Psicologa Psicoterapeuta Marzia Marra - Verona

Psicologa Psicoterapeuta Marzia Marra - Verona Riceve per appuntamento a Verona. Ordine degli psicologi del Veneto n. 8677

30/09/2025

PERCHÉ I BAMBINI CON FATICANO A FARE AMICIZIA?

I bambini con Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) possiedono spesso una vivacità e una creatività fuori dal comune, ma possono incontrare difficoltà significative nel costruire e mantenere relazioni amicali. Queste difficoltà non derivano da mancanza di desiderio di socializzare, bensì da una serie di caratteristiche neurobiologiche che influenzano il comportamento, la comunicazione e la regolazione emotiva.

Uno dei principali ostacoli è l’impulsività. I bambini con ADHD possono interrompere gli altri, agire senza riflettere o reagire in modo eccessivo a situazioni sociali. Questo può essere frainteso dai coetanei come maleducazione o aggressività, generando distanza e incomprensioni. Inoltre, la difficoltà nel mantenere l’attenzione può rendere complicato seguire le regole dei giochi, ascoltare gli altri o cogliere segnali sociali sottili, come il tono di voce o l’espressione facciale.

La regolazione emotiva è un altro punto critico. I bambini con ADHD possono passare rapidamente da uno stato emotivo all’altro, faticando a gestire frustrazioni, delusioni o conflitti. Questo può portare a litigi frequenti o a reazioni sproporzionate, che allontanano i compagni e rendono difficile la costruzione di legami stabili.

Non va trascurato il ruolo dell’autostima. Le esperienze ripetute di esclusione, rimprovero o fallimento sociale possono minare la fiducia in sé stessi, portando il bambino a ritirarsi o a sviluppare comportamenti difensivi. In alcuni casi, può emergere una maschera di iper-sicurezza o, al contrario, una tendenza all’isolamento.

Tuttavia, con il giusto supporto, questi ostacoli possono essere affrontati. Strategie come l’educazione socio-emotiva, il rinforzo positivo, la mediazione tra pari e l’accompagnamento empatico da parte degli adulti possono aiutare il bambino a sviluppare competenze relazionali e a costruire amicizie autentiche, anche molto profonde.

Simone Stabilini

30/09/2025

Dieci cose da sapere sull’ADHD

1. L’ADHD è una condizione neurobiologica, non una scelta di comportamento: non dipende da pigrizia, cattiva educazione o mancanza di volontà.

2. Esistono diversi tipi di ADHD
Non è uguale per tutti: alcuni hanno difficoltà principalmente nell’attenzione (ADHD inattentivo), altri nell’impulsività e iperattività, altri ancora in entrambe le aree (ADHD combinato).

3. L’ADHD non riguarda solo i bambini
Molti adulti vivono con l’ADHD.

4. La stanchezza mentale è reale: chi ha ADHD può arrivare a fine giornata esausto, anche se non ha fatto attività fisica. Il continuo sforzo di concentrazione, autocontrollo e adattamento sociale consuma molte energie.

5. La disorganizzazione non è sinonimo di disinteresse: dimenticare le cose, perdere oggetti o avere difficoltà a pianificare non significa che la persona non tenga a ciò che fa. È una manifestazione del funzionamento neurocognitivo.

6. La motivazione funziona in modo diverso: le persone con ADHD rispondono meglio a stimoli immediati, concreti e coinvolgenti. Le ricompense lontane nel tempo o le attività ripetitive possono risultare molto difficili da gestire.

7. La tecnologia può essere alleata o nemica: strumenti digitali possono aiutare nella gestione del tempo e dell’attenzione, ma anche diventare fonte di distrazione. Serve un equilibrio personalizzato, non regole rigide uguali per tutti.

8. L’ADHD può coesistere con altre condizioni: ansia, depressione, disturbi dell’apprendimento o del sonno sono frequenti. Serve una visione clinica integrata, non frammentata.

