaggi. E si amano. Ma la ferocia ottusa e sorda del potere irrompe in casa loro all’improvviso e distrugge tutto. Fine della luce, della libertà, della gioia di vivere. Il regista Walter Salles (che conosceva di persona i Paiva, e da ragazzo era amico dell’unico figlio maschio di Eunice) fa sprofondare il film nel buio: la prima cosa che fanno i torvi sgherri armati e in borghese che entrano in casa di prepotenza è chiudere le tende. Quasi a separare il dentro e il fuori. La luce e l’ombra. Il prima e il dopo. Dopo ci sono corridoi angusti, pavimenti sporchi, cappucci neri, rantoli e urla, interrogatori e protocolli, ricatti, sospetti e torture. Ma non è necessario mostrare tutto ciò in maniera sfacciata. Salles sceglie il registro del pudore e affida alla sua protagonista Fernanda Torres il compito di incarnare per noi la cognizione del dolore e la dignità di un’umanità offesa ma non piegata, non succube, mai sottomessa. Eunice combatte in silenzio. Caparbia e tenace. Ha perso il marito, il futuro, i soldi (le banche non le consentono di prelevare senza la firma del marito scomparso). Vuole tutelare i figli dalla tragica scoperta della verità. E deve convivere con gli agenti dei servizi segreti che le sia piazzano in casa o stazionano in modo permanente sulla strada per spiare ogni suo minimo gesto. Subisce minacce a avvertimenti continui, Eunice. Ma non si dà per vinta. Non piange (quasi) mai. Sorride perfino al fotografo di un giornale che vorrebbe da lei un’espressione più contrita e addolorata. È dignitosa anche nel dolore. Con una prossemica contenuta e una straordinaria economia di gesti e sguardi Fernanda Torres dà vita a una figura di madre indimenticabile: nessuna esagerazione, niente iperboli o sottolineature melodrammatiche. Con discrezione e misura, ma anche con indomita fierezza, la sua Eunice non cessa di indagare sulla scomparsa del marito (solo nel 1996 il governo brasiliano ne certificherà la morte, ma il corpo non verrà mai ritrovato). Intanto studia, si laurea a 48 anni e diventa un’attivista dei diritti umani. Storia vera, storia amara. Storia di dignità e brutalità. Storia di resistenza. Cose che sapevamo già? Quand’anche fosse, certe cose non si sanno mai abbastanza. Non bisogna mai smettere di raccontarle. E Walter Salles lo fa da sempre, fin dal suo celeberrimo Central do Brasil, 1998, la cui protagonista, Fernanda Montenegro, ormai 95 enne, nella vita madre di Fernanda Torres, interpreta nella scena finale Eunice novantenne, sulla sedia a rotelle e divorata dall’Alzheimer: quasi un passaggio di testimone da un’attrice all’altra, da madre a figlia, dentro un’idea di cinema che si offre a tutti noi proprio come testimonianza. Non a caso la figlia maggiore di Rubens e Eunice gira in continuazione filmini in Super 8 e Eunice li guarda e riguarda, nonostante la loro grana sfuocata, le inquadrature tremolanti e imprecise, perché lì – come nelle fotografie onnipresenti nella casa dei Paiva – c’è l’impronta di una felicità possibile che solo il cinema sa conservare con tale intensità emozionale. Se Rubens Paiva è ancora qui è grazie al film che lo racconta. È il cinema che sottrae noi tutti al nostro destino di inevitabile transitorietà. Proprio per questo film come quelli di Walter Salles sono preziosi e necessari: perché ci ricordano come il cinema può essere argine e contrasto ai tanti totalitarismi e alle tante autocrazie che – oggi come ieri – vorrebbero cancellare e nascondere il ricordo dei loro crimini. Meriterebbe l’Oscar, Fernanda Torres. E a chi pensa che storie come queste non ci riguardano vale la pena di ricordare che fino al 2023 in Brasile governava un certo Bolsonaro, dichiaratamente nostalgico del regime militare dei Gorillas. Del resto anche oggi non sono pochi i paesi al mondo in cui chi non si allinea e non ossequia il potere viene fatto sparire. Nel silenzio e nel buio, senza neanche un film che lo faccia essere ancora qui.

01/02/2025

Ecco quando ascolto questa sintesi sulla creatività umana..un impeto di gioia mi attraversa 🙏grazie, Vito Mancuso

Se volete provare una semplice profonda felicità.. guardate questo film 💫
12/01/2025

Se volete provare una semplice profonda felicità.. guardate questo film 💫

Appena uscito su RaiPlay LUNANA: IL VILLAGGIO ALLA FINE DEL MONDO dovete vederlo. Lo amerete. Profondamente. È un viaggio che dovete concedervi ad occhi e petto spalancati. E vi sentirete meglio quando scorreranno i titoli di coda, perché seppur familiare, rassicurante nella sua messa in scena, seppur spudoratamente dolce: risulta così puro di spirito e "aperto" che viene voglia di respirarlo, di riempirsene i polmoni.

Scritto, diretto e prodotto da un regista esordiente - Pawo Choyning Dorji - il film si sviluppa come una favola buddista per i nostri tempi moderni. Un'opera che si potrebbe trovare tranquillamente in un vocabolario del cinema sotto il lemma: "incantevole". Un'opera benedetta anche da un nomination all'oscar come miglior film straniero.

La storia, essenziale e profonda come un haiku ben composto, è quella di un insegnante disilluso che trova un senso alla sua vita (e un nuovo uso per lo sterco di yak) mentre insegna nella scuola più remota del mondo.

Lunana cattura il contrasto tra la vita cittadina e la sopravvivenza nei piccoli villaggi in un modo che risuona oltre le specificità culturali, rendendo il divario comprensibile a tutti con un tono commovente, ma mai moralistico.

Guardatelo, oggi stesso. È un balsamo di semplicità dopo la sovrabbondanza e l'opulenza di queste feste ormai alle spalle.



Officine UBU

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Via Di Sant'Erasmo, 12, Roma RM
Rome
00184

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