Claudia Magistro Psicologa Psicoterapeuta

Claudia Magistro Psicologa Psicoterapeuta La psicologia è la mia passione e di questa passione ne ho fatto una professione.

🌱 Psicoterapia sistemico relazionale
🌱 Terapia EMDR 🌱 Corpo ed Emozioni 🌱 Tecniche di rilassamento
🌱 Psicologia dello sport
🌱 Coaching ICF Amo entrare in relazione con le persone che incontro e sono grata della fiducia che mi viene concessa. Mi pongo in ascolto, un ascolto empatico e curioso delle storie e delle esperienze di vita delle persone e sono gratificata quando le storie confuse e dolorose, si trasformano in narrazioni di senso che portano a cambiamenti significativi e di rinascita. Dopo essermi laureata in psicologia dell'età evolutiva, ho conseguito la specializzazione di psicoterapia sistemico relazionale. La mia esperienza si focalizza su percorsi individuali e di coppia/gruppi legati a disturbi dell'umore, ansia, fobie e attacchi di panico, oltre a difficoltà relazionali legati al ciclo di vita e a criticità legati ad eventi traumatici. Integro il mio approccio sistemico, con la terapia EMDR, avendo seguito la formazione EMDR Italia di II livello con Isabel Fernandez, utilizzo anche tecniche di rilassamento come il training autogeno e tecniche immaginative. Mi occupo inoltre di laboratori di crescita personale con l'obiettivo di migliorare la propria autostima, organizzo percorsi di gruppo su temi diversi, quali ad esempio comunicazione, emozioni e linguaggio del corpo. Conduco gruppi di Training Autogeno di Schultz utile per alleviare stress, disturbi del sonno e disturbi psicosomatici, per migliorare le performance lavorativa, scolastica e sportiva. In ambito aziendale, ho avuto esperienza in selezione e valutazione potenziale, ad oggi mi occupo di formazione manageriale. Sono coach ICF accreditata ACC e offro percorsi brevi di coaching, focalizzando le sessioni sui risultati e sugli obiettivi che il cliente intende raggiungere con un approccio concreto e pragmatico.

💫 Il valore psicologico della sorellanzaLa sorellanza è uno spazio relazionale in cui le donne si incontrano senza masch...
29/10/2025

💫 Il valore psicologico della sorellanza

La sorellanza è uno spazio relazionale in cui le donne si incontrano senza maschere, si riconoscono e si sostengono a vicenda.
È un cerchio simbolico — come quello dell’immagine — in cui le mani che si tendono verso il cuore al centro rappresentano l’intento di connettersi da cuore a cuore.

A livello psicologico, la sorellanza nutre bisogni profondi di appartenenza, accoglienza e riconoscimento.
Offre la possibilità di sentirsi viste, comprese e valorizzate, e diventa un fattore di forza e guarigione: dalla solitudine si passa alla condivisione, dal confronto alla crescita reciproca.

Nel gruppo ogni donna diventa specchio e testimone dell’altra, contribuendo a far emergere risorse interiori spesso dimenticate: coraggio, creatività, fiducia.
È un legame che non giudica, ma sostiene; non divide, ma unisce.

La sorellanza è, in fondo, un invito a ricordare che insieme si fiorisce. 🌸



29/10/2025
29/10/2025

Non puoi controllare tutto — e va bene così... perché puoi controllare tanto. Il segreto per una vita appagante? Circondarsi di chi sa trarre il meglio da ciò che puoi controllare. ❤️❤️❤️

Non puoi decidere come gli altri ti trattano, ma puoi scegliere a chi dedicare tempo, energie e cuore. È lì che nasce la vera reciprocità. ❤️

L'ascolto è il primo atto di protezione
28/10/2025

L'ascolto è il primo atto di protezione

La tragica vicenda accaduta in provincia di Palermo, che ha coinvolto due fratelli, vittime di violenze da parte della madre e del suo compagno, ci ricorda quanto sia fondamentale prestare attenzione ai segnali di disagio e imparare a leggere i comportamenti, anche quando la sofferenza non viene espressa apertamente.

Come sottolinea Enza Zarcone, Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Sicilia, «traumi di questo tipo incidono profondamente sulla personalità dei minorenni. Il corpo diventa luogo di dolore, mentre si spezza la fiducia negli adulti — tanto più quando la figura che dovrebbe proteggerti, come la madre, diventa complice dell’abuso».

Perché un percorso di recupero e di superamento del trauma sia possibile, è indispensabile la presenza di una rete di adulti capaci di ascoltare, accogliere e proteggere.

«Il malessere può essere visibile ma per coglierlo ci vuole uno sguardo allenato e contenitori opportuni. Uno di questi potrebbe essere l’educazione affettiva e sessuale nelle scuole: uno strumento di prevenzione e tutela» conclude.

L’ascolto è il primo atto di protezione.

Fonte articolo: Giornale di Sicilia

Quali di questi valori ti rappresenta di più in questo momento?A. Libertà 🕊️B. Sicurezza 🛡️C. Crescita 🌱D. Amore 💞E. Aut...
27/10/2025

Quali di questi valori ti rappresenta di più in questo momento?

