14/11/2024
Settimo episodio della serie
I RACCONTI CHE CURANO
dal titolo
QUEL CUORE MATTO
buona lettura
QUEL CUORE MATTO
In questo “racconto che cura”cercherò di mischiare la scienza medica con il racconto di un caso clinico vissuto realmente, raccontando i fatti e spiegando la malattia.
Non sempre il paziente si fa visitare in tempo.
Chiameremo Maria, la protagonista di questo racconto. Un nome fittizio per assicurarne la privacy.
La signora Maria, una allegra settantenne, prese l’appuntamento al mio Centro Medico Preventivo, non perché avesse sintomi particolari, ma per capire se andava tutto bene. Conosceva tante persone che venivano da noi per eseguire il check up ecografico completo - come mi disse lei stessa - persone molto più giovani di lei, e quindi decise dì prendere un appuntamento e di farsi visitare in ottica prevenzione.
Brava Maria - le dissi, mentre le facevo l’anamnesi - il trucco della prevenzione è proprio questo: farsi controllare preventivamente, quando si sta bene, quando non è presente nessun sintomo.
Cosa emerse dall’anamnesi non mi allarmava certamente, anche se le conseguenze delle sue cattive abitudini di vita, iniziavano a manifestarsi. Maria non era proprio quella che si dice una persona attenta alla linea. Aveva una circonferenza del girovita abbondante perché aveva sempre mangiato senza controllo quello che le pareva. Era sempre stata una buona forchetta e fino ai 60 anni non aveva mai avuto problemi di linea. Consumava troppi carboidrati e troppi grassi, anche se la quota di fibre che derivano dal consumo di frutta e verdura era comunque buona.
E poi Maria non sopportava l’attività fisica. Non l’aveva mai fatta e non riusciva neppure ad immaginarsi una vita movimentata da periodiche camminate o pedalate. Quando le chiesi se avesse mai corso, anche in gioventù, mi ricordo che mi rispose senza parlare ma ruotando la testa a destra e sinistra mentre le parti’ dalla bocca una fragorosa risata.
Ed il risultato di tutto questo, lo immaginavo già prima che rispondesse alle mie domande: era diabetica ed ipercolesterolemica.
L’unica nota positiva era la mancanza di fumo. Non aveva mai fumato una sigaretta in vita sua.
Mai avuto nessun sintomo degno di nota. Mi segnalò solo una cosa. Aveva una storia, documentata, di extrasistolia, ovvero di tanti battiti cardiaci prematuri, a volte anche molto noiosi perché simulano un’ aritmia cardiaca. Inizialmente Maria si era fatta visitare dal cardiologo, ma poi non fece più caso a quei battiti accelerati. L’extrasistolia, visto che non era continuativa e che si presentava sporadicamente non l’aveva mai spaventa più di tanto.
E cominciai gli esami.
Nessuna patologia tumorale in nessuno degli organi analizzati durante il check up e quindi tiroide, mammelle, linfonodi, ghiandole salivari, fegato, reni, milza, colecisti e vie biliari, pancreas, ed apparato ginecologico erano fortunatamente esenti da malattia.
Nelle arterie erano presenti, vista la presenza del diabete e dell’ ipercolesterolemia, alcune piccole placche aterosclerotiche. Erano presenti un po’ ovunque, alle carotidi, all’aorta addominale, ed alle arterie femorali. Queste placchettine indicavano che il suo rischio cardiovascolare fosse un po’ più alto della norma.
Ma furono i due successivi esami che determinarono gli eventi futuri di Maria.
L’eco cuore mise in evidenza una valvola mitralica calcifica ed ipomobile, cioè più rigida del normale e con una escursione minore dei suoi lembi.
Ma la cosa importante di tutta questa storia è che notai anche una dilatazione dell’atrio di sinistra. Abbastanza marcata. E collegai immediatamente questa dilatazione alla storia di extrasistolia che Maria mi aveva riferito nel l’anamnesi.
Ricordatevi questo, che poi è quello che pensai io immediatamente. L’ extrasistolia può determinare una dilatazione dell’atrio sinistro. E la dilatazione dell’atrio sinistro può essere alla base di una aritmia cardiaca che si chiama fibrillazione atriale.
Notai anche, una irregolarità dei battiti cardiaci. Altro indizio importante.
