Maria Cristina Zantomio - Psicologa

Maria Cristina Zantomio - Psicologa Psicologa, Psicoterapeuta ad orientamento cognitivo-costruttivista.

18/02/2025

Cos’è l’empatia:

L’empatia è non svegliare chi sta sognando.
Alcune speranze sono fragili
alcune illusioni servono per respirare.
Non tutto va spezzato
non tutto va riportato alla realtà.

L’empatia è capire la stanchezza.
Non dire “passerà”
non dire “fatti forza”.
Dire: siediti
ci sono giorni in cui bisogna fermarsi.

L’empatia è sapere che alcune cicatrici hanno voce.
Alcune parlano piano
altre urlano nella notte.
Ascoltarle, senza cercare di cancellarle.

L’empatia è non giudicare la lentezza.
Alcuni arrivano tardi alla felicità
alcuni impiegano secoli a fidarsi.
Bisogna aspettarli senza fretta.

L’empatia è accorgersi della fame invisibile.
Non solo di pane
ma di sguardi, di mani, di presenza.
Alcuni muoiono senza mai dirlo.

L’empatia è un battito di ciglia.
A volte basta quello per dire “ho capito”
senza una sola parola.

L’empatia è non avere paura di amare.
Sapere che forse non sarà ricambiato
che forse sarà ignorato
che forse farà male
ma amare lo stesso
perché è questo che ci rende umani.

L’empatia è essere un porto.
Non una prigione, non una catena
ma un luogo dove si può arrivare
dove si può partire
dove si può restare
senza dover chiedere il permesso.

L’empatia è il contrario del giudizio.
Non è dire cosa andrebbe fatto
non è misurare il dolore
non è spiegare come si sta al mondo.
È dire: se vuoi, sono qui.

L’empatia è non avere paura della nudità.
Mostrarsi senza corazze
senza vernice, senza luci di scena
per dire all’altro:
possiamo essere fragili insieme.

L’empatia è prestare il proprio sguardo.
Far vedere all’altro
che esiste ancora un orizzonte
che c’è sempre un punto
dove il cielo si apre.

L’empatia è tenere stretto un filo invisibile.
Anche quando l’altro si allontana
anche quando non risponde
anche quando sembra aver dimenticato
che c’eri.

L’empatia è l’arte del non invadere.
È essere porta socchiusa
mai muro, mai sbarra
mai chiave imposta nella serratura.

L’empatia è guardare con occhi nuovi.
Sentire il peso di una giornata
nelle spalle di uno sconosciuto
vedere la stanchezza
nelle mani che reggono
una busta della spesa.

L’empatia è bussare piano.
Sapere che ogni anima è una casa
e non tutte vogliono ospiti
non tutte hanno stanze libere.

L’empatia è abbracciare con tutto il corpo.
Non solo con le braccia
ma con il respiro, con il tempo
con la voglia di far sentire all’altro
che non è mai troppo tardi
per essere accolti.

L’empatia è passare una mano
tra i capelli di chi ami.
E farlo come se stessi sistemando
qualcosa nel mondo
come se un gesto semplice potesse
rimettere in ordine anche un giorno difficile.

