
30/08/2025
Il LUTTO secondo Massimo Recalcati, psicoanalista italiano e allievo di Jacques Lacan, non è qualcosa da "guarire" nel senso medico del termine, ma è un processo psichico complesso che richiede tempo, elaborazione e trasformazione.
Ecco alcuni punti chiave del suo pensiero:
1. Il lutto come trauma e ferita del desiderio
Recalcati definisce il lutto come una ferita radicale del desiderio: la perdita dell’altro interrompe il nostro rapporto con il futuro, il senso e il desiderio stesso.
La morte dell’altro significativo (partner, genitore, figlio, amico) può far vacillare il nostro stesso essere.
2. Il rischio del lutto patologico
Un lutto non elaborato può diventare melanconia o depressione, cioè una forma patologica in cui il soggetto non riesce a "lasciar andare" l’oggetto perduto e si identifica con esso.
In questi casi, il soggetto non riesce a distinguersi dalla perdita, e trasforma la mancanza in annullamento del sé.
3. Elaborare il lutto significa far spazio alla mancanza
Per Recalcati, elaborare il lutto non significa dimenticare o cancellare il dolore, ma dare un nuovo senso alla mancanza.
Significa accettare che l’altro non c’è più, ma che il suo segno rimane inscritto dentro di noi, trasformandosi in memoria, in eredità simbolica.
Il lutto si elabora quando il soggetto riesce a reinvestire il desiderio, cioè a tornare a vivere, pur portando dentro di sé la mancanza.
4. La trasformazione del dolore in testimonianza d’amore
Recalcati parla anche della possibilità di trasformare il dolore della perdita in un atto d’amore, nel continuare a vivere anche in nome dell’altro, senza che questo significhi negarne l’assenza.
5. La scrittura, la parola, la cura
Parlare del lutto, scriverne, portarlo nella parola (come si fa in psicoterapia) è un atto essenziale.
Il lutto può essere elaborato attraverso la narrazione e la condivisione, che lo trasformano da ferita muta in segno vivo.
Come si può "guarire" dal lutto?
Accettando la mancanza, attraversando il dolore senza evitarlo, e riaprendo il desiderio alla vita, trasformando la perdita in una presenza simbolica.
Non si torna "come prima", ma si può tornare a desiderare, portando con sé il segno di chi non c'è più.