
05/03/2025
EYES UP, un progetto di ricerca condotto dalle Università di Trento, Bologna e Milano-Bicocca, ha evidenziato una correlazione diretta tra l’esposizione precoce agli smartphone e il declino delle capacità cognitive nei bambini, con particolare riferimento all’attenzione sostenuta, alla memoria e alla regolazione emotiva. L’ambiente digitale, infatti, modella il cervello secondo dinamiche di rapidità, gratificazione immediata e accesso istantaneo alle informazioni, alterando i meccanismi di apprendimento che, per loro natura, richiedono tempo, impegno e consolidamento progressivo.
In questo contesto, stiamo assistendo alla nascita di una generazione che non vive il presente, ma lo attraversa in modo passivo, abituata a ricevere risposte immediate e superficiali, incapace di tollerare l’attesa o la frustrazione. La costante ricerca di stimoli rapidi compromette la concentrazione e il pensiero critico, rendendo difficile il mantenimento di un ragionamento complesso e l’affrontare difficoltà senza soccombere alla demotivazione.
Ora che l’evidenza scientifica ha reso manifesto il problema, la vera questione è se siamo disposti a prenderne atto. Perché i ragazzi non sono la causa, bensì il sintomo di un fenomeno più ampio: è il mondo adulto ad aver introdotto la tecnologia senza fornire strumenti adeguati per governarla. Vietarne l’uso indiscriminato non è sufficiente; è necessaria un’educazione digitale consapevole, che insegni a sfruttare il potenziale della tecnologia senza diventarne prigionieri. La vera sfida non è disconnettere gli schermi, ma riaccendere la capacità di pensiero, riflessione e resilienza, restituendo alle nuove generazioni il controllo sulla propria mente.