Dott.ssa Valentina Scoppio - Psicologa Psicoterapeuta

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Dott.ssa Valentina Scoppio - Psicologa Psicoterapeuta Psicologa - Psicoterapeuta - Analista Transazionale Nella mia pratica clinica, nel mio studio a Roma, mi occupo di consulenza e supporto psicologico.

Questa pagina ha lo scopo di fornire spunti di riflessione su tematiche legate alla psicologia, al confronto e allo scambio di opinioni. Non fornisco consulenze tramite Facebook, invito chiunque ne abbia bisogno a rivolgersi ai professionisti più adeguati. Psicoterapia. Colloqui individuali. Supporto durante i percorsi di Procreazione Medicalmente Assistita, sterilità e infertilità, ansia, attacch

i di panico, fobie, compulsioni, ossessioni, depressione, lutto, perdita, separazione, divorzio, abbandono, difficoltà relazionali e affettive, fasi critiche della vita, disagio e conflitto col partner, con i figli o nel rapporto familiare, problemi di autostima, senso di vuoto, inefficacia, paura di vivere, solitudine, dipendenze, mobbing, disturbi dell’alimentazione, difficoltà di gestione di esperienze traumatiche, problematiche legate alla sfera sessuale individuale e di coppia, problematiche dell’identità, disturbi di personalità. Qualsiasi pubblicazione relativa alla pubblicità di altri siti o pagine Facebook effettuata sulla mia pagina senza autorizzazione, verrà rimossa. La maggior parte delle immagini inserite in questa pagina sono prese da internet; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d'autore, non esitate a comunicarmelo e provvederò a rimuoverle.

“C'è stato un tempo in cui davo riparo a chiunque, aprivo le porte e aggiungevo posti a tavola.Credevo che l'amore fosse...
05/08/2025

“C'è stato un tempo in cui davo riparo a chiunque, aprivo le porte e aggiungevo posti a tavola.
Credevo che l'amore fosse sinonimo di restare, ma la vita mi ha insegnato che ci sono visite che non meritano di fermarsi.
Ho imparato che ci sono mani che sanno solo svuotare e voci che tacciono proprio quando ne hai più bisogno.
Ora la tavola è piccola, ma è in pace e vi siedono solo coloro che comprendono che condividere non significa solo prendere, ma restare quando la luce si spegne”.

Francisco Javier Zárate

🖼️ Illustrazione di Bubble

03/08/2025

“Là dove ci andrebbe la vergogna, la gente ci mette l'arroganza”.

Autore Anonimo

02/08/2025

Ci vuole un coraggio straordinario per mantenere la gentilezza quando si è stati feriti e crepati dalla vita. Per restare aperti alla speranza senza trasformare il dolore in una bandiera da sventolare. Sono tante le persone che non si lasciano spegnere dalla disillusione, che non si arrendono all’indifferenza, che continuano a credere anche quando il mondo sembra vuoto e soprattutto che continuano a sperare, anche solo per riuscire ad alzarsi dal letto e per affrontare un’altra giornata.

C’è una forza rara in chi attraversa il buio a passi lenti ma costanti, in chi si prende cura di sé e degli altri con gesti semplici, quasi invisibili.

È un regalo che la vita mi fa quando li incontro a studio, quando quelle storie diventano un po’ anche mie, e ne sono grata perché arricchiscono l’anima e sono d’ispirazione, perché nonostante il dolore, la ferocia di certe esperienze, la crudezza di certe storie c’è una dolcezza, un’autenticità, una dignità negli sguardi e nei toni che è come una finestra che ha la luce accesa dentro anche quando fuori tutto sembra spento. VS

02/08/2025

Non avevo mai letto con attenzione il testo della canzone di Fiorella Mannoia “Che sia benedetta”…

