28/11/2025
Calabricata, 28 novembre 1946 Fu uccisa la contadina Giuditta Levato
Giuditta ha 31 anni e un buco nella pancia. Due figli piccoli, uno in arrivo, un marito appena tornato dalla guerra, le carni spezzate dalla fatica e nessuna intenzione di arrendersi.
Due anni prima i decreti del ministro calabrese Fausto Gullo sancivano la concessione delle terre abbandonate ai contadini. La legge proclama l’eguaglianza e il diritto alla terra ma i padroni non intendono rispettare quel decreto. E allora Giuditta capisce che bisogna lottare, aderisce al Pci e si iscrive alla Cooperativa “Unione e Libertà” che avvia la richiesta del fondo detto “Letto del Biviere”.
La protesta contadina avvampa le terre dell'intera Calabria: chiedono di coltivare le terre incolte ai proprietari che preferiscono lasciarle abbandonate piuttosto che darle ai braccianti.
Anche quella mattina Giuditta si è svegliata, ha sistemato le faccende di casa e poi è andata a lavorare nei campi, come giorno per coltivare la terra, raccogliere il grano, dare il pane ai suoi figli.
Ma quella mattina, quando arriva nei campi trova lì anche Pietro Mazza, il padrone. Il latifondista vuole “dare una lezione” ai lavoratori e quando alcune donne tentano di scacciare dai campi coltivati la mandria di buoi di Mazza, per cercare di salvare quanto seminato, il suono di una fucilata rompe tutti gli altri rumori.
Il colpo esploso dal guardaspalle del padrone colpisce Giuditta dritto nella pancia.
È la prima vittima della lotta al latifondo e alla repressione agraria in Calabria
Morta ammazzata per la libertà.
Morta per noi, morta per tutti.
«Sono morta per loro, sono morta per tutti».
NON DIMENTCHIAMO!