Studio Di Rieducazione Posturale Alfa

Studio Di Rieducazione Posturale Alfa ............SALUTE E BENESSERE IN MOVIMENTO................ massoterapia, rieducazione posturale

05/09/2025
28/07/2025
27/07/2025

!?PERCHE ELIMINARE IL GRASSO ADDOMINALE O VISCERALE?!

Tra le cause del grasso addominale ci sono:età, sedentarietà, stress, eccesso di zuccheri, errori alimentari, intolleranze alimentari.
Tutti abbiamo grasso viscerale, indipendentemente dal nostro peso e dalla nostra taglia.
Quando si aumenta di peso, aumenta anche la quantità sia di grasso sottocutaneo che viscerale.
La zona in cui il corpo immagazzina il grasso dipende da geni, fattori correlati allo stile di vita.
Il grasso addominale ha caratteristiche diverse rispetto a quello sottocutaneo distribuito nel resto del corpo.
È infatti dimostrato che è proprio l’eccesso di grasso viscerale ad aumentare il rilascio di sostanze quali l’interleuchina 6, la resistina e il TNF-alfa (citochine che causano stati infiammatori), il PAI-1 (che può provocare coaguli nel sangue) e l’ASP (che stimola la produzione di trigliceridi).
Inoltre, l’eccessivo aumento delle dimensioni degli adipociti, causato dall’accumulo di trigliceridi, con ulteriore accentuazione dello stato infiammatorio dell’organismo (salgono anche i livelli di proteina C reattiva, considerata un importante fattore di rischio cardiovascolare).
Il grasso addominale è quindi il più pericoloso per la salute: causa ipertensione arteriosa, diabete mellito di tipo II, cattiva qualità del sonno ecc., predispone all’aumento del colesterolo, dei trigliceridi, del rischio di malattie cardiache e vascolari, demenza e tumore a seno, colon ed endometrio.
Il grasso viscerale o grasso addominale è la parte di tessuto adiposo concentrata all’interno della cavità addominale e distribuita tra gli organi interni e il tronco.
Il grasso viscerale si differenzia da quello sottocutaneo, concentrato nell’ipoderma (lo strato più profondo della cute), e da quello intramuscolare, che è invece distribuito tra le fibre dei muscoli. In particolare, il grasso addominale produce in gran quantità TNF-alfa, un’adipochina che impedisce ad alcuni enzimi presenti nell’organismo di rilasciare ossido nitrico, un gas dalla potente azione vasodilatatoria (preventivo dell’aterosclerosi), che stimola il sistema immunitario e favorisce anche la formazione di cellule adipose brune.
Queste ultime, al contrario di quelle bianche, non accumulano i grassi, ma li bruciano, vuoi per mantenere la temperatura corporea negli ambienti freddi, vuoi per sbarazzarsi degli eccessi alimentari che altererebbero l’equilibrio metabolico.
Solitamente il grasso localizzato colpisce i soggetti sedentari; al contrario chi pratica con una certa regolarità attività fisica tende ad avere una distribuzione più omogenea del grasso corporeo (adiposità generalizzata).
L'adiposità localizzata è influenzata dai livelli plasmatici di diversi ormoni.
Per esempio un basso livello di testosterone associato ad un elevato livello di cortisolo tende a favorire l'adiposità addominale
Alti livelli di estrogeni si associano ad un aumento delle pliche tricipitali, delle cosce e dei glutei
Uno dei maggiori motivi per cui alcune persone accumulano più grasso viscerale di altre è la loro dieta troppo ricca di carboidrati, che portano a una straordinaria resistenza all’insulina (alimentandoti con questo tipo di dieta il tuo organismo viene costantemente bombardato con troppi zuccheri e amidi, e di conseguenza non riesce a gestire adeguatamente il costante eccesso di zucchero nel sangue)… e gli studi dimostrano che un’alta assunzione di fruttosio, in particolare lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, è il principale alleato dell’eccessivo grasso viscerale.
Se ti sta a cuore la qualità della tua vita, ridurre il tuo grasso addominale (e il tuo grasso viscerale) dovrebbe essere una delle tue PRINCIPALI priorità! # grasso

27/07/2025

Benvenuti a un nuovo episodio di “Commenta che ti passa: dove i tuoi commenti trasformano i nostri post!” 🤭

Ogni volta partiamo da un contenuto condiviso, ma è il confronto tra colleghi, pazienti, esperti e curiosi a renderlo più ricco, completo e utile.

Buona lettura!

Tacchi e carico sull’avampiede: cosa succede davvero quando cambiamo altezza?

Quando si parla di calzature, spesso il discorso si limita a estetica e moda. Ma in fisioterapia, e nella biomeccanica clinica in generale, ogni centimetro di tacco racconta una storia ben più complessa: quella della distribuzione del carico sul piede e delle ripercussioni che può avere su tutto il corpo.

La biomeccanica del tacco: più sali, più spingi avanti, semplice no?

