01/07/2024
LE VOSTRE RECENSIONI ❤️
“Quando mamma o papà hanno qualcosa che non va - Miniguida sulla sopravvivenza per i figli di genitori con un disturbo mentale”.
Analizzando il titolo di questa pubblicazione dell’autrice Stefania Buoni - Autrice Attivista Changemaker, la prima parola che salta all’occhio e che vorrei mettere in grassetto è “sopravvivenza”.
Perché usare il verbo sopravvivere? Il sopravvissuto non è colui che si è salvato da un pericolo, da un disastro, da una calamità?
I figli e le figlie di un genitore con un disturbo mentale sopravvivono a pericoli, a insidie e tormenti, a ostacoli e terremoti. Li attraversano dalla nascita, a livello fisico, mentale e sociale. E di questi figli ce ne sono tanti, e purtroppo sono invisibili, semplicemente perché non si tende a vedere ad occhio n**o la loro sofferenza. Colpa dei tabù e dei preconcetti consolidati.
La mini guida è il tentativo di far uscire dall’invisibilità il problema, di rendere palpabile una realtà, di rendere udibili queste voci, e di farlo in maniera chiara e cristallina.
Stefania Buoni è un’attivista (fondatrice di COMIP - Figli Di Genitori Con Un Disturbo Mentale “children of mentally ill parents”) e si fa portavoce dei diritti di quei bambini, bambine, ragazzi e ragazze che vivono in un contesto dove uno o entrambi i genitori hanno un disturbo mentale.
Molte delle tecniche di sopravvivenza che suggerisce Stefania, ogni figlio e ogni figlia di questi genitori le mette in atto, inconsapevolmente, e la bellezza di questa miniguida è quella di rivolgersi a loro e di dire “continua così, stai nella giusta direzione”, oppure “guarda, ti do quest’altro consiglio, io che ci sono già passata so come stai e quindi fidati ;-)”.
Le “buone pratiche” fanno di questa miniguida una preziosa compagna di strada per quei ragazzini e ragazzine che sono tristi e hanno paura, mille paure, che si sentono impotenti, che provano vergogna e rabbia, che sono assaliti da sensi colpa, che sperimentano ansia, amore, odio, che hanno subìto traumi. Che si sentono “soli”.
Ma sapete quale è la prima cosa che fanno i “survivors”? Sopravvivono ai pregiudizi, allo stigma che da sempre le persone con disturbo mentale, e quindi anche i loro famigliari, subiscono. E questo testo è un passo in avanti verso una maggiore consapevolezza sociale e culturale dell’importanza della “salute mentale”, un passo in avanti verso la prevenzione. Questo testo è un’operazione di acculturazione, un’attenzione alla cura, un invito al dialogo e alla comprensione.
Un altro aspetto interessante che il manuale di sopravvivenza svela e insegna è che c’è sempre il risvolto della medaglia, che l’autrice chiama “superpoteri”. Si tratta di salvagenti, di quei punti di forza nati dalle debolezze, sono quei poteri eccezionali conferiti dai momenti di fragilità.
Ecco che i sopravvissuti si scoprono persone creative e tolleranti, hanno uno spirito di adattamento senza pari, hanno senso dell’umorismo, conoscono l’arte di arrangiarsi, sono affidabili, empatici, profondi, sanno districarsi in mezzo al caos, vivono intensamente le emozioni, sono maturi, predisposti all’aiuto e alla cura degli altri. E soprattutto hanno il coraggio di sfidare lo status quo. Tutto questo si traduce con la parola “resilienza”.
Quindi i sopravvissuti d’ora in poi potremmo chiamarli anche resilienti.
Ma se c’è un termine che più mi piace per definire i sopravvissuti è “testimoni”, poiché hanno pagato un prezzo alto ma possono indirizzare questa energia positiva. Come messaggeri, come inviati speciali. Stefania come attivista, con Comip si batte per i piccoli caregivers e per questo si rivolge agli “specialisti” e “non”. Dagli operatori della salute mentale, psichiatri e psicologi, psicoterapeutici agli educatori, insegnanti, assistenti sociali, genitori, amici, vicini di casa; insomma a tutta la rete sociale che può trovare nel manuale una guida da proporre, verso la costruzione di una società di mutuo - conforto, verso lo sviluppo di una coscienza collettiva sensibile ai diritti dei figli e delle figlie di genitori con disturbo mentale.
Comip si batte anche contro la disinformazione e per questo un’altra categoria che potrebbe far tesoro di questo lavoro è proprio quella degli operatori dell’informazione e della comunicazione. Questo libro può essere una guida utile insieme al “codice etico sulle notizie relative ai cittadini con disturbo mentale”, che già esiste ma di cui pochi conoscono l’esistenza.
Si tratta della “Carta di Trieste” sottoscritta dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e dalla Federazione Stampa Italiana nel 2010. Un protocollo per promuovere un’informazione corretta e attuale dei problemi relativi alla salute mentale, tanto importante se si pensa come il sensazionalismo da cronaca contribuisce ad alimentare lo stigma verso le persone con patologie psichiatriche e quindi verso le loro famiglie.
Questo documento fu redatto nel capoluogo friulano nel parco di San Giovanni che un tempo ospitava un manicomio, lo stesso che fu protagonista della “rivoluzione basagliana” che poi approdò nella Legge 180/1978.
Da qui dunque il diritto ad una giusta informazione da un lato e il dovere, in capo ai giornalisti, di abbattere i pregiudizi dall’altro lato, attraverso l’uso di un linguaggio pertinente e non lesivo della dignità delle persone, un linguaggio che non scadi nel pietismo ma garantisca il pluralismo di voci.
Sono principi sempreverdi che si alimentano anche con la promozione e la diffusione di storie di guarigione, di esempi di esperienze positive improntate alla speranza".
Concetta Santagati
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