17/02/2024
A partire dalla sintesi del primo antipsicotico, ormai più di 70 anni fa, tutti gli antipsicotici sono stati caratterizzati dal fatto di bloccare i recettori della dopamina. Certo, si poteva discutere se il farmaco in questione bloccasse prevalentemente i recettori D2 oppure i D1 o i D4; oppure se il blocco dei recettori per la dopamina fosse accompagnato anche da una azione di blocco di certi sottotipi del recettore per la serotonina (come accade nei cosiddetti antipsicotici di seconda generazione); ma che gli antipsicotici dovessero bloccare, anche se in misura variabile, i recettori della dopamina sembrava un fatto fuori discussione. Almeno finora. Infatti, è ormai in fase avanzata di sperimentazione un farmaco che non agisce per nulla sulla dopamina, ma piuttosto sui recettori della aceticolina. Va da sè, che - pur se agendo su recettori che non hanno nulla a che fare con quelli della dopamina - il nuovo farmaco (che si chiama xanomelina) - finisce comunque per modulare la via dopaminergica che dal mesencefalo conduce al sistema limbico: da qui gli effetti terapeutici. Ma il fatto di non interferire direttamente con i recettori della dopamina spiegherebbe la mancanza di effetti collaterali parkinsoniani, così caratteristici - anche se in modo variabile - di tutti gli altri antipsicotici. Se la medicina arrivasse finalmente nelle farmacie si tratterebbe sicuramente di una grande novità, dato il pesante pedaggio (in termini di parkinsonismo iatrogeno) che alcuni pazienti continuano a pagare.