
19/08/2025
La violenza non nasce solo dalla rabbia: nasce dal vuoto.
Dal silenzio che scava dentro quando la lingua muore.
Perché le parole non sono mai innocue: sono argini.
Se crollano gli argini, il fiume esonda.
Il trapasso lessicale, è il preludio alla rissa.
Quando il linguaggio si riduce a slogan, a faccine, a grida,
la realtà resta senza nome, e ciò che non si sa fa paura.
Chi non possiede parole, non possiede mediazioni. Andrea Caterini diceva: “quando le parole si atrofizzano i pugni si allenano,
l’ingiuria diventa vocabolario, il fendente, sintassi”.
Un popolo che perde la semantica perde anche la possibilità di capirsi.
Si passa dall’arte del dialogo a quella della percossa,
dalla dialettica alla rissa, dalla polis alla tribù.
La violenza è l’ombra del discorso mutilato:
più si impoverisce il linguaggio, più si arricchiscono le armerie.
Ecco la verità più cupa:
un lessico ridotto genera un pensiero piccolo,
e un concetto ridotto genera un gesto bruto.
È il potere salvifico della parola, che oggi purtroppo risulta depredata.
Così la società sprofonda nella grammatica del sangue,
dove le virgole sono le cicatrici e le frasi finiscono a coltellate.
“Scomparirà la lucciola, e con essa la lingua che la nominava.”
Oggi, sparita la parola, restano solo le grida.
E l’urlo, presto, si fa pugno.