07/04/2023

QUANDO UN FIGLIO NON CE LA FA
A Chieti, uno studente universitario si è tolto la vita, perché era rimasto indietro con gli esami universitari e non riusciva a condividere con la famiglia la verità intorno al suo “non farcela” negli studi. Il dolore di noi genitori nel leggere notizie come queste è implacabile. Perché vorremmo dire a figli così timorosi di comunicarci la loro fatica nello stare alla pari con il piano di studi: “Parlami. Non pensare che è meglio la bugia della verità. Sappi che so starti accanto anche quando non ce la fai. Troveremo il modo di capire come si fa ad affrontare la tua fatica e la tua difficoltà.”. Dovremmo, però, anche chiederci – in quanto genitori - perché i nostri figli non sanno “reggere” la verità di se stessi di fronte a noi, quando questa verità ha a che fare con l’esperienza della sconfitta, dell’errore e della caduta. Forse davvero gli abbiamo insegnato che a noi i figli piacciono solo se obbedienti e vincenti. Forse non gli abbiamo permesso di sentirsi degni del nostro amore, anche quando non sono esattamente come noi avremmo voluto che fossero. Penso anche che dovremmo riflettere su come tante piccole variazioni che abbiamo chiamato “innovazioni” hanno reso fragile tutto e tutti. Mi riferisco ai registri elettronici su cui i voti dei nostri figli vengono pubblicati in tempo reale, così che quando un figlio torna a casa da scuola, la relazione “genitore-figlio” risulta completamente ribaltata. Non è più lui a parlarci di cosa gli è successo, di come gli sono andate le cose. Siamo noi a dirgli che sappiamo già tutto, a commentare prima ancora che lui abbia deciso come, quando e quanto dirci della sua verità. C’è un’enorme fragilità nel mondo interiore dei nostri ragazzi. Deve essere faticoso e dolorosissimo tenere in piedi un “falso se stesso” che rende (fintamente) felice chi non vuoi deludere, preferendo apparire come non si è, piuttosto che essere come non si vorrebbe apparire. La verità di se stessi ognuno la scrive dentro di sé. E l’adultità comporta assumersi la responsabilità di chi si è. Non di quello che gli altri si aspettano che tu sia. Perché questo accada, i nostri figli devono percepirci capaci di stare con loro e per loro anche nell’esperienza dell’errore. Devono sapere ed essere certi che la nostra felicità di genitori non deriva dal loro essere “numeri uno”, ma dal loro diventare chi davvero possono, sanno, vogliono essere.
Forse potrebbe essere utile, partendo dalla notizia – dolorosa e terribile – dello studente di Chieti, leggere questo post con i propri figli e studenti. Comunicare loro che ciò che conta per noi è la loro capacità di sentirsi all’altezza di ciò che davvero vogliono essere. Cosa che potrebbe comportare anche prendere atto che ciò che stanno facendo e vivendo non è in funzione delle loro aspettative, ma delle nostre. Scoperta dolorosa e a volte sconvolgente ma che, una volta fatta, potrebbe restituire a tutti (a loro, i nostri figli e a noi, i loro genitori) il coraggio e la possibilità di fare della propria vita un progetto consapevole e responsabile. Ovvero adulto.
Se lo ritenete utile, condividete questo messaggio con altri genitori e docenti.

In questo studio è possibile usufruire del bonus psicologo.Si tratta di un contributo per sessioni di psicoterapia (scon...
11/01/2023

In questo studio è possibile usufruire del bonus psicologo.

Si tratta di un contributo per sessioni di psicoterapia (sconto sulla prestazione) pari ad € 50 per seduta, fino ad una capienza massima di € 600, a seconda del valore della dichiarazione ISEE depositata al momento della domanda.

Per le istruzioni complete cliccare qui👇
https://www.opl.it/notizia/13-12-2022-AGGIORNAMENTI-BONUS-PSICOLOGICO-

𝗔𝗚𝗚𝗜𝗢𝗥𝗡𝗔𝗠𝗘𝗡𝗧𝗜 𝗕𝗢𝗡𝗨𝗦 𝗣𝗦𝗜𝗖𝗢𝗟𝗢𝗚𝗜𝗖𝗢

Facendo seguito alle news precedenti in merito al Bonus psicologo, siamo felici di comunicare che negli scorsi giorni, l’Inps ha pubblicato l’elenco delle persone che potranno usufruire del Bonus e le istruzioni per accedervi sia per il professionista che per il cittadino.

👉🏻Clicca qui per leggere le 𝗶𝘀𝘁𝗿𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮𝗱𝗶𝗻𝗼 𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗽𝗿𝗼𝗳𝗲𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗶𝘀𝘁𝗮: http://ow.ly/B4NZ50M28kM

👉🏻👉🏻Clicca qui per informazioni su 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗲𝗺𝗲𝘁𝘁𝗲𝗿𝗲 𝗳𝗮𝘁𝘁𝘂𝗿𝗮 𝗮 𝗳𝗿𝗼𝗻𝘁𝗲 𝗱𝗶 𝗣𝗮𝗴𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝘁𝗿𝗮𝗺𝗶𝘁𝗲 𝗕𝗼𝗻𝘂𝘀 𝗣𝘀𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼𝗴𝗼: http://ow.ly/NAMu50M28kN

AFFRONTARE IL TRAUMA CON LA FLASH TECHNIQUESandra (nome di fantasia) ha rischiato di subire un’aggressione. Ha evitato i...
10/01/2023

AFFRONTARE IL TRAUMA CON LA FLASH TECHNIQUE

Sandra (nome di fantasia) ha rischiato di subire un’aggressione. Ha evitato il peggio perché alcune persone sono intervenute. Fatica a parlarne. Ammette che da allora non si sente più la stessa: ha paura ad uscire da sola, teme per i propri figli, si sente perennemente allerta e ha disturbi del sonno. Mentre parla con me anche il suo corpo “parla”: è rigida, seduta sulla punta della sedia, come se fosse pronta per scappare; il suo respiro si intensifica quando ricorda i momenti drammatici del pericolo scampato. Ma non si tratta solo di ansia: Sandra si accorge che non riesce a “connettersi” con gli altri: quando il figlio adolescente le racconta qualcosa di personale, quando una collega le chiede la sua opinione su un diverbio al lavoro o quando sua madre si lamenta per qualche problema di salute, Sandra non riesce a collegarsi con il vissuto altrui, a “sentire” l’altro e “sentire” se stessa. Si descrive come annebbiata.

