26/01/2024
😶😶😶 “Handicappato”, “disabile”, “invalido”, “diversamente abile”?
Niente di tutto questo ma solo e semplicemente “PERSONE CON DISABILITA'”!
😎😎😎 Il concetto di "disabilità" ha subìto nel corso del tempo una profonda revisione, sia dal punto di vista scientifico che sul fronte culturale e sociale. Dare un’occhiata a questo progresso negli anni, è fondamentale per notare come il cambiamento lessicale sia coinciso con il cambiamento dei contenuti e quindi degli approcci.
🔔🔔🔔 Alcune parole e definizioni che fino a pochi anni fa erano comunemente usate sono diventate in questo senso inadatte, oltre che offensive!!! Per un uso CORRETTO delle parole dedicate qualche minuto a questo post! GRAZIE!!!
̀
“Handicappato”, “disabile”, “invalido”, “diversamente abile”?
Niente di tutto questo ma solo e semplicemente “persone con disabilità”!
Il concetto di "disabilità" ha subìto nel corso del tempo una profonda revisione, sia dal punto di vista scientifico che sul fronte culturale e sociale.
Dare un’occhiata a questo progresso negli anni, è fondamentale per notare
come il cambiamento lessicale sia coinciso con il cambiamento dei contenuti e quindi degli approcci.
Alcune parole e definizioni che fino a pochi anni fa erano comunemente usate sono diventate in questo senso inadatte, oltre che offensive.
Vuoi saperne di più?
Iacopo Melio ne parla nel suo libro:
“È facile parlare di disabilità (se sai davvero come farlo)”
Alcuni brevi estratti dallo stesso libro:
✅ «Diversamente abile» / «Diversabile»
Parlare di «abilità diverse» sottolinea comunque una diversità, facendo percepire quelle abilità inferiori. Inoltre, l’avverbio «diversamente» ha ormai assunto nell’immaginario comune il significato di opposto: una persona definita «diversamente onesta», ad esempio, non viene ritenuta «onesta in modo diverso», ma semplicemente «disonesta», cioè non onesta! (…) chi definisce qualcuno «diversamente abile» sta in realtà dicendo (anche se non vuole farlo) che quella persona «non è buona a fare niente», anziché dire che «sa fare qualcos’altro» o «sa fare le cose in modo diverso». Che poi, quale «altro»? E di quale «modo diverso» si starebbe parlando?
“Questo ragionamento, ovviamente, vale anche per il fantasioso «diversabile» (che, ahinoi!, sta prendendo sempre più piede): peccato che questo termine non abbia nemmeno un suo contrario, dato che «ugualabile» nemmeno esiste, perciò a maggior ragione non ha senso utilizzarlo.
✅ «Invalida»
“Letteralmente «non-valida»: va da sé che nessuno dovrebbe mai essere etichettato in questo modo in base alle sue caratteristiche fisiche, neurologiche o sensoriali.”
✅ «Portatrice di handicap»
“La disabilità non è un peso da «portare»: di per sé non schiaccia, non opprime né soffoca. A farlo, semmai, è una malattia oppure gli ostacoli che la società ci pone davanti.
Oltretutto, qualcosa che «si porta» si presuppone che la si possa anche «lasciare» in qualunque momento, ma questo non vale per buona parte delle disabilità. Una persona con disabilità non «porta» niente se non uno zaino, gli occhiali, i libri, una bandiera… Se stessa, come fa ognuno!
Perciò eliminiamo questo senso di pesantezza a prescindere quando ne parliamo.”
Inoltre:
“Il tempo passa e ogni cultura cambia, così si modifica anche il linguaggio che sta alla base di quella certa cultura”
Quindi i “«secondo me», «però…» non sono in questo caso ammessi: la sociologia, l’antropologia, la psicologia e la linguistica sono scienze sociali, e questo libro è la sintesi di mezzo secolo di ricerche, di studi e di teorie riguardanti i Disability Studies e non solo. Impariamo quindi ad affidarci a chi, da esperto, si è sempre occupato di questo se vogliamo sapere davvero «come si fa», perché la consapevolezza tecnica degli addetti ai lavori non può essere messa in discussione.”
“Essere persone con disabilità, caregiver, oppure volontari o professionisti che lavorano nel sociale, non è garanzia di competenza specifica in ambito inclusione:
esistono infatti dei bias anche per chi è pratico della materia, che portano a essere parte dell’abilismo o a essere vittime dell’abilismo interiorizzato, perciò facciamo attenzione e mettiamoci sempre in discussione”
“…per anni siamo stati condizionati da pochissime prospettive riguardanti la disabilità, quasi tutte con la stessa narrazione distorta, e ognuna di queste pessime letture ha finito con l’allontanarci — non certo con l’avvicinarci — alla disabilità, se non per evidenziare ulteriormente le sue «differenze» rispetto a quella che viene socialmente ritenuta la «norma».
Attenzione: non sto dicendo che siamo abituati a discriminare volutamente chi vive una condizione di apparente difficoltà. Ma che senza accorgercene finiamo spesso con l’alzare muri, anche quando pensiamo di agire correttamente, perché purtroppo le buone intenzioni non sono sufficienti a costruire ponti: occorre infatti consapevolezza, e questa dipende anche dalla scelta e dall’utilizzo delle parole”
In Italia c’è un decreto legislativo previsto dalla legge delega del 2021, approvata durante il governo di Mario Draghi come parte del PNRR.
Il decreto legislativo dovrebbe entrare in vigore entro il 2025. Prevede, tra le altre cose, di modificare definizioni e parole riferite alla disabilità sia nella legge 104 del 1992.
Parole come «handicap», «handicappato», «disabile», «diversamente abile» verranno sostituite con formule come «condizione di disabilità» e «persona con disabilità», adattando il nostro linguaggio normativo a quanto previsto dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, approvata nel 2006 e ratificata dall’Italia nel 2009, quindici anni fa.
Vorreiprendereiltreno