Dott. Giuseppe Lavenia

Dott. Giuseppe Lavenia Psicoterapeuta - Divulgatore Scientifico - Esperto in Educazione e Benessere Digitale.

Presidente Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi della regione Marche.

Un ragazzo di 15 anni me lo dice sorridendo e tremando insieme.Perché il primo amore non è mai leggero: è un terremoto d...
14/10/2025

Un ragazzo di 15 anni me lo dice sorridendo e tremando insieme.
Perché il primo amore non è mai leggero: è un terremoto dentro.
È il bisogno di sentirsi visti, scelti, unici.

A quell’età il cuore non conosce compromessi:
ama come se fosse per sempre,
soffre come se fosse la fine.
Ogni messaggio diventa un segnale vitale,
ogni silenzio un vuoto che inghiotte.

In terapia lo vedo spesso:
l’amore diventa lo specchio dell’autostima.
Se mi ami, valgo. Se non mi ami, non esisto.

È un’illusione pericolosa,
perché lega la propria identità allo sguardo dell’altro.
E allora serve ricordarlo:
l’amore può insegnare, ma non deve annullare.

Il primo amore resta indimenticabile
solo se lo viviamo come scoperta,
non come catena.

I bambini non hanno bisogno di imparare a scrivere più in fretta.Hanno bisogno di imparare a pensare mentre scrivono.Qua...
13/10/2025

I bambini non hanno bisogno di imparare a scrivere più in fretta.
Hanno bisogno di imparare a pensare mentre scrivono.

Quando un bambino prende in mano una penna, il cervello si accende.
Ogni lettera è un movimento, una coordinazione tra mano, occhio e mente.
È lì che nasce il linguaggio, la concentrazione, la memoria.

Digitare è veloce, ma non educa alla profondità.
La tastiera trascrive. La mano comprende.
E tra capire e copiare c’è una differenza enorme.

Gli studi lo confermano: scrivere a mano attiva più aree cerebrali, potenzia l’apprendimento e rafforza l’autoregolazione.
Ma soprattutto, insegna la pazienza, quella che oggi rischiamo di perdere anche nei gesti più semplici.

Insegniamo ai nostri figli a usare la penna.
Perché nella lentezza del gesto, imparano la bellezza del pensiero.

È la frase che ogni genitore pronuncia quando accade l’impensabile.Eppure qualcosa, prima, c’è sempre stato. Uno sguardo...
12/10/2025

È la frase che ogni genitore pronuncia quando accade l’impensabile.
Eppure qualcosa, prima, c’è sempre stato. Uno sguardo spento. Una rabbia muta. Un silenzio che diventava muro.

A Ravenna un ragazzo di 14 anni ha accoltellato i propri genitori nel sonno.
Un gesto assurdo, inconcepibile, ma non improvviso.
Dietro la violenza di un adolescente c’è quasi sempre una frattura invisibile, che si apre lentamente: una mente che non regge la pressione, un dolore che non trova parole, un’identità che non sa più chi è.

Viviamo in una società che non ascolta, che corre, che si accorge dei ragazzi solo quando esplodono.
Eppure la violenza non nasce in una notte.
Nasce dal sentirsi soli, dal non essere visti, dal crescere in un mondo dove la rabbia è l’unico linguaggio che resta.

Serve un cambio culturale: la salute mentale non può più essere un lusso.
Serve prevenzione, ascolto, psicologi nelle scuole, sportelli gratuiti, spazi di parola veri.
Perché quando un ragazzo arriva a colpire chi ama, vuol dire che da tempo stava chiedendo aiuto. Solo che nessuno lo ha sentito.

All’estero li chiamano digital sabbath o phone-free zones: spazi di tempo in cui ci si disconnette davvero, senza avvisi...
11/10/2025

All’estero li chiamano digital sabbath o phone-free zones: spazi di tempo in cui ci si disconnette davvero, senza avvisi, messaggi, vibrazioni.
Sembra semplice, ma chi ci prova racconta di provare ansia, irrequietezza, persino paura di perdersi qualcosa.

La verità è che siamo diventati schiavi del suono di una notifica.
Un piccolo “ping” che decide il nostro umore, ci interrompe, ci distrae, ci tiene in ostaggio.

In terapia vedo ragazzi che non riescono più a studiare mezz’ora di fila senza controllare lo schermo.
E adulti che, anche a cena con i figli, non riescono a posare il telefono sul tavolo.

