31/03/2020
Un'amara ma realistica riflessione...
Grazie alla pagina I miei giorni con te - In viaggio con la demenza
💬💬💬
https://www.facebook.com/1835056403427473/posts/2552043961728710/
Ci ricorderemo delle case di riposo quando questa emergenza passerá?
È una domanda che mi faccio spesso in questi giorni.
Condivido pienamente la scelta dell'isolamento. Pur rendendomi conto del sacrificio straziante richiesto alle famiglie, la promiscuità della vita di comunitá, l'impossibilitá di separare gli spazi, l'estrema fragilitá dei residenti rende necessaria questa misura per provare a scongiurare l'ecatombe che, ahimè, ha giá colpito alcune strutture.
Ma quando l'emergenza finirá, leveremo le mascherine e le famiglie potranno finalmente riabbracciare i loro cari...il resto della comunitá, i politici, le istituzioni si ricorderanno ancora di noi?
Perché la veritá vera è che prima nessuno si ricordava di noi.
Le case di riposo ora sono allo stremo, ma erano in difficoltá anche prima. E la colpa non era del coronavirus.
Ora siamo in emergenza, si raccolgono le armi che ci sono, si stringono i denti e si va avanti compatti. Ma poi? Ci sará chiesto di continuare cosi?
Perché in casa di riposo i denti si stringono da un bel pezzo. Non ci sono soldi ormai per nulla.
Prima del coronavirus eravamo giá in carenza di personale. Cronica -drammatica- carenza.
Prima del coronavirus bisognava giá fare conti millimetrici per far bastare panni, telini, detergenti, pastelli e perfino lo scotch e le puntine da disegno per le attivitá. Ora si sono solo aggiunti guanti, troppo pochi, e mascherine, ancora meno.
Prima del coronavirus avevano da tempo ridotto le risorse per le consulenze mediche, aumentato il numero di pazienti per professionista, centellinato il tempo per l'assistenza nascondendosi dietro al sottile dito dei parametri da standard.
E per quanto sappia che i conti devono quadrare per far funzionare la baracca permettemi di dirlo: il calcolo dei minuti che ogni operatore puó dedicare ad ogni anziano è qualcosa che, umanamente, non si puó sentire. Eppure tant'era e tant'è. Anche ora che gli operatori rappresentano l'unico contatto umano per gli anziani, letteralmente.
Prima del coronavirus le case di riposo erano in fondo alla lista delle prioritá di tutte le amministrazioni, fanalino di coda nelle voci di ogni bilancio, inesistenti perfino tra le promesse elettorali di qual si voglia partito.
E questo giá da solo la dice lunga.
Dentro le case di riposo si combatteva giá da tempo una battaglia di logoramento contro una politica assente, distratta da prioritá più scintillanti, spesso vergognosamente all'oscuro di bisogni e necessitá dei tanti vecchi che hanno costruito l'Italia che loro si fregiano di governare.
Ora nelle case di riposo si sta facendo il necessario. Si assiste, si cura, si lavora comunque. Come si faceva prima e se possibile anche meglio, perché in emergenza non c'è tempo di far polemica.
Perché chi ci lavora ha scelto la cura come mestiere e oggi è chiamato a darne ancora una volta prova. E lo fa, in silenzio, senza clamore e senza bisogno di lodi.
Ma poi, quando il coronavirus non ci sará più, si ricorderanno di noi?
Dovremmo ancora stringere la cinghia?
Tagliare altro personale?
Far ancora comprare alle famiglie ausili e integratori nonostante le rette stratosferiche che giá pagano?
Dovremo continuare a rispondere a chi sta in lista d'attesa da mesi che non c'è posto, che la quota non è ancora disponibile?
Dovremo continuare a contare su volontari e associazioni per far girare i pulmini e comprare materiale? Sia chiaro, la loro presenza è preziosa. Ma dovrebbero essere un prezioso valore aggiunto, un'opportunitá per dare di più. E invece troppo spesso sono la chiave per tappare la falla, la condizione necessaria per continuare a tenere aperto il servizio.
Mi chiedo allora, oggi che ci stiamo tutti rendendo conto del valore inestimabile di un sistema socio-sanitario che funziona, quando il coronavirus passerá, cari Governanti e Amministratori, volgerete finalmente lo sguardo anche alle case di riposo?
Rivaluterete i vostri bilanci adeguandoli un po' di più ai bisogni di una popolazione che cresce sempre di più e che per una vita ha pagato le tasse?
Ripenserete ad un sistema che oggi riesce a rispondere solo ad una piccola parte delle reali necessitá degli anziani e delle loro famiglie?
Questa domanda, non lo nascondo, mi angoscia un po'.
Perché nella risposta sta anche il nostro futuro.
Perché prima o poi vecchi, a Dio piacendo, ci diventeremo tutti.