
29/05/2025
🔴 “A 14 anni non ci si fidanza.”
Davvero? È questa l’analisi migliore che sappiamo offrire davanti all’ennesimo femminicidio?
Quando una quattordicenne viene uccisa, e il primo pensiero pubblico è: “non doveva avere un fidanzato”, non stiamo facendo prevenzione. Stiamo solo perpetuando una cultura tossica in cui la colpa è sempre della vittima.
A 14 anni ci si innamora. Si esplora, si sbaglia, si cresce. È un diritto dell’adolescenza.
Il problema non è l’età.
Il problema è la violenza.
È il controllo.
È il possesso mascherato da amore.
È l’idea che l’altro ti appartenga, e se ti lascia, lo puoi punire.
Se davvero vogliamo cambiare qualcosa, servono responsabilità condivise:
In famiglia, smettiamola con i messaggi ambigui:
“Ti prende in giro perché gli piaci”, “È gelosa perché ci tiene”, “Ti tratta così perché ti vuole bene.”
No. Il bene non umilia, non fa paura, non ferisce e non controlla.
Ai figli insegniamo che non devono farsi piccoli per essere amati, né pensare che l’amore dia diritto di invadere, dominare o ferire l’altro.
L’amore maturo non chiede di annullarsi. L’amore sano riconosce i confini, accetta i no e cresce nella libertà.
Nelle scuole, educhiamo alle emozioni, al consenso, alla gestione del rifiuto. Non sono “temi opzionali”. Sono fondamentali.
Nei media, basta romanticizzare la gelosia e il possesso. Le parole costruiscono realtà. Chi comunica ha il dovere di non alimentare narrazioni tossiche.
Chiediamoci davvero dove stiamo fallendo se ancora oggi cresciamo figli convinti che per essere amati debbano annullarsi, o che davanti a un rifiuto abbiano il diritto di punire.
Se una società non insegna a gestire la frustrazione, allora insegna — anche senza volerlo — che la violenza è un’opzione.