Ho sbagliato tante volte nella vita
Chissà quante volte ancora sbaglierò
In questa piccola parentesi infinita, quante volte ho chiesto scusa e quante no
È una corsa che decide la sua meta, quanti ricordi che si lasciano per strada
Quante volte ho rovesciato la clessidra
Questo tempo non è sabbia ma è la vita che passa, che passa
Che sia benedetta
Per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfetta
Per quanto sembri incoerente e testarda, se cadi ti aspetta
Siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta
Tenersela stretta
Siamo eterno, siamo passi, siamo storie
Siamo figli della nostra verità
E se è vero che c'è un Dio e non ci abbandona
Che sia fatta adesso la sua volontà
In questo traffico di sguardi senza meta
In quei sorrisi spenti per la strada
Quante volte condanniamo questa vita
Illudendoci d'averla già capita
Non basta, non basta
Che sia benedetta
Per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfetta
Per quanto sembri incoerente e testarda, se cadi ti aspetta
Siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta, a tenersela stretta
A chi trova se stesso nel proprio coraggio
A chi nasce ogni giorno e comincia il suo viaggio
A chi lotta da sempre e sopporta il dolore
Qui nessuno è diverso, nessuno è migliore
A chi ha perso tutto e riparte da zero perché niente finisce quando vivi davvero
A chi resta da solo abbracciato al silenzio
A chi dona l'amore che ha dentro
Che sia benedetta
Per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfetta
Per quanto sembri incoerente e testarda, se cadi ti aspetta
E siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta
A tenersela stretta
Che sia benedetta

📌 È vero la vita non è giusta, non è semplice, non è sempre gentile, anzi a volte è spietata e crudele. A volte pesa, a volte stanca, a volte ci fa inciampare mille volte sullo stesso punto. Eppure, nonostante tutto, è un dono. Non uno di quelli facili da scartare col sorriso, non proprio, ma uno che si impara ad accettare, giorno dopo giorno, anche con le sue spine e le sue crepe.

Questa canzone la sento vicina perché non ha paura di dire le cose come stanno. Parla di errori, di tempo perso, di cadute ma anche di forza, di dignità, di quella bellezza che nasce solo quando smettiamo di rincorrere la perfezione e iniziamo a riconcere il valore di ogni singolo passo anche storto e incerto.

Perché sì, vivere è un casino. Ma è anche l’unica occasione che abbiamo. E allora, che sia benedetta. Anche oggi, anche così. VS

01/08/2025

Ci incaponiamo, ci incastriamo, ci convinciamo che se solo lui smettesse di fare così, se lei finalmente capisse, se l’altro cambiasse una virgola… allora noi saremmo finalmente felici, tranquilli, in pace. Ma la verità, dura, scomoda e dolorosa è che non accadrà.
O almeno, non quando lo vogliamo noi. Non come lo vogliamo noi.

E noi soffriamo. Soffriamo da morire, aggrappati all’illusione che il nostro equilibrio emotivo dipenda da qualcuno là fuori. Ci deresponsabilizziamo. Delegare la nostra serenità a un altro è comodo. È doloroso, terribilmente doloroso, ma comodo. Perché ci esonera dalla parte più difficile, guardarci in faccia e dire “sono io che mi sto facendo questo, sono io che lo permetto”.

Il paradosso dell’impotenza è questo, vogliamo controllare chi non è controllabile, vogliamo modificare ciò che non ci appartiene. L’altro, il suo carattere, le sue scelte, le sue mancanze. Ma più cerchiamo di forzare quel cambiamento, più ci allontaniamo da noi stessi. Più ci svuotiamo e più cediamo potere.

E allora restiamo lì, incastrati nella speranza che se l’altro cambia, ci sentiremo finalmente abbastanza amati, visti, sicuri, importanti...
Ma non funziona così. Non ha mai funzionato così. E purtroppo mai funzionerà così. Quel bisogno non è dell’altro, è nostro. E finché non lo riconosciamo, lo proietteremo ovunque, su chiunque, tranne che dove realmente si può agire... dentro di noi.

Perché ci ostiniamo così tanto? Perché è più facile inseguire un sogno irrealizzabile che affrontare una realtà scomoda. È più rassicurante illuderci che la chiave sia fuori di noi, che accettare di dover ristrutturare tutto il nostro mondo interiore (è un lavoraccio, ma fondamentale). È più familiare soffrire in un dolore conosciuto che avventurarsi nell’ignoto del cambiamento personale.

La verità è che l’altro potrebbe non cambiare mai. E ne ha il diritto. Come spesso dico ai miei pazienti, ognuno è libero di essere ciò che vuole, anche se a volte significa scegliere di essere egoista, distante, o perfino uno stron*o.
È assurdo, sì lo so, ma è così. Non abbiamo il potere (né il diritto) di trasformare qualcuno in ciò che non vuole essere. Possiamo però scegliere di non restare incatenati alla sua scelta. Possiamo smettere di soffrire, non perché l’altro diventa migliore, ma perché smettiamo di consegnargli le chiavi del nostro benessere.