Quando il piede è piatto sul terreno (cioè senza tacco), la distribuzione del peso corporeo è relativamente bilanciata: circa il 43% del carico grava sull’avampiede, mentre il 57% resta sul tallone. Questa proporzione rappresenta una condizione fisiologica, che il corpo ha imparato ad assorbire e gestire nel tempo.

Ma basta salire anche solo di qualche centimetro per cambiare il gioco.

Con un tacco di 4 cm, la situazione si ribalta: il 57% del carico passa sull’avampiede e il 43% sul tallone.

A 6 cm, la spinta anteriore aumenta, con un 75% del carico sull’avampiede e solo un 25% sul tallone.

Sopra i 10 cm, si può arrivare a scaricare fino al 90-100% del peso sull’avampiede, con una quasi totale esclusione del tallone dal gioco di carico.

Questo significa un enorme aumento dello stress sulle articolazioni metatarsali, sui muscoli flessori plantari e su tutte le strutture connettivali coinvolte nella gestione del carico.

Il rischio biomeccanico: dal piede alla colonna.

Il sovraccarico dell’avampiede può portare a condizioni dolorose e adattamenti posturali compensatori. Le metatarsalgie, ad esempio, sono tra le conseguenze più frequenti, ma non le uniche.

Una tensione continua sull’avampiede può contribuire nel tempo a sviluppare alluce valgo, deformità delle dita e ispessimenti plantari. Può creare squilibri muscolari e articolari a carico della caviglia, del ginocchio e dell’anca, alterando l’orientamento del bacino e la curvatura lombare. Tutto ciò può arrivare a modificare la postura globale.

Come osservato anche da Marco: “il punto non è tanto solo quanto carico si sposta, ma dove e come il piede dovrebbe stare quando è ben educato a farlo.”

Idealmente, un piede rieducato distribuisce il carico a terra con una ripartizione funzionale: 50% sul tallone, 40% sul primo metatarso, 10% sul quinto. Un equilibrio che favorisce stabilità, efficienza e postura corretta.

Ed è proprio da qui che nasce una delle riflessioni più importanti: sono le scarpe a doversi adattare ai nostri piedi, non il contrario.

“Barefoot o tradizionali?” Chiede Marina.

Nel dibattito che spesso anima le discussioni tra fisioterapisti, runner e pazienti, il tema delle scarpe barefoot (o minimaliste) divide. Ma è importante chiarire: non si tratta di moda, si tratta di funzione.

Come spiegato in risposta a Marina, le scarpe barefoot sono pensate per riprodurre la camminata a piedi nudi, permettendo una distribuzione più naturale del carico e stimolando i muscoli intrinseci del piede. Tuttavia, non sono adatte a tutti.

Chi non è abituato deve procedere con gradualità, proprio per evitare dolori o sovraccarichi. In questi casi, l’uso delle barefoot può e deve essere accompagnato da esercizi mirati, valutazione clinica e adattamento progressivo.

Una buona calzatura, sia essa barefoot o tradizionale, dovrebbe sempre rispettare tre criteri fondamentali.

Prima di tutto una suola flessibile, che consenta al piede di muoversi liberamente.
In secondo luogo uno spazio sufficiente per le dita, evitando compressioni e per ultimo un supporto adeguato, calibrato sul tipo di piede e sul livello di attività della persona.

Lo ha sottolineato bene anche Andrea, suggerendo (con ironia) di conservare il post come risposta pronta per chi critica le calzature barefoot: il punto non è schierarsi, ma capire quando e per chi sono adatte.

E la lunghezza del piede? Un fattore spesso dimenticato!

Una delle osservazioni più tecniche ma fondamentali è arrivata da Valeria, che ha posto un quesito tanto semplice quanto trascurato:

“Un tacco da 10 cm ha lo stesso effetto su un piede numero 36 e su un 41?”

La risposta è: assolutamente no. La lunghezza del piede cambia radicalmente l’inclinazione del piede stesso all’interno della scarpa, e di conseguenza la distribuzione del carico sull’avampiede.

Inoltre, aspetti come il cavismo, la dominanza del primo dito o la forma dell’arco plantare modificano ulteriormente l’effetto finale del tacco. Ogni piede ha la sua storia, la sua meccanica e le sue vulnerabilità. E riconoscerlo significa aprire la strada alla personalizzazione delle calzature e a una valutazione fisioterapica sempre più individualizzata.

Il consiglio pratico (con un tocco di buon senso) 😌

Se stai pensando di passare alle barefoot, inizia con cautela e criterio. Dai tempo al piede di adattarsi, lavora sull’elasticità, sulla forza dei muscoli plantari e sulla propriocezione. E se invece preferisci scarpe più strutturate, punta a comfort, flessibilità e rispetto della tua biomeccanica personale.

Come direbbe Gianni: “non è il piede che si deve adattare alla scarpa, ma il contrario.”

Avrete capito che il piede è una struttura dinamica, sensoriale, adattiva. Il tacco è solo un centimetro in più, ma può diventare un chilometro di differenza nella tua postura.