A. Libertà 🕊️
B. Sicurezza 🛡️
C. Crescita 🌱
D. Amore 💞
E. Autenticità 🌿

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“Guarda cosa mi hai fatto fare”: il manifesto dell’abuso travestito da giustificazione
27/10/2025

“Guarda cosa mi hai fatto fare”: il manifesto dell’abuso travestito da giustificazione

“Guarda cosa mi hai fatto fare”: il manifesto dell’abuso travestito da giustificazione

“Guarda cosa mi hai fatto fare.”
È la frase emblematica dell’uomo violento.
Un tentativo disperato di rovesciare le responsabilità, di spostare la colpa, di salvare se stesso anche di fronte all’irreparabile.
È il grido distorto di chi non tollera l’idea che la donna che considerava sua proprietà abbia osato disobbedire, sottrarsi, scegliere di vivere senza di lui.

Alla base dei femminicidi non c’è un raptus, non c’è la follia improvvisa, c’è una cultura del possesso e dell’umiliazione.

Quella convinzione arcaica, persistente e velenosa secondo cui una donna che se ne va, che non obbedisce più, che rifiuta, che dice “no” è un affronto al potere maschile.

Un’offesa da lavare col sangue.

Il femminicida non uccide per amore, ma per ripristinare il proprio dominio simbolico, per punire quella che ha osato sfuggirgli e, nel farlo, lo ha esposto al ridicolo agli occhi degli altri uomini.

È la logica del controllo assoluto, del “se non sei mia, non sarai di nessuno”, radicata nel tessuto profondo di una società che ancora educa troppi uomini a confondere l’amore con il possesso e la virilità con la sopraffazione.

Poi arrivano le giustificazioni, sempre uguali:
“È stata lei a provocarmi.”
“Ho perso la testa.”
“Era disperato.”
Sono le carte del vittimismo maschile, le stesse che si giocano ogni volta che una donna subisce violenza: la colpa è del vestito, dell’alcol, dell’ora, del quartiere, della sua libertà.

È la retorica tossica della “colpa della vittima”, quella che stiamo vedendo ripetersi anche nella vittimizzazione secondaria, in cui la sopravvissuta viene interrogata, sospettata, colpevolizzata, mentre il predatore, che spesso agisce in branco, si autoassolve in nome della “ragazzata”.

Non è mai un episodio isolato.
È il prodotto sistemico di una cultura patriarcale che da secoli insegna agli uomini a esercitare controllo e alle donne a giustificare, comprendere, perdonare.

Ogni volta che un femminicida parla di “raptus”, ogni volta che un giornale titola “uccisa per gelosia”, si rinnova quel copione sociale in cui il carnefice diventa “vittima delle circostanze” e la donna viene ridotta a comparsa della sua stessa morte.

Il problema non è solo l’uomo violento — ma il sistema di narrazioni che lo legittima, che gli offre il microfono, che racconta la sua versione senza un minimo di analisi critica, senza un confronto con la realtà dei fatti, senza mettere in discussione il modello di maschilità tossica che produce tutto questo.

Finché continueremo a dare spazio mediatico alle giustificazioni degli aggressori, senza affiancare la voce della competenza, dei dati, dell’analisi psicologica e criminologica, saremo complici di quel meccanismo che trasforma la violenza in spettacolo e la vittima in nota a margine.

La verità è semplice, brutale, innegabile:
non è lei che “lo ha fatto impazzire” — è lui che non ha mai accettato di non possederla più.

E questa, in una società ancora immersa nel mito del dominio maschile, continua a essere la più intollerabile delle umiliazioni per questi maschi mai diventati veramente uomini.

17/10/2025

LA PLASTICITÀ DEL CERVELLO

Molte persone, di fronte alla possibilità di cambiare, si rifugiano dietro la frase “sono fatto così”, come se la personalità fosse una struttura immutabile. Ma la psicologia contemporanea ci dice il contrario. Una revisione sistematica ha analizzato decine di studi longitudinali e interventi terapeutici, dimostrando che i tratti della personalità possono cambiare in modo significativo e duraturo. Interventi mirati, come la terapia cognitivo-comportamentale, la mindfulness o l’allenamento alla regolazione emotiva, sono in grado di modificare aspetti profondi della personalità, come la coscienziosità o la stabilità emotiva.

Questo cambiamento è reso possibile dalla neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello di creare nuove connessioni neuronali in risposta all’esperienza. Le emozioni vissute durante esperienze significative, soprattutto se reinterpretate attraverso il reappraisal cognitivo, attivano circuiti dopaminergici che favoriscono l’apprendimento e il cambiamento.

In altre parole, non siamo condannati a ripetere gli stessi schemi: il cervello è programmato per evolversi, e la personalità può riflettere chi scegliamo di essere oggi, non solo ciò che abbiamo vissuto ieri. Abbandonare il “sono fatto così” significa aprirsi alla possibilità di una vita più consapevole, flessibile e autentica.

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Fonte: “A systematic review of personality trait change through intervention”, B.W. Roberts et al., Psychological Bulletin, 2017
Credit foto: primozong, vecteezy

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San Donato Milanese

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