Creare zone protette senza notifiche non è un esercizio banale.
È un atto educativo, un allenamento alla presenza, un ritorno al valore dell’attesa.
Perché solo chi sa resistere al rumore può riscoprire la forza del silenzio.

Ti va di provarci? Un’ora al giorno. Notifiche spente. Occhi accesi sulla vita reale.

Un minore su cinque in Italia ha un problema di salute mentale.Uno su cinque.Ma la vera notizia è che facciamo finta di ...
10/10/2025

Un minore su cinque in Italia ha un problema di salute mentale.
Uno su cinque.
Ma la vera notizia è che facciamo finta di non saperlo.

Da anni discutiamo di bonus, progetti, sportelli, bandi.
Provvedimenti temporanei per un disagio che ormai è strutturale.
La salute mentale non si finanzia: si costruisce, giorno per giorno, nei luoghi dove i ragazzi crescono.

Non serve un intervento d’emergenza.
Serve una presenza quotidiana, dentro le scuole, nei quartieri, nelle famiglie.
Serve uno psicologo di base accessibile, presente e gratuito, come il medico di famiglia.
Qualcuno che intercetti prima, accompagni durante, sostenga dopo.

Non serve un bonus che si esaurisce in dieci sedute:
serve la certezza che, ovunque tu viva, ci sia qualcuno pronto ad ascoltarti.

Il disagio mentale non esplode all’improvviso: cresce nel silenzio.
E noi, in quel silenzio, ci siamo abituati a vivere.

È ora di cambiare paradigma.
La salute mentale non è un servizio da erogare:
è un diritto da garantire.

Viviamo in un’epoca in cui la gratificazione è a portata di click: un cuore rosso, un pollice alzato, un numero che cres...
09/10/2025

Viviamo in un’epoca in cui la gratificazione è a portata di click: un cuore rosso, un pollice alzato, un numero che cresce sotto un post.
Sembra tanto. Ma quando stai male, quando sei davvero fragile, non basta.

Lo vedo in seduta: ragazzi che ricevono centinaia di like ma si sentono soli.
Perché un like non ti guarda negli occhi, non ti ascolta, non ti abbraccia.
È una carezza veloce che svanisce, non un contatto che resta.

Il problema non è il like in sé. È credere che possa sostituire il calore umano.
Eppure, siamo sempre più dipendenti da quel piccolo gesto digitale.
Abbiamo bisogno di ridefinire il senso di vicinanza: meno connessioni virtuali, più relazioni reali.

Il digitale può unire, ma non può reggere il peso di un’emozione vera.
E ogni adulto, genitore, insegnante, dovrebbe chiedersi: che valore sto insegnando ai ragazzi? L’approvazione rapida o la presenza che consola?

08 Ottobre, Auditorium PaganiniParma, ore 21.00Io e Roberta Bruzzone vi aspettiamo per una serata intensa, diretta e sen...
07/10/2025

08 Ottobre, Auditorium Paganini
Parma, ore 21.00
Io e Roberta Bruzzone vi aspettiamo per una serata intensa, diretta e senza filtri:
“Genitori sull’orlo di una crisi di nervi”
Strategie vere per affrontare il caos educativo, le sfide quotidiane e molto altro.

Ultimi posti disponibili su TicketOne:
ticketone.it/event/19835489

Perché essere genitori, oggi, è un mestiere complesso.
E parlarne insieme è il primo passo per non sentirsi soli.

Una ragazza me lo dice con gli occhi lucidi.Non è solo paura di un voto: è sentirsi giudicata, messa alla prova non su q...
07/10/2025

Una ragazza me lo dice con gli occhi lucidi.
Non è solo paura di un voto: è sentirsi giudicata, messa alla prova non su quello che sa, ma su chi è.
L’ansia scolastica funziona così: prende un compito, un’interrogazione, un esame, e li trasforma in un tribunale. Non più un momento di crescita, ma un verdetto sul proprio valore.
Il cuore accelera, la mente si blocca, il corpo va in allarme come se fosse in pericolo.
In terapia vedo spesso questo meccanismo: ragazzi bravissimi che si convincono di non valere nulla davanti a un voto. Non è pigrizia, è la fatica di reggere un sistema che confonde la performance con l’identità.
E allora resta a noi adulti ricordarlo: la scuola deve insegnare, non schiacciare.
Un 4 o un 10 non definiscono nessuno: definiscono solo un momento.
Chi sei, invece, vale molto di più di una cifra scritta su un registro.