9. La scuola può essere un ambiente molto faticoso: tempi lunghi, richieste multiple, rumori e pressioni sociali possono generare sovraccarico.

10. Conoscere l’ADHD significa promuovere inclusione: capire questa condizione aiuta a costruire ambienti più equi, dove le differenze non sono ostacoli ma risorse.

Simone Stabilini

04/09/2025

Non è sempre quello che succede oggi...a far male.

È dove ti tocca.

Il punto esatto in cui qualcosa si era già spezzato molto tempo fa.
Una voce antica grida sotto pelle: ecco, lo sapevo. Anche stavolta non sei abbastanza.

Tu reagisci al presente, ma stai rispondendo al passato.

A una fame emotiva rimasta lì,
non sfamata,
non vista,
non accolta.

Chi ti ferisce oggi
non sa di stare calpestando il punto esatto in cui sei già andato in pezzi.

Non conosce la fatica che hai fatto per restare in piedi con addosso ferite mai nominate. Non conosce il peso di tutte le volte in cui hai fatto finta che andasse bene.

E così ... basta un silenzio,
uno sguardo che non si posa,
una parola nel momento sbagliato,
per riaprire la crepa che hai imparato a nascondere bene.

Quel vuoto antico che non hai mai saputo colmare,
se non chiedendo agli altri di essere ciò che nessuno è mai stato per te.

Ma col tempo impari a riconoscerlo.
Puoi accorgerti che stai cercando nell’altro una riparazione
che non arriverà da fuori.

Perché non è colpa tua se qualcosa è mancato.
Non è colpa tua.

E non devi continuare a farti male per colmare un vuoto che non hai creato tu.
Non eri sbagliato. Eri solo in attesa di qualcuno che restasse.

Guarire non è cancellare il dolore.
Significa smettere di condannarti per aver sentito troppo.
Significa sederti accanto a quella parte che ancora trema
e decidere che non la rinnegherai più.

Perché certe ferite non chiedono soluzioni.
Chiedono presenza.

E la presenza è una forma d’amore che puoi scegliere di darti adesso.
Anche se tremi.
Anche se non ti è stato insegnato.
Adesso.

Michele Lanotte

Dott. Gianmarco Ciavolino- Psicoterapeuta
31/08/2025

Dott. Gianmarco Ciavolino- Psicoterapeuta

31/08/2025

Non sottovalutate mai i bambini.

Perché loro vedono tutto.
Vedono quando vi scannate per una bolletta.
Vedono quando piangete in silenzio credendo che non vi senta nessuno.

Vedono quando ridete davvero, quella volta ogni tanto.
E si tatuano tutto dentro, senza filtri.

Non fatevi fregare dal fatto che giocano coi Lego mentre litigate in cucina:
i Lego sono un alibi, mica un anestetico.
Loro incollano un mattoncino e intanto registrano le crepe della casa.

E allora crescono col nodo in gola,
fingono di essere forti,
per non darvi un peso in più.
Ma dentro si fanno mille domande,
e nessuno gliele scioglie.

I bambini sono radar di emozioni.
Non gli puoi mentire con la voce,
perché loro ascoltano le vibrazioni, non le parole.
Non gli puoi mentire con il sorriso,
perché loro vedono il tremito negli occhi.
Non gli puoi mentire con la forza,
perché loro riconoscono il dolore travestito.

Sono creature sacre,
e tutto ciò che fate davanti a loro
diventa seme.
Che sia luce o che sia buio.

E quindi occhio, perché poi non vale dire “non ti ricordi, eri piccolo”.
Eh no, se lo ricordano eccome.
Magari non la scena precisa,
ma la sensazione sì, quella resta.

I bambini sono archivi silenziosi.
Custodiscono più di quanto riescano a dire.
Non ricordano le frasi precise,
ma il colore dell’aria,
il suono che mancava,
la carezza che li salvava.

