09/08/2025
NELLA VITA COGLIETE L’ESSENZIALE
L’incontro che ha fermato il tempo.
In un ospedale di Londra, tra corridoi silenziosi e pareti impregnate di attese, si è consumato un momento che nessuna fotografia potrà mai restituire davvero.
Paul McCartney è arrivato senza clamore. Aveva con sé solo una chitarra consumata dagli anni e dalle emozioni, e negli occhi la luce di chi sa che certi addii non si dicono, si sussurrano.
Nel letto, fragile come un sussurro, c’era Phil Collins. Il cuore stanco, il corpo provato, ma l’anima ancora piena di battiti da suonare.
Paul si è seduto accanto a lui. Ha accordato le corde con la delicatezza di un fratello che accarezza la vita. E poi ha iniziato. “Hey Jude”, quasi in un soffio, come se la musica potesse guarire ciò che la medicina non può.
Gli infermieri si sono fermati. Qualcuno ha pianto. E una lacrima ha tracciato il volto di Phil, come un’ultima nota su uno spartito invisibile.
Alla fine, Paul gli ha preso la mano. Si è chinato su di lui, e con la voce spezzata dalla commozione gli ha detto:
“Non abbiamo più palchi, Phil. Ma restiamo una band. E la vita è il nostro ultimo concerto.”
Nessun applauso. Solo silenzio. Solo verità.
Quell’abbraccio tra due leggende è diventato un inno, un atto d’amore, un testamento d’amicizia.
Perché prima di essere miti, sono stati uomini. E in quel momento, lo sono stati più che mai.