18/04/2025
A contatto o separati?
«Faccio bene a tenerla con noi nel lettone? Non è che poi la vizio?»; «Il tuo dorme già da solo tutta la notte?»: sono domande che si pongono molti genitori. Uno degli aspetti più dibattuti nella nostra società, infatti, è proprio se permettere ai bambini di dormire nel lettone. Si tratta di un tema su cui abbondano pregiudizi e falsi miti e che provoca confusione in tanti neogenitori, anche per via delle opinioni contrastanti degli “esperti”.
Co-sleeping, co-bedding, breastsleeping
Facciamo innanzitutto chiarezza sui termini con cui si indica la condivisione del sonno tra genitori e bambini. Con la parola co-sleeping si fa riferimento ai molti modi in cui un bambino può dormire vicino ai familiari, di solito “a portata di abbraccio”.
Il co-bedding, invece, è una delle modalità di co-sleeping, e prevede la condivisione dello stesso letto.
Esiste anche il termine breastsleeping, introdotto dall’antropologo James McKenna, uno dei maggiori studiosi del sonno condiviso, che si riferisce alla situazione in cui una madre che allatta il figlio condivide con lui il letto, in un ambiente libero da comprovati fattori di rischio.
Dove e come dormire
La vicinanza emotiva e il contatto fisico con i genitori sono alla base dello sviluppo dei bambini e della capacità di diventare autonomi, anche nel sonno. Bisogna però differenziare la situazione in cui un bambino dorme tutta la notte con i genitori per una loro scelta (proactive bed-sharing) dalla situazione in cui il co-bedding è una risposta a una difficoltà del sonno, inizialmente non prevista.
Esiste un modo “giusto” di dormire? E fino a che età un bambino può dormire nel lettone?
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