E intanto tengono tutto in tasca,
le cose belle e quelle che fanno male.
Perché da piccoli non si sa ancora buttare via niente.
Si cresce imparando a distinguere
quale peso tenere
e quale lasciare andare.

E allora ricordatevi che ogni gesto è una carezza o un graffio.
Che ogni parola è una piuma o un mattone.
Che ogni silenzio è un deserto o un abbraccio.

Perché i bambini non chiedono perfezione,
chiedono solo verità.
E la verità, a volte,
è abbassarsi alla loro altezza,
e dire: “sì, anche io ho paura,
ma se la affrontiamo insieme
fa meno male".

[Andrew Faber]

27/08/2025

Alcune sensazioni possono essere viste come negative semplicemente perchè sono spiacevoli ed abbiamo sviluppato la tendenza a evitarle. Se abbiamo la tendenza ad abbandonarci, la sensazione di sforzo ci sembrerà sgradevole ed estenuante. Nel contesto di una disciplina sportiva, lo sforzo si intende come come una sensazione positiva, anche se non necessariamente piacevole, perchè è ciò che porta a migliorare la nostra forma fisica e a superare i nostri limiti. Se evitiamo sistematicamente la sensazione di sforzo, non avremo l'opportunità di abituarci ad essa, nè raggiungeremmo risultati a medio o lungo termine che derivano solo da uno sforzo mantenuto nel tempo. Non avendo mai visto ciò che possiamo ottenere sforzandoci, quando staremo cominciando a farlo non saremo in grado di ricordare esempio del perchè ne valga la pena. Immersi nella pigrizia, nel disagio, nella trascuratezza personale, procurarci un'ulteriore sensazione negativa non ci sembrerà avere alcun senso. Ma se non sperimentiamo nè ricerchiamo lo sforzo, non impareremo mai a gestirlo e il nostro organismo non potrà renderlo un comportamento automatico.

Anabel Gonzalez- Non sono Io

26/08/2025

Possiamo credere fermamente che la soluzione ai nostri problemi sia isolarci da tutti, ma allontanandoci dagli altri ci facciamo ancora più male e rimaniamo senza nutrimento emotivo. Forse ci aggrappiamo a un legame nefasto, credendo che non avremo mai nulla di meglio e giustificando la nostra ostinazione con il fatto che amiamo quella persona, come se il nostro sentimento per lei fosse l'unica cosa che conta. Dobbiamo ricordare che la cosa essenziale non è se sia vero o no che ci si ama l'un l'altro, ma se la relazione in cui stiamo ci fa bene o no. Oppure possiamo immaginare che esista in qualche parte del mondo una persona perfetta, che ci saprà amare più di ogni altra, ma quest'idea, apparentemente bella, non ci permette di vivere con la persona in carne e ossa che abbiamo accanto e che logicamente, ha alcuni difetti.

Anabel Gonzalez- Non sono io

24/08/2025

Ci sono delle cose che sembrano negative e non lo sono davvero, per esempio l'egoismo e la "cattiveria" vengono abitualmente etichettati come negativi. E' probabile che non ci definiamo cattivi, ma delle brave persone. Tuttavia, tutti facciamo a volte cose cattive, è impossibile vivere senza fare del male a nessuno. Non stiamo parlando di una sofferenza superflua o ingiustificata, provocata per il semplice desiderio di sentirci forti, ma del danno, inevitabile a volte, che possiamo causare agli altri quando dobbiamo combattere per i nostri diritti. Se non siamo un pò "cattivi" o egoisti, nella vita, altri non avranno la stessa considerazione per noi. Senza essere un minimo cattivi non sapremo lottare per i nostri diritti, non otterremo ciò che ci importa, non affermeremo le nostre ragioni. Purtroppo qualcuno si dispiacerà della nostra posizione, rimarrà deluso e ferito ma dovremo saperlo tollerare. Chi ci circonda non è nè altruista nè generoso al cento per cento: tenendolo a mente non ne rimarremo sorpresi e funzioneremo semplicemente secondo le regole del gioco. Se leggendo queste righe ci sentiamo a disagio o in disaccordo, probabilmente stiamo usando come riferimento il nostro pianeta immaginario, dove esiste la giustizia assoluta e tutti si comportano come dovrebbero.

