10/09/2020
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Condividiamo le parole di Massimo Recalcati, psicoanalista e saggista, relative ai tristi recenti fatti di cronaca.
Se "l’assenza della parola fa sorgere la violenza", come scrive su La Stampa, soffermarsi su questo scritto può alimentare la riflessione sull'importanza di saper riconoscere una modalità funzionale di espressione del malessere ricorrendo alla "Legge della parola".
«Quale è stata la sua colpa che ha meritato una punizione così atroce? La sua colpa imperdonabile è stata probabilmente quella di aver provato a portare la pace, di avere introdotto al posto della Legge dei pugni quella della parola. La sua colpa è stato il suo tentativo di evitare lo spargimento del sangue. Ma per l’umano, quando è preda al godimento della violenza, la parola suona sempre come un’offesa. Nel duello mortale, nella lotta spietata dei corpi, nello scontro fisico, nell’esercizio della violenza la parola è costretta a tacere. Anzi, si potrebbe dire che è proprio l’assenza della parola che fa sorgere la violenza. Il giovane W***y ha probabilmente provato a ricordare ai suoi assassini che l’umano è innanzitutto parola e dialogo. Costoro, invece, gli hanno voluto dire che la parola non conta nulla, che è nulla, che è nulla come era nulla la sua stessa vita»
https://www.massimorecalcati.it/images/La_Stampa_-_Massimo_Recalcati_-_8_settembre_2020.pdf
Al link, è possibile leggere l'articolo di Massimo Recalcati "Corpi come armi, così si alimenta il mito fascistoide", apparso su La Stampa di ieri.
Buona lettura!
In foto, Luchino Visconti, "Rocco e i suoi fratelli", 1960
SC