08/03/2023
Marzo, un mese dedicato alle donne, e in questo mese l’ANMIC vuole condividere con voi tutte e voi tutti una riflessione, grazie e, Buona Lettura
La variabile del genere nell'approccio alla disabilità
non è questione di sensibilità ma DIRITTO
Quali conseguenze comporta non considerare la variabile del genere nell’approccio alla disabilità? Comporta che le esigenze specifiche delle donne con disabilità non essendo espresse e rilevate, ben difficilmente troveranno una risposta. Comporta anche che la discriminazione multipla che scaturisce dall’intersezione del genere con la disabilità rimarrà inalterata, e non potremmo dire di non aver avuto un ruolo nella realizzazione di questo scenario. Per tutti questi motivi è importante imparare a prestare attenzione alle interazioni tra il genere e la disabilità, e continuare a farlo sino a quando l’accostamento diventerà spontaneo come associare un cielo terso ad una bella giornata, il miele alle api. La mimosa alla giornata internazionale della DONNA.
Parlando con una giovane donna con una disabilità motoria importante le ho chiesto: “in base alla tua esperienza, essere una donna disabile rappresenta uno svantaggio maggiore?» La sua risposta: «Mi sono posta diverse volte anch’io la domanda “e se fossi stata un uomo, la mia vita sarebbe stata diversa?” Sinceramente non lo so È indubbio che il problema della discriminazione di genere esista nel nostro Paese. Ne abbiamo la riprova ogni giorno. È un fatto di cultura .Forse, se io fossi stata un uomo, avrei avuto un partner e magari dei figli, perché per una donna è più “facile” andare al di là delle apparenze. IO stessa conosco amiche che sono compagne di uomini disabili. Difficoltà oggettive dovute a un retaggio culturale ci sono in ogni ambito ma n fondo sono contenta di essere una donna.»
Tra le donne con disabilità la percezione della discriminazione legata al genere è abbastanza diffusa ,come pure quella legata alla disabilità, ciò che è meno consueto è trovare donne disabili (o, più genericamente, persone disabili) che nel riflettere su questi temi considerino anche l’intersezione tra queste due variabili. Molte persone con disabilità (anche donne) hanno riguardo alle questioni di genere, lo stesso atteggiamento che molte persone non disabili hanno riguardo alle problematiche della disabilità: pensano che sia una questione di sensibilità e non di diritti. Tale è, ad esempio, l’atteggiamento dell’associazione che organizza corsi di progettazione accessibile per architetti e progettisti occupandosi, quando va bene, delle esigenze connesse alle diverse disabilità , ma quasi mai di considerare che gli uomini disabili e le donne disabili – proprio come gli uomini e le donne senza disabilità – fruiscono degli spazi ed hanno stili di vita spesso molto diversi. L’abitudine a non attribuire alcuna rilevanza al genere quando si parla di progettazione accessibile è talmente radicata che, anche nei rari e preziosi casi di progetti centrati proprio sul genere e la disabilità, è difficile far capire alle associazioni di disabili (e non solo a loro) perché le destinatarie del progetto siano proprio le donne con disabilità, e non genericamente le persone disabili. Potremmo osservare che nei direttivi delle associazioni di volontariato che operano nel settore della disabilità le donne sono sottorappresentate, ma è pur vero che anche quelle presenti difficilmente pongono la questione. Come mai? In prevalenza perché non sono abituate ad osservare tutta la realtà da una prospettiva di genere, ma anche perché, come accennato, tendono a separare le problematiche: se si parla di questioni femminili “si pongono come donne”, se si parla di accessibilità “si pongono come disabili”. Che l’accessibilità debba essere declinata anche al femminile è ancora un’idea inconsueta, complicata. Eppure la discriminazione multipla a cui sono soggette le donne con disabilità può essere colta (e contrastata) solo considerando simultaneamente sia il genere, che la disabilità.
