
25/09/2025
Racconto di un farmacista.
Il farmacista conosceva tutti i passi dei suoi clienti : quello felpato, quello pensante, che indugiava sulla soglia, quello rapido, quello affaticato.
Distingueva le voci e ad una prima parola gli si apriva nella mente un piccolo universo dove si libravano un volto , una storia , un dolore.
Allora dal retro passava avanti per accogliere chi era entrato.
Alcuni dicevano che era un venditore col camice, ma lui non era d'accordo, perchè doveva ogni giorno confrontarsi con la malattia delle persone.
Il dolore trasforma la sua vittima, può ridurla ad un bambino inerme lacrimante nel buio di una stanza, oppure rivestirla di una corazza impenetrabile che digrigna a testa bassa la sua rabbia.
Il farmacista nel primo caso doveva coprire, incoraggiare anche difendere il cliente, nel secondo doveva usare le parole come grimaldello, piccolo scavatore per entrare nel guscio e vedere almeno una sfumatura di quel dolore.
Dietro di lui campeggiavano una distesa enorme di farmaci: gocce, compresse, sciroppi, eppure sapeva benissimo che nessuno di essi era risolutivo, potevano curare per qualche giorno , mese addirittura anni
Ma non potevano curare un'intera vita.
La vita era misteriosa, aveva delle regole che in parte superavano la sua conoscenza, certi mali, poi, li potevi seppellire sotto tonnellate di compresse ma ogni tanto saltavano fuori urlando, come la testa minacciosa di un drago.
Nell'inesorabile limitatezza delle sue conoscenze pensava che bisognasse chinarsi ad ascoltare il cliente perchè nelle parole, nei racconti si annida spesso la coda del male o un suo riflesso e perchè, nel raccontare il dolore , inizia già lentamente la guarigione.
Guardò la persona che aveva davanti e gli sorrise: era la prima chiave per la porta del cuore.