27/04/2023
Qualche giorno fa il sindaco di Carlopoli, la signora Emanuela Talarico, ha scritto un post inerente l’accoglienza di 44 minori presso il Centro Gioacchino da Fiore, assumendo che si sarebbe trattata di una iniziativa illegale, avviata senza che alcun ufficio pubblico ne sapesse nulla e, per usare testualmente le sue stesse parole, “mascherata da falsa solidarietà”. Chi ha a cuore le categorie fragili, ha chiosato, rispetta la legge.
Ora, poiché la nostra associazione è stata chiamata in causa e gravemente diffamata, riteniamo doveroso rilasciare il seguente comunicato a tutela della verità dei fatti accaduti e del buon nome dell’ente, la cui solidarietà, genuina ed autentica da oltre 30 anni, non ha bisogno di maschere.
E, allora, i fatti.
Il 13 aprile scorso, il presidente dell’associazione riceveva una telefonata dai servizi sociali del comune di Vibo Valentia con la quale l’ufficio, dopo aver premesso di aver ricevuto in affidamento minori stranieri non accompagnati, chiedeva la disponibilità a una loro immediata accoglienza, trovandosi gli stessi temporaneamente in un capannone e bisognevoli con urgenza di un primo, dignitoso, collocamento. In particolare, il comune precisava che si sarebbe trattata di una soluzione temporanea (massimo una settimana-dieci giorni, in attesa di una sistemazione definitiva), resasi necessaria per evitare che decine di giovani adolescenti fossero costretti a trascorrere una manciata di giorni in condizioni precarie, facilmente intuibili.
Il presidente, vista la situazione, offriva immediatamente la propria disponibilità chiedendo, tuttavia, agli uffici vibonesi di interfacciarsi anche con l’UTG di Catanzaro (che sulla struttura di Carlopoli aveva in precedenza sondato, positivamente, una possibile disponibilità all’uso in situazioni di urgenza) e con il comune di Carlopoli (per quanto di competenza), ricevendo rassicurazioni in tal senso. Nella medesima giornata l’associazione riceveva una nuova telefonata dai servizi sociali di Vibo Valentia con la quale l’ufficio provvedeva ad horas al collocamento dei minori, inoltrando anche una comunicazione formale di affidamento a firma del dirigente del servizio (prot. n. 18504 del 13.4.2023).
Nonostante le rassicurazioni del comune di Vibo, l’associazione per correttezza si incaricava subito di avvisare telefonicamente il sindaco di Carlopoli dell’accaduto, concordando per il mattino seguente un appuntamento al comune con lo stesso primo cittadino. Il mattino del 14 aprile, in particolare, il presidente si recava in comune, per come convenuto, senza tuttavia trovare il sindaco (che, raggiunto telefonicamente, segnalava di essersi dovuto allontanare e che non vi era comunque necessità di essere atteso). A quel punto, l’associazione inviava una comunicazione via pec al comune di Carlopoli, al tribunale per i minorenni di Catanzaro, al tribunale ordinario di Catanzaro, alla questura di Catanzaro, alla prefettura di Vibo Valentia, alla prefettura di Catanzaro, alla procura della repubblica presso il tribunale per i minorenni di Catanzaro e alla stazione dei carabinieri di Carlopoli, finalizzata proprio a comunicare formalmente a tutti gli enti interessati, ciascuno per quanto di competenza, l’accoglienza dei predetti minori stranieri non accompagnati.
Non solo. Nel corso delle varie telefonate con il sindaco di Carlopoli, con il quale i contatti telefonici sono stati immediati e plurimi, lo stesso lamentava un difetto di comunicazione tra uffici pubblici e, in particolare, di non aver ricevuto note formali da Vibo. Per tale ragione l’associazione si attivava in tal senso, ottenendo rassicurazioni circa il fatto che il ritardo dipendesse dalla situazione di emergenza in atto (dovuta alla pluralità degli sbarchi) e che, a stretto giro, superata la fase acuta, si sarebbe provveduto. Una situazione fisiologica, per chi conosce questi meccanismi, visto che non è la prima volta che la comunicazione formale al Comune ospitante possa pervenire dopo vari giorni.
Ora, alla luce di quanto precede, è fin troppo chiaro che il post del sindaco non poggia su basi di verità ed è a dir poco offensivo e denigratorio (circostanza, questa, che sarà portata all’attenzione della magistratura requirente), dal momento che lo stesso, sin dal primo momento, è stato subito avvisato di quanto accaduto e poi costantemente aggiornato, con contatti quotidiani e coinvolgimento diretto.
In questa vicenda, l’associazione è stata contattata in emergenza da un ufficio pubblico, si è interfacciata con tutti gli enti preposti e ha immediatamente attivato un circuito di accoglienza dei minori offrendo loro dignità, prima ancora che vitto e alloggio (come è ben noto al sindaco, al quale sono state inviate, tramite applicativo whatsapp, finanche le foto dell’accoglienza e i ringraziamenti vocali degli ospiti per l’umanità ricevuta nell’assistenza).
Se si sono creati incidenti diplomatici o incrostazioni burocratiche tra uffici pubblici, tutto ciò non può essere utilizzato per scaricare responsabilità sull’associazione ma, soprattutto, non si sarebbe dovuto utilizzare a detrimento dei minori. Perché un dato è certo: sebbene, a parole, il sindaco abbia affermato di avere a cuore le categorie fragili e di ispirarsi ai principi solidaristici, nei fatti, col proprio irrigidimento, ha solo prodotto l’effetto di rispedire 44 ragazzi, minorenni, di nuovo in un capannone.
Ecco perché la conclusione della vicenda non riposa su presunte, quanto inesistenti, violazioni di legge consumate dall’associazione, bensì su ragioni politiche, che hanno reso scomoda la poltrona del primo cittadino. E, qui, se c’è qualcuno che dovrebbe togliere la maschera, quello non è la nostra associazione.
La verità è che, in simili situazioni, si dovrebbe avere maggiore polso e coraggio delle proprie azioni, invece di scaricare sugli altri le indecisioni e i timori elettorali indotti dagli umori ondivaghi della piazza. Noi ci fermiamo qui, per decenza, non essendo questa la sede per approfondire il contenuto di telefonate che hanno ben messo in evidenza le effettive ragioni, politiche, sottostanti alla reazione scomposta del sindaco. Ci fermiamo qui, ma non accettiamo lezioni di morale da nessuno, men che meno da chi, nei fatti, ha dimostrato di maneggiare i concetti di accoglienza e di solidarietà con criteri che, dalle nostre latitudini, sono decisamente distinti e distanti.
Il consiglio direttivo