Ci sono ambiti in cui, anche nella disabilità, il tema del genere si pone con maggiore evidenza. In questi casi è più facile sincronizzare le due variabili. Pensiamo alla sfaccettata riflessione sulla maternità delle donne con disabilità. Ma, anche qui, non sempre fila tutto liscio. Riscuote molta attenzione, ed altrettanta adesione, da parte delle donne con disabilità il tema dell’accesso ai servizi di ginecologia e ostetricia. Le donne con disabilità sono in primo luogo donne, ed il fatto che i servizi di ginecologia e ostetricia accessibili anche alle donne con disabilità presenti nel nostro Paese siano veramente rara ricerca biomedica ha dimostrato che gli uomini e le donne, pur essendo soggetti alle medesime patologie, presentano significative differenze riguardo la suscettibilità, incidenza, sintomatologia, prognosi, progressione e risposta alla terapia nonché riguardo la percezione personale e sociale e le strategie di adattamento allo stato di salute/malattia»; ma, nonostante ciò, le donne sono state sottostimate negli studi epidemiologici, nelle sperimentazioni farmacologiche e negli studi clinici: «la maggior parte della ricerca preclinica e clinica è stata condotta sugli uomini e i risultati ottenuti sono stati traslati e applicati alle donne come se fossero dei “piccoli uomini”» ( possiamo osservare come la circostanza che il dosaggio dei farmaci nella sperimentazione clinica sia prevalentemente definito su soggetti di sesso maschile non consenta di conoscere con precisione quale sia la risposta alle terapie nelle donne, poiché queste hanno solitamente parametri fisiologici (peso, quantità di acqua, Ph gastrico, ecc.) diversi da quelli degli uomini, e tali parametri incidono sull’assorbimento e sull’azione dei farmaci stessi nell’organismo umano. A questa situazione cerca di porre rimedio la cosiddetta “medicina di genere”, che, va sottolineato, non è circoscritta alle patologie femminili (quelle, per intenderci, che interessano il seno e l’apparato riproduttivo femminile), ma si occupa delle malattie comuni a uomini e donne, include negli studi anche la variabile del genere, ed è finalizzata alla personalizzazione delle terapie. Tornando alla nostra riflessione: se le donne con disabilità, giustamente, manifestano il proprio orgoglio femminile chiedendo l’accesso ai servizi di ginecologia e ostetricia, lo stesso orgoglio femminile dovrebbe spingerle a chiedere contestualmente l’appropriatezza delle cure anche in relazione alle altre malattie, quelle comuni anche agli uomini – oltre, ovviamente, all’accessibilità di tutti i servizi sanitari –, ma, anche su questo fronte, sembra prevalere la scarsa abitudine a riflettere in termini di genere, e la tendenza a tenere distinte le problematiche femminili da quelle della disabilità.
Particolarmente emblematico, sotto il profilo della discriminazione di genere, è QUANTO ACCADE nel nostro Paese in tema di sessualità e disabilità. In Italia sono stati realizzati eventi formativi, convegni, corsi, seminari sul tema in questione, dei quali nessuno è stato dedicato espressamente ad un gruppo di donne con disabilità, In sostanza, chi sta portando avanti questa rivendicazione ha intercettato il desiderio di qualche uomo con disabilità, e ha ritenuto che per non discriminare le donne fosse sufficiente offrire anche a loro la stessa risposta e lo stesso tipo di servizio, senza preoccuparsi di chiedere alle stesse donne disabili quali fossero i loro desideri. Se lo avesse fatto avrebbe capito che in questo ambito le richieste femminili sono abbastanza diverse. Ciò rende necessario realizzare seminari di formazione sui diritti sessuali e riproduttivi delle donne e delle ragazze con disabilità, sia per loro, che per le loro famiglie. Ed aggiungo «la conseguenza del limitato accesso e controllo che le adolescenti e le donne con disabilità hanno della propria sessualità, è che esse diventano vulnerabili allo sfruttamento sessuale, alla violenza, alle gravidanze indesiderate e alle malattie sessualmente trasmissibili. Le ragazze, le adolescenti e le donne con disabilità chiedono l’accesso all’educazione affettiva e sessuale per vivere una vita sana. Esperti del settore dovrebbero portare queste donne ad un livello di conoscenza tale che le renda consapevoli del funzionamento del proprio corpo (come si rimane incinta e come si evita di rimanerci, come avere una relazione sessuale più comunicativa e piacevole, come dire di no alle cose che non si vogliono fare, come evitare le malattie sessualmente trasmissibili, e così via)»
Quali conseguenze comporta non considerare la variabile del genere nell’approccio alla disabilità? Comporta non riconoscere un bisogno, non rispondere ad un diritto.
Buona festa della DONNA.
Marianna Semeraro
Ufficio stampa
ANMIC Siena
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