E, al doppler cardiaco, la mia attenzione fu catturata da un terzo indizio importante. Notai infatti un’ anomalia tipica del flusso trans valvolare mitralico. Tradotto in non medichese, notai che il flusso di sangue, che passa attraverso la valvola mitralica, presentava un anomalia. In poche parole l’onda doppler determinata da questo flusso, non andava bene, era anomala. Ne mancava un pezzo. Mancava l’onda A, tanto per tornare a parlare in medichese.
La mia diagnosi stava prendendo forma.
E l’elettrocardiogramma che eseguii pochi minuti dopo mi dette la conferma.
Maria aveva una fibrillazione atriale.
Cos’è una fibrillazione atriale?
La fibrillazione atriale è un’aritmia cardiaca. È l'aritmia cardiaca più diffusa nella popolazione e la sua prevalenza tende a crescere con l'aumentare dell'età.
In base ai dati del progetto FAI (Fibrillazione Atriale in Italia), realizzato dall'Istituto di neuroscienze del CNR e dall’Università di Firenze, un anziano su 12 è colpito da fibrillazione atriale per un totale di 1,1 milioni di soggetti affetti da questa aritmia in Italia. Lo studio ha inoltre permesso di dimostrare che, per effetto dei cambiamenti demografici, questi numeri saranno in costante crescita nei prossimi anni, fino a raggiungere 1,9 milioni di casi nel 2060.
Cerchiamo di spiegare un concetto difficile in poche parole.
Il cuore è diviso in 4 cavità: i 2 atri e i 2 ventricoli. In condizioni di normalità l’attività elettrica del cuore fa si che queste 4 cavità si contraggano in maniera armoniosa. In questo modo il cuore possiede una meccanica molto efficace per “pompare” il sangue nelle arterie.
Nella fibrillazione atriale l’attività elettrica degli atri è completamente disorganizzata. È molto veloce ed assolutamente non efficace per consentire una buona attività meccanica del cuore.
E perché diagnosticare la fibrillazione atriale e’ tanto importante ?
Perché la complicanza più grave della fibrillazione atriale è l’ictus. Un ictus che si chiama tromboembolico.
Ovvero.
Quando il cuore non si contrae in modo appropriato, come nella fibrillazione atriale, si favorisce, nell’atrio stesso, un ristagno di sangue, che si può coagulare e causare la formazione di piccoli trombi che sono come tante piccole pallottoline. Questi trombi - queste pallottoline - possono essere sparati dal cuore nel circolo sanguigno e ostruire una arteria cerebrale. L’ostruzione di una arteria cerebrale provoca l’ ictus.
Secondo uno studio del CNR, oltre un quarto dei 200mila ictus che si verificano ogni anno in Italia sono attribuibili alla fibrillazione atriale.
Chiesi a Maria se avesse la sensazione di aritmia o di “sfarfallio” nel petto, che sono sintomi tipici di una fibrillazione atriale. Ma Maria mi rispose di no.
In effetti la frequenza, ovverosia il numero dei battiti cardiaci, della sua fibrillazione atriale era molto bassa e quando la frequenza è bassa la fibrillazione non è avvertita dal paziente.
Come da protocollo, inviai Maria al pronto soccorso perché non sapevo quando questa fibrillazione fosse iniziata. Perché Maria non si era accorta di nulla. Perché Maria anche in quel preciso momento non aveva nessun sintomo.
E perché feci questo?
Cercherò di spiegarlo nella maniera più semplice possibile. Se la fibrillazione atriale persiste il paziente non corre nessun rischio.
Ma la fibrillazione atriale molte volte, torna spontaneamente ad un ritmo normale, cioè regredisce spontaneamente.
Ed è in questo momento che il rischio di avere un ictus si fa molto alto. Infatti il rischio maggiore si verifica nel momento in cui la fibrillazione atriale sparisce e si torna ad avere un battito cardiaco normale. In termini medici un battito cardiaco normale si chiama “ritmo sinusale”.
Ecco perché si deve tentare di far tornare un ritmo sinusale in maniera “controllata” in pronto soccorso.
Bene. Ma non è ancora finita. Vi chiedo un ulteriore sforzo di attenzione.
Se una fibrillazione atriale è iniziata da meno di 48 ore, allora si può cardiovertire, cioè si può far tornare, con i farmaci o con una specie di defibrillazione eletttica, il ritmo cardiaco alla normalità in maniera del tutto tranquilla e innocua.