La libertà comincia lì. Quando ci riprendiamo il potere, quando capiamo che la nostra vita non può essere ostaggio di chi non vuole, non sa, o non può darci ciò che chiediamo.

Ricordiamolo sempre, il dolore non si elimina, non esistono scorciatoie, vie di fuga, incantesimi, il dolore si deve attraversare e piano piano a quel punto si può trasformare. Quando smettiamo di aspettare che l’altro sia diverso… e iniziamo a esserlo noi. Perché se è vero che non posso controllare cosa fai tu, posso scegliere cosa faccio io con ciò che provo... e lì cambia tutto. VS

01/08/2025

Alla fine, quello che ci salva non è dimenticare. È scegliere ogni giorno di non diventare come chi ci ha feriti.
È restare fedeli a noi stessi, anche quando il mondo ci mette alla prova. È riconoscere che quello che ci è successo dice molto di chi ci ha fatto del male, e molto poco di quanto valiamo davvero noi.
E questa, nel caos delle ingiustizie quotidiane a cui siamo tutti potenzialmente esposti, è la forma più potente di libertà. Non dimentichiamolo. VS

“Odio l’estate. Odio il mese di agosto fino al giorno di Ferragosto.Tutti partono e ci chiedono se anche noi partiremo. ...
01/08/2025

“Odio l’estate. Odio il mese di agosto fino al giorno di Ferragosto.
Tutti partono e ci chiedono se anche noi partiremo. Impossibile rispondere, quando siamo nel numero di quelli che non hanno voglia né di partire né di restare.
[...] io non trovavo il mondo triste, lo trovavo bellissimo, solo che a me per qualche ragione oscura era vietato di celebrarne le radiose giornate, così non potevo che cercare e amare l’autunno, l’inverno, il crepuscolo, la pioggia e la notte. Scopersi, in seguito, che una simile sensazione non ero io sola a provarla, che era una sensazione comune a molti, perché molti come me in qualche istante della loro esistenza si sono sentiti esclusi e mortificati dall’estate, giudicati per sempre indegni di raccogliere i frutti dell’universo. Molti come me allora hanno odiato lo splendore abbagliante del cielo sui prati e sui boschi. Molti come me ai primi segni dell’estate si sentono in angoscia come all’annuncio di una disgrazia, perché in essi risorge lo spavento del giudizio e della condanna”.

Natalia Ginzburg
(estratto dell’articolo di Natalia Ginzburg, “Odio l’estate”, uscito su La Stampa il 22 agosto del 1971).

📌 a chi di voi si sente così. VS

31/07/2025

Negli ultimi giorni, tra una chiacchiera veloce qua e là e le sedute in terapia, ho sentito tanti pensieri simili. Pezzi di vita sparsi, che raccontano più o meno tutti la stessa storia. Potrei chiamarli "Pensieri su come sopravvivere alle vacanze, a quelle già fatte, a quelle che non ci sono mai state e a quelle che devono ancora arrivare".

C’è chi torna dalle ferie più stanco di prima, chi non è riuscito a partire e si sente deluso e amareggiato, chi dice che le vacanze sono volate e adesso tutto sembra più pesante.
C’è chi aspettava agosto come fosse la salvezza, e ora conta i giorni per tornare alla normalità. Chi non è mai riuscito davvero a staccare, e chi deve ancora partire ma già sente il peso di dover per forza “stare bene”. E c’è chi, pur non partendo, si sente già esausto.
Insomma, le vacanze sono una questione complicata. Spesso sono più una corsa che una pausa: più cose da fare, meno riposo, più confusione, qualche litigio in più.

Sopravvivere alle vacanze significa togliersi dalla testa l’idea che dobbiamo viverle tutte alla perfezione, come nei post su Instagram (tutti sorridenti, tutti felici, tutti abbronzati, tutti al top…).
Significa concedersi il diritto di annoiarsi, di non avere piani fissi, di fare niente senza sentirsi in colpa. Perché il vero riposo non sta nelle foto o nei luoghi visitati, ma in quei momenti lenti, piccoli e autentici che spesso dimentichiamo.

Poi ci sono le vacanze finite, quelle che lasciano un vuoto strano, quel senso di “bello ma adesso che si fa?” che arriva quando tutto torna com’era, con le solite cose da fare e i soliti problemi.
Sopravvivere a queste vacanze significa anche imparare a lasciarle andare. Tenere i ricordi senza cercare di riviverli o renderli qualcosa di più di quello che sono: pezzi di noi, belli ma finiti.

