
26/07/2025
La stanchezza è un input per approdare in terapia.
Le persone arrivano in terapia stanche, molte volte dopo tempo dalla prima volta che hanno iniziato ad avvertire i primi sintomi, con la testa impicciata a pensare a ciò che causa malessere, spesso senza condividere quello che frulla in pancia.
E in seduta quelle sensazioni negative e i vissuti dolorosi passano da essere sensazioni, poi pensieri poi parole che si sciolgono in un racconto.
Sì perché il pensiero di una persona che sta male da tempo è nebbioso, astratto, può essere ripetitivo e afinalistico. Significa che non porta ad alcuna conclusione, solo a un girotondo di visioni negative che in terapia si chiama “rimuginio”. Il rimuginio è una modalità di pensiero che dà l’illusione che, pensando assiduamente, riflettendo e analizzandosi si possa arrivare alla “soluzione”, ci si riesca a preparare al peggio o che si possa ridurre la probabilità che accada l’evento temuto. In realtà una mente impegnata a produrre pensieri negativi e ansiosi, nonostante avrà trovato almeno un buon motivo per farlo, si affossa sempre più e difficilmente potrà fare spazio ad altre prospettive.
“E se la situazione non cambia?”
“E se la situazione peggiora?”
“E se accadesse davvero?”
“E se domani mi sveglio e mi sento male?”
Questi sono esempi di pensieri che accendono il rimuginio, un modo di pensare le cose che a volte rischia di creare una barriera tra il pensiero e la pancia, tra quello che penso e mi dico e quello che sentirei faccia a faccia con la sofferenza più profonda.
La terapia che funge da contenitore, può far sentire al sicuro, più al sicuro per poter andare oltre quel rimuginio mettendo davvero le mani su ciò che c’è sotto perché pensare, pensare e pensare tiene tutto il movimento in testa e poco nella pancia = razionalizzo/mantengo il controllo pensando e non scomodo le emozioni in pancia…che chissà se mi conviene ad aprire quella porta.
Rallentare un pensiero ansioso, sfiduciato o malinconico che spesso sovrasta e cristallizza il vero problema, può rappresentare moltissimo nella partita con la sofferenza, concedendo istanti di vantaggio che potranno fare spazio a comprensioni più articolate e personali.