04/06/2025
Se ti chiedessi di descrivermi il tipo di uomo che ti attira, con ogni probabilità mi elencheresti una serie di qualità idealizzate, tutte infiocchettate da belle parole come empatia, intelligenza emotiva, spiritualità, stabilità, profondità e altre perle di questo genere, e magari saresti anche sinceramente convinta che quelli siano davvero i tuoi criteri, come se fossero il frutto di scelte libere e consapevoli, quando invece, senza accorgertene, stai solo dichiarando i tuoi desideri consci, non le tue attrazioni reali.
Il punto non è quello che ti piace “in teoria”, ma ciò che ti calamita “nella pratica”.
Se ti doni il permesso di guardare alle tue spalle con lucidità, nella scia delle tue relazioni, non troverai una lunga sequenza di uomini spiritualmente maturi, emotivamente presenti o capaci di nutrire con coerenza e verità una relazione alla pari, ma al contrario, troverai una danza storta e ripetitiva in cui si alternano uomini che ti ignorano e uomini che ti risucchiano, uomini che ti fanno sentire piccola e uomini che ti mettono sul piedistallo per poi scaraventarti giù.
Alla fine, se guardi tutto questo da un certo livello di consapevolezza, ti potrai accorgere che è sempre lo stesso uomo, con lo stesso odore, lo stesso vuoto, la stessa firma energetica.
Qui non si tratta di sfortuna e nemmeno di karma, ma si tratta di un meccanismo, di un automatismo… di una matrice… di una memoria emotiva profondissima che si è scritta dentro di te ben prima che potessi capirne il senso.
Ciò si è generato in un tempo in cui ogni emozione era verità assoluta e ogni carezza o assenza diventava una legge interna da seguire per sopravvivere.
Quella matrice ha un nome e, spesso, quel nome coincide con la prima figura maschile che ti ha mostrato — nel bene e nel male — cosa significhi essere amata da un uomo: tuo padre.
Che fosse fisicamente presente o del tutto assente, dolce o anaffettivo, instabile o severo (non importa), la sua energia ha impresso nella tua struttura interiore un’impronta che ancora oggi guida le tue scelte, non in base a ciò che ti fa bene, ma in base a ciò che ti è familiare.
La trappola è proprio questa:
ciò che ti fa sentire “coinvolta”, “presa”, “viva”... spesso è solo la ripetizione inconscia del primo amore incompiuto.
Il tuo sistema nervoso, che registra tutto molto prima della tua mente, ha imparato che amore significa aspettare, meritare, rincorrere, adattarsi, servire, controllare, resistere o addirittura sparire. Per cui, ora, ogni volta che ti trovi davanti a un uomo che incarna inconsapevolmente quel tipo di energia, si accende un impulso automatico che ti fa scambiare attrazione per destino, dipendenza per passione, oppure, tormento per profondità.
La cosa più subdola è che, anche quando ti dici che vuoi qualcosa di diverso, anche quando pensi di avere fatto pace col passato, anche quando ti prometti che “questa volta no”… se non hai visto con chiarezza quel meccanismo fino in fondo, senza più giustificare, senza più idealizzare, senza più raccontarti la favola del “mio papà era buono ma…” — ecco, quel meccanismo continuerà a sceglierti le relazioni al posto tuo, anche mentre credi di scegliere consapevolmente.
Tutto questo non accade perché sei sbagliata o debole, ma perché non ti sei mai realmente accorta di quanto stai ancora rispondendo, ogni volta che ti innamori, a un archetipo antico, a un'immagine impressa nel tuo corpo emotivo, che ti porta a rivivere ciclicamente lo stesso scenario, con l’illusione che “questa volta andrà diversamente”, quando in realtà stai solo mettendo in scena lo stesso dramma con attori diversi.
Solo quando smetti di domandarti “perché trovo sempre uomini sbagliati” e cominci a chiederti, in totale onestà, “quale parte di me ha ancora bisogno di rivivere quella ferita per sentirsi viva?”, allora, qualcosa comincia a smuoversi e, quello che prima ti sembrava un destino inviolabile, inizia a mostrare le sue vie d’uscita.
- Non potrai essere libera finché resti schiava di quel copione!!!
- Non c’è amore possibile finché chi cerchi non è un compagno, ma un surrogato del padre che volevi avere e non hai avuto.
- Non c’è unione possibile finché entri nelle relazioni per guarire un buco che solo tu puoi vedere e attraversare.
- Non c’è risveglio finché resti incastrata a ripetere, in nome dell’amore, il dolore che hai imparato a chiamare “normalità”.
La via d’uscita c’è e consiste nello smascherare l’automatismo rendendolo visibile comprendendo che, ciò che ti attrae, spesso non ti nutre.
La vera libertà comincia nel momento in cui smetti di rispondere a una programmazione e inizi a osservare consapevolmente senza più bisogno di replicare il passato per sentirti a casa.
Maria Rayka