Questo contenuto è stato aggiornato e migliorato grazie ai commenti e alle osservazioni ricevute: un esempio concreto di come la conoscenza cresca nel dialogo.

Se l’hai trovato utile, condividilo con chi potrebbe beneficiarne: colleghi, studenti, pazienti o semplici curiosi.

E se anche tu hai qualcosa da aggiungere.. commenta che ti passa! 😉

Il prossimo episodio potrebbe nascere proprio dalla tua esperienza. 👏

24/07/2025

🎉 È di nuovo giovedì! Benvenuti ad un nuovo episodio di "Muscolandia: esplorando la mappa dei muscoli!" 🎉

Oggi saliamo nella zona toracica per incontrare un muscolo spesso dimenticato, ma importantissimo per la respirazione e la stabilità del dorso: il dentato posteriore superiore.

Dettagli anatomici

Il muscolo dentato posteriore superiore (in latino musculus serratus posterior superior) è un muscolo sottile, quadrilatero, situato nella parte posteriore del torace, sotto il trapezio e sopra gli erettori spinali.

Origina dalla parte inferiore del legamento nucale e dai processi spinosi di C7-D3 (a volte fino a D4).
Si inserisce sui bordi superiori della 2ª, 3ª, 4ª e 5ª costola

Innervazione? Nervi intercostali I–IV (rami anteriori di T1–T4)

Funzioni principali

Solleva le coste durante l’inspirazione forzata (muscolo inspiratorio accessorio), stabilizzando il torace in alcuni movimenti del tronco e collaborando nella propriocezione toracica (grazie ad una ricca innervazione).

Tipi di dolore

Il dentato posteriore superiore può essere implicato in dolore dorsale alto con irradiazione verso la scapola, tensioni respiratorie nei soggetti con respirazione toracica cronica e trigger point riferiti tra colonna e margine mediale scapolare.

Anche posture scorrette prolungate, come chi lavora al computer o guida a lungo
e compensazioni in presenza di debolezza del diaframma.

Funzione quotidiana

Ogni volta che inspiri profondamente, il dentato posteriore superiore si attiva!
Vi faccio alcuni esempi: durante lo sbadiglio, quando annusi profondamente, nei colpi di tosse e durante l’attività fisica intensa (corsa, ciclismo, arrampicata)

È un piccolo aiutante della tua respirazione.. che lavora in silenzio ogni giorno.

🏋️ Esercizio di allungamento (Stretching dorsale in estensione)

1. Mettiti a carponi con le mani sotto le spalle e le ginocchia sotto i fianchi
2. Inspira profondamente mentre inarchi la schiena verso il basso (estensione)
3. Espira e spingi il petto verso il pavimento, aprendo la gabbia toracica
4. Mantieni 20-30 secondi, poi rilassa e ripeti 3 volte

Aiuta a mobilizzare la colonna toracica e a decomprimere le coste superiori

🏋️ Esercizio di rinforzo (Respiro resistito in flessione laterale)

1. In piedi o seduto, piega leggermente il busto verso destra
2. Posiziona la mano destra sopra le coste sinistre, vicino all’ascella
3. Inspira profondamente spingendo contro la mano
4. Mantieni per 3-5 secondi, poi espira lentamente
5. Ripeti 5-8 volte per lato

Stimola il dentato posteriore superiore e i muscoli inspiratori accessori, utile anche in pazienti con respiro corto o poco efficace.

Curiosità scientifica

Il dentato posteriore superiore è più ricco di fusi neuromuscolari rispetto ad altri muscoli della schiena, il che suggerisce una funzione propriocettiva importante, non solo meccanica! Potrebbe quindi aiutare il cervello a “sentire” meglio il movimento e la posizione del torace.

Conclusione

Il dentato posteriore superiore è un muscolo poco noto ma cruciale per il respiro, la postura e la percezione del dorso. Allungarlo e rinforzarlo è un ottimo modo per migliorare la mobilità toracica e alleggerire la tensione tra spalle e scapole.

Ci vediamo giovedì prossimo con un altro viaggio nella mappa muscolare di Muscolandia! 😁

Quest'anno festeggio il mio 14° anniversario su Facebook. Grazie per il continuo supporto. Non ce l'avrei mai fatta senz...
16/01/2025

Quest'anno festeggio il mio 14° anniversario su Facebook. Grazie per il continuo supporto. Non ce l'avrei mai fatta senza di voi. 🙏🤗🎉

06/02/2024

Il decalogo della SIOT per proteggersi dagli infortuni sulla neve ⛷🏂

7) Rispettare le più comuni regole degli impianti sciistici: conoscere e rispettare la segnaletica sulle piste, effettuando soste e sorpassi, senza pericolo per sé e per gli altri.

Indirizzo

Contrada Bitonto
San Gregorio D'Ippona
89853

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 12:00
15:00 - 20:00
Martedì 09:00 - 12:00
15:00 - 19:00
Mercoledì 09:00 - 12:00
15:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 12:00
15:00 - 19:00
Venerdì 09:00 - 12:00
15:00 - 20:00

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