Questo perché il sangue negli atri non ha ancora avuto il tempo di coagularsi ed allora i piccoli trombi - le pallottoline - che provocano l’ictus se sparati al cervello, non si sono ancora formati.
Ma se la fibrillazione atriale è iniziata da più di 48 ore allora non si può cardiovertire.
Ed ormai abbiamo tutti capito il perché. Perché dopo le 48 ore il sangue nell’atrio, comincia a coagularsi ed a formare i piccoli trombi che, in questo caso si, possono ve**re sparati al cervello e causare un ictus.
In questi casi che si fa in Pronto Soccorso?
Quando non si conosce l’epoca di insorgenza della fibrillazione atriale, proprio come successe a Maria, si inizia una terapia farmacologica anticoagulante, proprio per scoagulare il sangue, per evitare la formazione di quei trombi cardiaci che, ormai lo abbiamo capito benissimo, se sparati al cervello causano l’ictus.
Siete stati bravissimi. Avete compreso a pieno cos’è una fibrillazione atriale e il perché, se non si conosce quando è iniziata, non possiamo far tornare normale il ritmo del cuore.
Come vi dicevo, Maria stava bene, non aveva nessun sintomo. Ma era una paziente diligente e non provo’ neppure a chiedermi di rimandare la visita in pronto soccorso, come fanno coloro che non hanno ben capito la gravità della cosa.
Mentre si apprestava ad uscire dalla sala d’aspetto per essere accompagnata in pronto soccorso, Maria mi ringrazio’ e mi promise di tornare al Centro appena si fosse risolto il suo problema.
Ma Maria non ebbe il tempo di tornare a trovarmi.
In pronto Soccorso, prima che i medici potessero iniziare la terapia anticoagulante, il ritmo tornò sinusale spontaneamente e quello che di peggio poteva succedere, successe.
Maria aveva la fibrillazione atriale da alcuni giorni e il suo atrio sinistro era pieno di trombi, di quelle pallottoline tanto pericolose. L’atrio sinistro sparò nel circolo sanguigno uno di quei trombi, uno dei più grandi, che andò ad accludere uno dei rami arteriosi più grossi che irrorano il cervello causando un ictus ischemico massivo.
Maria fu ricoverata ma la sera stessa purtroppo mori’.
Molti casi simili mi sono capitati in ambulatorio e la maggior parte di essi ha avuto un lieto fine. Il paziente viene scoagulato farmacologicamente e successivamente il ritmo viene fatto tornare normale - sinusale - o con i famaci o con la defibrillazione.
Qualche paziente che non risponde ne ai famaci ne alla defibrillazione, viene fatto convivere con la fibrillazione atriale, facendogli assumere per sempre un anticoagulante.
Ma la vita va avanti senza grossi cambiamenti.
I tanti casi di fibrillazione atriale “scovati” durante il check up, tornano ai controlli annuali ringraziandoci per avergli salvato la vita.
Se la fibrillazione atriale non viene diagnostica in tempo, perché non da segno di se al paziente, in quanto a bassa frequenza, o perché il paziente non si sottopone agli esami specifici, può succedere quello che è successo a Maria.
Si può presentare un ictus. A volte anche mortale.
Maria è stata sfortunata. Si è presentata, al Centro Preventivo, alla nostra attenzione, quando l’atrio sinistro era già troppo dilatato da quegli episodi di extrasistolia.
E poi, quelle sensazioni di aritmia proprie dell’ extrasistolia, che Maria dopo varie viste cardiologiche, non considero’ più pericolose, saranno state semplici extrasistolie o già episodi di fibrillazione atriale? Tutte domande che non ebbero risposta perché Maria non effettuo’ mai gli esami che effettuò poi al nostro Centro di Ecografia preventiva.
Forse se fosse venuta prima, quando l’atrio sinistro non era ancora cosi tanto dilato, quando cioè il rimodellamento fibrotico, elettrico e meccanico del tessuto atriale sinistro non era ancora avvenuto, forse ora sarebbe ancora viva.
Anche la fibrillazione atriale, come tante malattie potenzialmente mortali, a volte non da nessun sintomo.
Ma gli esami specifici possono mettere in evidenza i fattori predisponenti. L’extrasistolia, la dilatazione dell’atrio sinistro, gli episodi di alterazione del ritmo cardiaco che possono sembrare innocue, sono segni che vanno tenuti in considerazione per evitare conseguenze importanti.
La prevenzione salva la vita. Maria lo ha capito troppo tardi.