27/04/2020
Violenza domestica al tempo del Coronavirus
Sono ormai passati quasi due mesi dal DPCM per il contenimento del contagio da Covid-19 che ha sancito lo stop alla vita sociale e l’isolamento forzato presso le proprie dimore. La quarantena per alcuni ha rappresentato l’occasione per dedicarsi ai propri hobby o per rinforzare i legami intrafamiliari, per altri, una prigione dalla quale fuggire il prima possibile. Come già ribadito in altri articoli, l’isolamento forzato ha fatto incrementare il numero di telefonate presso i centri di ascolto e Centri di salute Mentale per una porzione della popolazione che ha iniziato a soffrire di disturbi di ansia e depressione; ma se a queste aggiungiamo quelle ricevute dalle forze dell’ordine per liti familiari e dai Centri Antiviolenza, ci si può rendere facilmente conto dei costi che questa quarantena forzata richieda alla cittadinanza italiana.
Dati Istat mettono in evidenza come già dallo scorso anno (2019) 31311 siano state le telefonate inoltrate al numero nazionale antiviolenza 1522 per denunciare episodi di colluttazione fisica e/o verbale, più o meno reiterati nel tempo, avvenuti tra le mura domestiche. Tale statistica però è in riferimento solo alle segnalazioni pervenute ufficialmente tramite canali istituzionali; il numero di vittime potrebbe essere più elevato se consideriamo che solo una donna su quattro denuncia il proprio aguzzino. 1556 sono le denunce prevenute solo in Campania, che dopo Lombardia (2233 denunce) e Lazio (1998 denunce), è la regione con il più alto numero di segnalazioni. Con 51 Centri Antiviolenza, prima in Italia, la Campania accoglie quasi il 20% dei Servizi contro la violenza in Italia.
Le statistiche riferibili al 2019 delineano, su scala nazionale, una netta maggioranza di vittime di sesso femminile, comprese tra la fascia d’età 35-54 anni (35/44 - 27%; 45/54 – 26%), per un totale rappresentativo delle donne del 95.3%.
La maggior parte delle segnalazioni riguardano denunce di percosse fisiche (45,7%) e psicologiche (41,8%) ed in minima parte abusi sessuali subiti (4,9%).
Attualmente stiamo assistendo però ad una diminuzione delle segnalazioni. Come ci spiegano i consiglieri regionali 5 Stelle Michele Cammarano e Luigi Cirillo: “I dati evidenziano che dall’inizio dell’epidemia e con un incremento delle misure di contenimento, le richieste di aiuto ai Centri Antiviolenza della Campania sono diminuite sensibilmente. Questo non vuol dire che il fenomeno si sia attenuato ma che per le donne potrebbe risultare più difficile denunciare in quanto sotto stretto controllo dei conviventi”. Pertanto, in considerazione del fatto che il 90,2% delle vittime subisce aggressioni presso la propria abitazione e che il 77% di queste vengano denunciate dopo più di un anno e che le segnalazioni pervengano per lo più da familiari prossimi, amici e conoscenti e non dalle vittime stesse, è ipotizzabile che al termine del lockdown il numero delle denunce aumenti esponenzialmente e in tempi relativamente brevi.
Bisogna inoltre considerare che, atteggiamenti di violenza reiterati nel tempo, elicitano nelle vittime sentimenti di vergogna e colpevolizzazione, tali per cui, poco più del 20% di queste formalizzano una querela nei confronti del proprio aggressore. Dalle statistiche Istat, infatti, apprendiamo che delle segnalazioni pervenute ai Servizi Antiviolenza, solo il 21,7% delle donne denuncia il proprio assalitore e che il 4% di queste ritiri in seconda battuta la querela.
Altro dato statistico rilevante è che il 77,5% delle donne, vittime di atteggiamenti vessatori, si esonera dall’accusare ufficialmente il proprio aguzzino. Le motivazioni che spingono al ritiro della denuncia possono essere molteplici, dalle paure di ripercussione su di se e i figli, alle pressioni psicologiche subite da parte del partner che tendono alla giustificazione dei comportamenti violenti, al mancato supporto familiare e dal fatto che alcune donne che subiscono violenza dal proprio partner, abbiano affrontato un medesimo trattamento dalla famiglia di origine, per cui possono tendere alla normalizzazione di quei comportamenti.
Risulta evidente come tali atteggiamenti, seppur comprensibili, possano essere un cattivo esempio per le future generazioni; Il 69% delle donne che hanno richiesto intervento da parte un Centro Antiviolenza, ha dichiarato di avere un figlio, di cui nel 59% dei casi minorenne e che il 62% di questi abbia assistito alla violenza mentre il 18% di questi l’ ha anche subita.
Evidenze scientifiche hanno dimostrato che la sola esposizione a comportamenti aggressivi da altri significativi, può indurre all’assunzione di atteggiamenti violenti per osservazione ed imitazione. Inoltre, un clima familiare abusante può elicitare nel minore una costellazione sintomatica di natura ansiosa, da enuresi notturna in età evolutivamente tardiva, disturbi del sonno, inquietudine, disturbi alimentari, disturbi gastro-intestinali. Ricerche hanno inoltre rilevato una significativa correlazione tra uomini maltrattanti e abusi ricevuti, di natura fisica e/o psicologica, in età prepuberale, tale per cui l’interruzione del ciclo di violenza risulta difficile da arrestare.
Dr. Giuseppe di Rienzo