E infine, ci sono quelli che le vacanze non le hanno mai fatte o non le fanno da tanto. Per scelta o perché non hanno potuto. Per lavoro, soldi, per salute, per stanchezza o semplicemente perché non è stato il momento. Spesso si sentono tagliati fuori da un rito collettivo, come se gli mancasse qualcosa.

Ma non fare vacanze non vuol dire non vivere o non potersi riposare. Vuol dire trovare il proprio modo di prendersi una pausa: un pomeriggio senza fretta, una passeggiata, un caffè bevuto con calma, un po’ di giardinaggio spensierato... Perché il tempo non si misura solo in giorni di ferie, ma anche in quelle pause vere e godute che ci concediamo.

In fondo, la vera sfida non è sopravvivere alle vacanze, ma a quello che pensiamo debbano essere: perfette, divertenti, indimenticabili. E invece no. A volte basta solo sopravvivere al fatto che sono un po’ quello che sono. E va bene così.
Andiamo in vacanza se ne abbiamo voglia. Restiamo se preferiamo. E soprattutto, impariamo a concederci il vero riposo, quello senza cartoline e senza post fighissimi, quello che si sente dentro quando siamo in pace con noi stessi. Allora si che siamo davvero in vacanza ed è anche gratuita 😉 VS

Ci sono giorni o periodi interi in cui il sonno smette di essere un rifugio sano. Non è più riposo, ma diventa un aneste...
31/07/2025

Ci sono giorni o periodi interi in cui il sonno smette di essere un rifugio sano. Non è più riposo, ma diventa un anestetico, un letargo, una sorta di pausa forzata dalla realtà. Non dormiamo per ricaricarci, dormiamo per non esserci.

Ci succede quando dentro è troppo… troppa ansia, troppo dolore, troppa pressione... La mente, schiacciata e satura, non riesce più a restare sveglia e allora il corpo è come se la prendesse per mano e la portasse via. Spegne tutto e il sonno diventa un modo per “sparire senza sparire davvero”.
La mente entra così in una sorta di stand-by emotivo, è un meccanismo di difesa, spesso inconscio.
I neurotrasmettitori che ci tengono attivi e motivati (dopamina, serotonina, noradrenalina) crollano e all’opposto sale il cortisolo, l’ormone dello stress. Il sistema nervoso a quel punto è come se tirasse il freno a mano e noi cadiamo nel sonno, non perché siamo stanchi nel senso classico, ma perché il dolore e il rumore interno, sono insostenibili.
È come se il corpo ci dicesse: “Non possiamo più stare svegli a sentire tutto questo, è troppo”.

Quando la mente fa così e ci “spegne”, lo fa per proteggerci da una realtà che ci fa troppo male, dall’ansia che non si spegne, dal senso di vuoto, da aspettative che non riusciamo più a sostenere, da un conflitto che non vogliamo guardare… Il sonno, in questi casi, non è riposo diventa proprio una porta chiusa a chiave, ma dall’interno.

È fondamentale però distinguere una grande stanchezza “sana”, da questa forma di fuga, perché non tutto il bisogno di dormire è patologico. Il corpo a volte ha davvero solo bisogno di riposare, ma ci sono segnali chiari che possono aiutarci a capire cosa ci sta accadendo.

La Stanchezza sana (che richiede un riposo fisiologico):
▪️Arriva dopo uno sforzo reale, fisico o mentale.
▪️Dormiamo e ci svegliamo più lucidi, anche se non sempre al massimo.
▪️Abbiamo appetito, desiderio di movimento e voglia di fare.
▪️Il sonno ci ricarica, anche se lentamente.

Stanchezza come fuga (che diventa un’anestesia emotiva):
▪️Dormiamo anche tante ore, ma ci svegliamo più vuoti di prima.
▪️Non c’è desiderio, né fame, né contatto, né curiosità… niente
▪️Il sonno non ci ricarica, semplicemente ci spegne.
▪️Vorremmo solo dormire per non pensare, non sentire e in fondo per non esserci.

Se ci ritroviamo in questo secondo caso è proprio importante ascoltarsi:

Smettiamo di fingere che sia solo stanchezza, chiamare le cose con il loro nome è il primo passo per riprenderne il controllo.

Parliamo con qualcuno di cui ci fidiamo, anche solo dirgli “mi sento spento” rompe l’isolamento interno.

