03/07/2023
VALUTAZIONE NEUROPSICOLOGICA DOMICILIARE
In alcuni casi, quando il/la paziente è impossibilitata a raggiungere il mio studio per difficoltà fisiche, accetto di effettuare la valutazione neuropsicologica richiesta in modalità domiciliare.
La domiciliare è molto intensa ed emotivamente impegnativa. Va affrontata con estremo tatto e in punta di piedi. Quando un paziente si reca in studio, può scegliere cosa mostraci e cosa no e molto spesso, proprio in questa scelta, si gioca la sua partita più grande. Quando siamo noi, clinici, in tali casi eccezionali, a recarci presso l’abitazione del/la paziente ritengo sia importantissimo entrare in punta di piedi in un luogo, la casa, che è il tempio dell’essenza della persona che ci apprestiamo a conoscere. Quel luogo parla delle sue abitudini, delle questioni più intime, della storia di quella famiglia, di storie che s’intrecciano con storie. È una esperienza multisensoriale, dove la vista delle foto di famiglia, delle riviste raccolte negli anni, di porte sfondate da calci rabbiosi, si mischia con gli odori, i profumi unici di ogni abitazione. Anche la temperatura è diversa da quella che ho lasciato nel mio studio. La luce è artificiale, i posaceneri pieni e le piante dimenticate in soggiorno. In mezzo a tale museo di esistenza umana, che resta il mio laboratorio di ricerca preferito, provo a farmi spazio, con la paura costante di invadere troppo. Finita l’immersione di ciò che è stato, mi viene offerta una sedia di fronte ad un lettino e su quel lettino ciò che è, scherzavo, è “ciò che è” il mio laboratorio di ricerca preferito.
Nonostante quel viso spento e qualche gesto ostile, scorgo negli occhi una flebile lucina che vorrebbe dirmelo che in fondo è contenta che io sia lì per Lei. Dice che tanto ormai da quel letto non ha più senso che qualcuno stia a sentirlo. Eppure parla, parla, e no, non è il lobo frontale il punto, e poi è orientata, nel tempo e nello spazio, molto orientata per essere su quel lettino da tempo…
Riesco a inserire i miei test, orologi, gettoni, domande, digit span e via di seguito. Tutte le prove nonostante la scarsissima motivazione vengono soddisfatte con buoni risultati. “Presti attenzione a ciò che le chiedo” faccio io - “Dottoré, ma finimula, tanto ormai da sto letto…”
Intanto, tra una prova e l’altra, parla, parla, di sacrifici, di esperienze, di delusioni... della sua lunga vita vissuta.
Io provo a raccogliere, contenere e concludere ma quasi non vuole lasciarmi andare. Raccolgo i miei strumenti, li ripongo nella mia borsa da domiciliare e mi fa “quindi si nni va?”. Io ringrazio e rinnovo la mia disponibilità a tornare qualora volesse. Vado per uscire, sono già con un piede fuori dalla porta, quando mi sento chiamare: “Dottoressa, dottoressa!”. Torno indietro, certa di aver dimenticato qualcosa. “U’ vidi ssu quadro?!” mi giro verso l’enorme quadro che occupava mezza parete – “Chissu i’ lu fici, mi piacinu i quadri!”
“È veramente bellissimo, signora! La ringrazio per avermelo mostrato.” Mi accenna un sorriso. Ho i peli dritti.
“A presto, signora!”.
“Sì!”.
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