01/06/2020
Che cos'è la gruppoanalisi.
Dott. Aldo Schiavone
Il Cerchio Coirag Campania
Secondo noi "la Gruppoanalisi è allo stesso tempo un pensare e un fare".
Il pensare guppoanalitico rimanda agli aspetti teorici ed epistemologici; il fare gruppoanalitico, rinvia invece, a quegli aspetti maggiormente legati alla prassi terapeutica.
Quando pensiamo o conduciamo un gruppo di psicoterapia gruppoanalitico, dobbiamo sempre tenere a mente quattro concetti che costituiscono i baluardi su cui un gruppo si regge.
Questi concetti sono: la relazione, la circolarità, la trasformazione e la molteplicità. Alla luce di questa complessità potremmo provare a leggere la gruppoanalisi da tre vertici differenti: la soggettività plurale, la clinica e i rapporti con la dimensione sociale e politica.
La soggettività plurale. La mente, sia ontogeneticamente sia filogeneticamente, ha una fondazione storicistico-relazionale. L'idea di una mente multipersonale o costitutivamente gruppale equivale a concepire l'individuo come un nodal point intrecciato tra le maglie di una rete collettiva che lo precostituisce, attraversa ed emoziona. In altre parole, la soggettività evolve all'interno di una relazione tra un nascente, con la sua predisposizione biologica ad apprendere (ossia a prendere stabilmente dentro di sé) e un campo mentale familiare che, a sua volta, è iscritto e si collega con la più ampia cultura collettiva. Gli accadimenti esterni non vengono più visti come semplice proiezione di fantasmi o pulsioni interne, ma come fatti reali e presenti in un campo psichico intersoggettivo.
Freud affermava che l'Io non è più padrone in casa propria perché subisce le pressioni dell'Es, del Super-io e della realtà esterna. Nella prospettiva gruppoanalita questa casa è molto più affollata e popolata. I nostri genitori, nonni, antenati, amici e colleghi, così come i nostri contesti collettivi, etnici, antropologici e sociali, sembrano possedere le chiavi e , pertanto, avere, in un modo o nell'altro, libero accesso alle nostre abitazioni interne. la psicopatologia insorge quando la casa è talmente popolata da non lasciare alcuna autonomia al legittimo proprietario di poter ri-concepire gli spazi e di poter pensare a possibili ristrutturazioni o riammodernamenti.
La psicopatologia costituisce, pertanto, l'esito di un irrigidimento della rete di significazione che non consente al soggetto di ri-significare la matrice che ha originariamente concepito impedendogli di trasformare la cultura familiare e transpersonale e promuovere una qualche forma di discontinuità rispetto alla cultura degli antenati storicamente data.
Si parla in questo caso di matrice satura intendendo con questa un riempimento occlusivo da parte della famiglia (reale e/o interna) che non concepisce (non consenta la nascita di) alcuna autonomia del proprio figlio. Diversamente, la matrice
insatura lasciando spazi liberi di autonomia al suo proprietario, consente margini di possibilità creative e di nuobvi possibili arredi.
La clinica della gruppoanalisi.
Ritenere ogni individuo come l'espressione dei suoi molteplici contesti di appartenenza comporta da parte del clinico un certo modo di procedere nel suo lavoro psicoterapico. In primis, è necessario considerare un vero e proprio "errore terapeutico" focalizzare l'attenzione solo sul contesto psicologico del paziente tralasciando quello sociale con i suoi effetti.
Ne consegue che, dal punto di vista operativo, il fare gruppoanalitico implica il valorizzare la presenza e l’importanza dei molteplici contesti di appartenenza nel corso del trattamento. Ogni evento, comportamento, sintomo vanno quindi considerati
Come una comunicazione il cui messaggio va ricercato non solo a livello inconscio bensì a partire dalla rete di relazioni comunicabili esplicitamente e implicitamente delle quali il paziente fa parte e ne è parte.
La conduzione deve mirare a favorire la possibilità di esserci del gruppo. Il conduttore deve essere il garante dello spazio relazionale del gruppo, oltre a esserne come direbbe Foulkes il primo paziente.
A partire dalla visione della psicopatologia il gruppo deve porsi, tra i suoi obiettivi, quello di aiutare qualsivoglia paziente maggiormente intrappolato nel “fondamentalismo dogmatico” a trovare quella via di uscita “simbolopoietica” che possa consentirgli di ri-guardare, con occhi nuovi, quel mondo che lo ri-guarda.
Ovviamente, è bene sapere che il gruppo può essere vissuto come fonte di angoscia perché diviene il luogo dell’attraversamento e della messa in discussione della matrice familiare satura.
Gruppoanalisi sociale e politica.
Foulkes (sulla scia degli insegnamenti trasmessi da Elias) sostiene che è errato considerare le relazioni sociali come qualcosa che si colloca al di fuori dell’individuo in quanto errata è la stessa dicotomia dentro-fuori.
Non esiste un individuo separato dal sociale e al di fuori di esso. Come direbbe Dalal prendere il gruppo sul serio equivale a prendere sul serio il sociale. Qualsiasi gruppo è collocato in un tempo e in uno spazio. Qualsiasi cosa accade e accade nel tempo, vale a dire è un processo storico. Anche la pulsione dell’Es incontra la storia, attraverso il lavoro dell’Io pulsionale nel suo apprendere dall’esperienza inconscia, che pur negandola attraverso la pulsione di morte non può non tenerne conto se non con un gravoso prezzo da pagare. Tentativi che sappiamo portano al fallimento psicotico o alle patologie al limite quando gli oggetti del mondo prossimale
introiettati, per un motivo qualunque di natura traumatica, debordano o vengono rigettati.
Tale modo di concepire il sociale ha rivoluzionato anche il modo di intendere l’inconscio che da semplice luogo del rimosso diviene così inconscio sociale. (vedi le nevrosi attuali).
Il nostro lavoro clinico come psicoterapeuti gruppali, come si può vedere da queste brevi considerazioni, assume allora un valore politico e sociale di trasformazione delle coscienze.
Considerazioni liberamente tratte da Di Maria, Formica, Fondamenti di gruppoanalisi, Il Mulino ed.,2009
Dalal, F. Prendere il gruppo sul serio, Milano Cortina,2002 Elias, N. Il processo di civilizzazione, il Mulino, 1988