C’è una proposta di legge bipartisan per vietare ai minori di 15 anni l’accesso ai social.Ottimo. Ma ammettiamolo: se si...
06/10/2025

C’è una proposta di legge bipartisan per vietare ai minori di 15 anni l’accesso ai social.
Ottimo. Ma ammettiamolo: se siamo arrivati a questo punto, è perché i primi a esporre i bambini non sono stati gli algoritmi, ma i genitori.

Abbiamo trasformato la gioia di una nascita in un post, i primi passi in contenuto, i sorrisi in materiale promozionale.
E tutto questo lo chiamiamo “condivisione”.
Ma condividere non è mostrare: è custodire, è proteggere, è scegliere chi ha diritto di guardare e chi no.

Un bambino che cresce davanti a una fotocamera impara presto che per essere amato deve piacere.
Che la felicità si misura in like.
Che l’attenzione è una moneta, e lui il prodotto da vendere.

E allora sì, servono leggi.
Ma non per i social: per ricordare agli adulti che l’amore non si monetizza.
Un figlio non si pubblica.
Un figlio si guarda, si ascolta, si lascia vivere.

Ci sono parole che curano.E altre che feriscono.A scuola, in famiglia, online: i legami dei ragazzi oggi nascono anche l...
06/10/2025

Ci sono parole che curano.
E altre che feriscono.
A scuola, in famiglia, online: i legami dei ragazzi oggi nascono anche lì, tra chat, sguardi digitali e silenzi reali.

Il 18 ottobre sarò a Milano, all’Università Cattolica, per l’evento “Parole a Scuola – CURA_ Dove batte il cuore dei ragazzi”, insieme a voci che si occupano ogni giorno di giovani, emozioni e rete.

Perché anche se non ci guardiamo negli occhi, ciò che ci diciamo conta.
E la scuola può essere il primo luogo dove imparare a prendersene cura.

Ore 16:00 – Aula Magna, Università Cattolica di Milano
Iscrizione gratuita: paroleostili.it/eventi/parole-a-scuola/programma?panelId=PAS2025COMMUNITY

È una frase che sento sempre più spesso in studio.Dietro non c’è solo insicurezza: c’è l’idea, ormai radicata, che il no...
06/10/2025

È una frase che sento sempre più spesso in studio.
Dietro non c’è solo insicurezza: c’è l’idea, ormai radicata, che il nostro valore dipenda dallo sguardo degli altri.
Che per esistere dobbiamo esserci online.

Non riusciamo più a stare nel vuoto tra un messaggio e l’altro.
Riempire diventa un riflesso automatico: pubblico, scrivo, controllo se qualcuno ha visualizzato.
E se non arriva risposta, arriva la paura di sparire.

Il silenzio, che un tempo serviva a pensare, oggi spaventa.
Eppure è proprio lì che si cresce: nel non dover essere visti per forza, nel saper restare anche quando nessuno ci chiama.
Solo così impariamo a riconoscerci, prima ancora di farci riconoscere.

Lo chiamano Silent Walking ed è l’ultima sfida virale che sta conquistando milioni di persone nel mondo.Una passeggiata ...
05/10/2025

Lo chiamano Silent Walking ed è l’ultima sfida virale che sta conquistando milioni di persone nel mondo.
Una passeggiata senza distrazioni digitali, solo tu, i tuoi pensieri e i tuoi passi.

Può sembrare banale, quasi inutile, ma non lo è.
In realtà ci ricorda qualcosa che stiamo perdendo: la capacità di stare soli con noi stessi, senza una voce esterna che ci riempie, senza uno schermo che ci ipnotizza.

Camminare senza notifiche significa ascoltare il respiro, sentire il corpo, osservare il mondo.
È un piccolo atto di ribellione contro la dittatura della connessione continua.
Un ritorno a un contatto essenziale: con la strada, con il silenzio, con noi stessi.

E forse la vera sfida non è camminare senza smartphone.
È resistere all’ansia che arriva quando smettiamo di distrarci.
Perché il silenzio ci mostra quello che non vogliamo vedere: emozioni, pensieri, desideri.
Ma è lì che comincia la vera consapevolezza.

Ti va di provarlo?
La prossima volta che esci, lascia il telefono in tasca.
Cammina in silenzio. Ascoltati. Potresti sorprenderti.

Indirizzo

Via Corridoni 11, 13, 15
Senigallia
60019

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 20:00
Martedì 09:00 - 20:00
Mercoledì 09:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 20:00
Venerdì 09:00 - 20:00

Telefono

+393347765413

Sito Web

http://www.giuseppelavenia.name/

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