Esponiamoci poco alla volta, cominciamo con aprire una finestra e respirare aria fresca, uscire per 5 minuti, ascoltare una voce familiare… Non serve scalare l’Everest, basta non affondare in silenzio.

Cerchiamo uno psicologo/psicoterapeuta, non possiamo e non dobbiamo fare sempre tutto da soli, consideriamola una sorta di “manutenzione emotiva”. Se ci pensiamo bene, nessuno si vergogna di farsi curare una gamba rotta, perché dovremmo sentirci strani se abbiamo bisogno di curare una mente stanca?

Dobbiamo trovare il coraggio di guardarci in faccia e chiederci:
“Da cosa sto scappando?”, “Perché voglio solo dormire e sparire?”
Finché non lo facciamo resteremo in una specie di letargo che per proteggerci ci toglie giorno dopo giorno, sia tempo che vita. Ed è un vero peccato. VS

31/07/2025

Il dolore represso non se ne va. Non sparisce solo perché facciamo finta che non ci sia. Anzi, si infila dentro piano piano, in silenzio, nelle nostre pieghe più profonde. Si nasconde sotto la pelle, si camuffa tra gli impegni delle giornate piene, nelle risate forzate, nei “tutto bene” che diciamo per non dover spiegare niente a nessuno. Ma lui resta lì e prima o poi torna a farsi sentire.

Magari all’improvviso. In un momento qualsiasi, senza un vero e proprio motivo. Una reazione esagerata, un senso di vuoto che non sappiamo spiegarci, un malessere fisico che non ha cause chiare. Oppure nelle relazioni, quando qualcosa dentro di noi pesa troppo, ci schiaccia anche se non sappiamo più bene cosa sia.

Lo reprimiamo perché ci hanno insegnato così. Che sentire è pericoloso, che mostrarsi fragili è sbagliato, che bisogna tenere duro e andare avanti. E allora facciamo i forti. Rimandiamo, ci diciamo che “non è il momento” e che “passerà da solo”. Ma dentro di noi qualcosa si incastra, si accumula e ci comincia a stringere e a soffocare.

La verità è che il dolore non è il personaggio cattivo della storia (anche se sembra così, lo so). Non vuole rovinarci o farci male, è solo un segnale, un messaggio della mente che chiede attenzione e cura. Se lo ignoriamo troppo a lungo, pur di farsi ascoltare cambia forma. Non bussa più: entra a forza, a volta con violenza, sfonda la porta... diventa ansia, apatia, stanchezza che non va via nemmeno dopo ore di sonno e tante altre cose a cui fatichiamo a dare spiegazioni razionali. E lì capiamo che non l’avevamo superato, per niente, l’avevamo solo messo da parte.

Reprimere, a volte, è necessario, serve per andare avanti, per sopravvivere, ma non può diventare l’unica risposta.
Ad un certo punto dobbiamo trovare il coraggio di guardarci dentro. Anche solo per poco, per dirci: “Ok, sto male. Ma è un mio diritto e posso affrontarlo”.

Perché il dolore, se lo ascoltiamo, smette di urlare, ci lascia spazio, si calma, ci allenta la gola e ci fa respirare. Affrontarlo non è facile, lo so, ma è necessario. Nessuno, però, può farlo al posto nostro. E continuare a ignorarlo non ci rende forti, ci tiene solo in ostaggio e ci condanna a vivere una vita di sofferenza. È una nostra responsabilità prenderci cura di noi, anche quando fa male. Soprattutto quando fa male. VS

La frase che sento ripetere più spesso è “non ne posso più”, i nervi sono tesi, la stanchezza aumenta e la pazienza dimi...
30/07/2025

La frase che sento ripetere più spesso è “non ne posso più”, i nervi sono tesi, la stanchezza aumenta e la pazienza diminuisce.
Quant’è grande la vostra borsa “porta-pazienza”? VS

30/07/2025

Per me, tra le cose più preziose, ci sono la gentilezza e la delicatezza. Non perché siano rare in assoluto, ma perché spesso passano inosservate in un mondo come il nostro che corre, che è distratto e spesso duro e ruvido.
Eppure, sono proprio quei gesti leggeri, fatti con cura e presenza, che lasciano un segno vero, che ci toccano sul serio come una carezza benefica sull'anima.
Non fanno rumore, ma arrivano dove serve. E forse, oggi più che mai, sono ciò di cui abbiamo più bisogno. VS

Indirizzo

Largo Millesimo 19
Rome
00168

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