Non sono Io- Anabel Gonzalez

16/08/2025

Se l'attacco, la rabbia, la prevaricazione o la prepotenza vengono agiti da una delle persone deputate a prendersi cura di noi, o da qualcuno che rappresenta una figura di riferimento significativa, il nostro sistema psichico andrà in cortocircuito, perchè verranno contemporaneamente attivate la risposta di attaccamento e quella di difesa. Queste due risposte non dovrebbero attivarsi contemporaneamente verso la stessa persona, soprattutto verso quella che si prende cura di noi. Non dovrebbe succedere che la stessa persona di cui ho estremamente bisogno sia, allo stesso tempo, fonte di minaccia e pericolo per me.

Queste due risposte istintive si alterneranno drammaticamente al punto da frammentare o dissociare la persona, che non potrà quindi svilupparsi in modo integrato, mettendo in atto risposte disorganizzate e incoerenti nelle sue relazioni interpersonali.

Quando un bambino è concentrato sul legame con la persona che lo accudisce, deve mettere da parte la rabbia, non può permettersela, perchè con quell'emozione non può stabilire e garantirsi nessun legame. In questo momento riuscirà solo a vedere che ha bisogno di quella persona per sopravvivere.

Altre volte proverà rabbia e, mentre la sperimenterà, non potrà tenere presente che chi ha di fronte è una persona emotivamente importante per lui. La risposta sarà doppia e disorganizzata, caotica: mi è necessaria la tua protezione e mi fai paura, ho bisogno di te e ti odio.

Questa dualità diventerà il nostro modo di sperimentare le relazioni con gli altri. Proveremo una profonda ambivalenza all'idea di entrare in intimità con le altre persone e più ci avvicineremo, più forte sarà la paura. Se ci arrabbieremo con loro, le attaccheremo molto duramente o proveremo un'intensa avversione nei loro confronti.

Anabel Gonzalez

15/08/2025

La disorganizzazione dei legami può acquisire sfumature estremamente complesse. Se la nostra necessità di affetto e protezione non è stata adeguatamente soddisfatta, è molto probabile che una parte di noi continuerà a rimanere concentrata su questa esigenza infantile di accudimento con la quale possiamo identificarci, cosa che fa sì che ci sentiamo incapaci di vivere senza i nostri genitori, o senza il nostro partner, provocando un funzionamento delle relazioni di tipo dipendente.

Può poi succedere che proviamo a cancellare questa necessità di affetto, a respingerla, o a disconnettercene così tanto che non siamo più consapevoli della sua esistenza. Negheremo allora i nostri bisogni e ci diremo che non abbiamo bisogno di nessuno.

Curiosamente, nelle nostre decisioni è proprio quello di cui abbiamo meno consapevolezza ciò che ci influenza di più: possiamo, ad esempio, scegliere i nostri partner partendo da un bisogno di affetto molto primario, che viene dall'infanzia, e sforzandoci di non vedere quei segnali, che da adulti potremmo intuire, che aiuterebbero a capire che la relazione andrà male.
Questo spiega perchè molte volte ci attacchiamo ripetutamente a figure dannose, a volte tutte con profili curiosamente simili, come se non avessimo imparato nulla dall'esperienza passata. In qualche modo, è solo il nostro Io adulto quello che impara davvero dall'esperienza: la/il bambina/o bisognosa di affetto che non vogliamo vedere, essendo rimasta isolata dalla nostra mente e dal resto dei nostri ricordi, non ha potuto imparare, crescere, evolvere. Se le lasciamo scegliere i nostri partner, lo farà utilizzando dei parametri familiari, cercando cioè delle persone che si adattino al primo modello avuto riguardante l'affetto e i legami: quello delle persone con cui è cresciuta.

Anabel Gonzalez

14/08/2025

Nelle famiglie con attaccamento preoccupato, la preoccupazione si considera sinonimo di affetto. Il genitore pensa che più si preoccupa per il figlio, più gli vuole bene, e che non preoccuparsi significherebbe non amarlo davvero. Questi messaggi a volte si comunicano anche esplicitamente e gli adulti di riferimento ci insegnano che dobbiamo sempre preoccuparci per gli altri e farci carico del loro benessere emotivo. I legami diventano così ambivalenti e la vicinanza può risultare insopportabile.

La sensazione delle persone cresciute in queste famiglie è, molte volte, quella di essere intrappolati in un dilemma irresolubile: se si allontanano sono cattive, egoiste, non amano chi li ama. Se rimangono, si sentiranno soffocare. Da un lato, quindi, reagiranno tentando di liberarsi da questo peso, che risulta eccessivo, ma dall'altro si vedranno intrappolati dall'obbligo morale di preoccuparsi degli altri e di risolvere i loro problemi.

Queste famiglie preoccupate, inoltre, non favoriscono l'autonomia dei figli. La preoccupazione è un collante potente, che rende molto difficile la separazione. Per adattarsi, i figli possono assorbire il sistema e divenire estremamente dipendenti: si sentono quindi molto insicuri nell'agire in autonomia e cercano sempre un adulto che li tranquillizzi. Una persona che funziona in questo modo non si vedrà come un essere autonomo e non tollererà la solitudine, la distanza o la perdita. Percepirà gli altri come parte di sè e si sentirà perduta senza di loro. Frasi come "Senza di lui non sono nessuno", "Se mi lascia morirò", "Mi sento vuoto senza di lei", riflettono questa dipendenza emotiva.

Altri individui con questo schema possono riuscire a distanziarsi, ma non senza pagare un alto prezzo emotivo. Dinanzi all'incapacità di stare vicino in maniera serena a quelle persone a cui sono uniti da un legame preoccupato, possono optare per prenderne le distanze. Senza dubbio, però, continuerà a esistere un filo invisibile che li manterrà uniti ad esse. Ad esempio, continueranno a ricevere messaggi colpevolizzanti per non aver chiamato, per non essere andati a visitarle, o per non preoccuparsi di come stanno. Per garantire il buon funzionamento delle loro relazioni, diventeranno ipersensibili a qualunque segnale riferito al fatto che qualcuno si sta aggrappando a loro, mentre allo stesso tempo lotteranno internamente contro un'eccessiva dipendenza dagli altri che rifiuteranno, o della quale non saranno coscienti.

Anabel Gonzalez- Non sono io

13/08/2025

Quando la nostra parte accudente è molto sviluppata, ci dedicheremo agli altri prestando poca attenzione ai nostri bisogni. Ci sentiremo più a nostro agio prendendoci cura di qualcuno piuttosto che nell'essere noi l'oggetto delle attenzioni altrui. Questo sarà vero anche se, nel nostro profondo, continuerà vivo il desiderio, mai appagato nel nostro caso, che ha ogni bambino: essere amato, accudito e soddisfatto da coloro che lo circondano. Questo affetto e questa attenzione non arriveranno quasi mai perchè tendiamo a circondarci di persone che si adattano al nostro ruolo accudente e tendono a lasciare che siamo noi a prenderci cura di loro, o a richiederci attenzione attivamente. Inoltre, quando qualcuno cerca di aiutarci, o di prendersi cura di noi, il nostro sistema non è preparato per assumere una posizione alla quale abbiamo dovuto rinunciare e ci sentiamo a disagio, diffidenti, in modo tale che non permettiamo che questi tentativi siano fruttuosi.
A livelli di economia emotiva le uscite sono maggiori delle entrate.

Non sono io- Anabel Gonzalez

Indirizzo

San Giovanni Lupatoto
37057

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