Le memorie traumatiche possono interferire con la nostra capacità di decifrare le emozioni, con la possibilità di entrare in relazione con noi stessi. I centri cerebrali collegati alla regolazione delle emozioni e degli affetti sono in scacco e non riusciamo ad accedere ad alcune aree di funzionamento normalmente attive e flessibili. È come se l’esperienza traumatica tenesse in ostaggio parte della nostra mente.

Anche il corpo ne è coinvolto. Si passa da situazioni di iper-arousal (iper-attivazione), caratterizzate da agitazione, palpitazioni, sudorazione, tensione, nodo alla gola ed allo stomaco, ad altre di ipo-arousal (ipo-attivazione), disattivazione, senso di sperdimento, intorpidimento, immobilismo, stanchezza estrema, sensazione di “disconnessione”.

L’esperienza traumatica ha bisogno di essere elaborata, integrata nel funzionamento della persona, ma è difficile farlo quando il ricordo degli eventi di pericolo suscita agitazione estrema o “spegnimento”, sensazione di offuscamento. La Flash Technique è una tecnica di riduzione del disagio associato alle memorie traumatiche. A differenza di altre tecniche per il lavoro sul trauma, permette al paziente di rielaborare il ricordo senza entrare nei dettagli di quanto accaduto. Ciò favorisce una piena presenza e lucidità, a possibilità di collegare l’esperienza traumatica con sistemi di significato personale, riacquistando padronanza.

Propongo la tecnica a Sandra, che accetta. Realizziamo la procedura durante una seduta e nello spazio alcuni colloqui andiamo a lavorare sulle conseguenze: Sandra comincia a ripensare all’evento collegandolo con le emozioni, ma senza esserne sopraffatta, si sente più padrona di sé e non più in balìa degli eventi e di sensazioni estreme, riesce maggiormente ad entrare in sintonia con gli altri.

Si è avviato un processo di riparazione che continuerà in modo autonomo al di fuori delle sedute e che permetterà a Sandra di rivedere l’esperienza traumatica, integrandola nella propria storia, senza rimanerne ostaggio, recuperare le proprie risorse e tornare maggiormente in equilibrio.

A chi sta cercando la propria strada,a chi sente la fatica della vita, ma non smette di provare.A chi ha perso una perso...
24/12/2022

A chi sta cercando la propria strada,
a chi sente la fatica della vita, ma non smette di provare.

A chi ha perso una persona cara e a Natale sente bruciare il dolore della mancanza.

A chi si sente solo, a chi si interroga chiedendosi se ha sbagliato, se è sbagliato.

A chi si sente oppresso, ma ancora spera.

A chi si è speso tanto per gli altri e ora si sente svuotato.

A chi si interroga sul futuro, senza sapere come orientarsi.

A chi cerca ogni giorno di rinnovarsi, con fatica, cambiare per migliorarsi.

A chi prova a fermarsi, stare nel momento presente, faticando per riconoscere piccole scintille di bellezza.

Un pensiero per voi in questo Natale.

LA DEPRESSIONE STAGIONALE ESISTE?Ci sono situazioni in cui i sintomi depressivi si manifestano durante i mesi autunnali ...
02/12/2022

LA DEPRESSIONE STAGIONALE ESISTE?

Ci sono situazioni in cui i sintomi depressivi si manifestano durante i mesi autunnali per raggiungere poi la massima intensità durante l'inverno, risolvendosi, poi, in primavera. Non si tratta di un generico "sentirsi più giù" durante i mesi freddi e nemmeno di una variazione di umore legata a fattori "esterni" (ad esempio cambiamenti lavorativi durante i mesi freddi).
Parliamo di un vissuto che condiziona in modo significativo il lavoro, le relazioni, il benessere personale.

I sintomi principali possono includere: tristezza persistente, irritabilità, pianto, stanchezza, ipersonnia (dormire più del normale, quando possibile), difficoltà a portare a termine i propri compiti per mancanza di concentrazione ed energia, minori livelli attività e minore voglia di affrontare pratiche considerate normalmente piacevoli. Si può percepire fatica nello svolgere le attività quotidiane, senso di pesantezza e malinconia costanti, difficoltà a muoversi e sensazione di intorpidimento, tendenza ad evitare le situazioni sociali (anche se in altri periodi sono ricercate), fatica ad uscire di casa. Possono manifestarsi anche variazioni nell’alimentazione, con forte desiderio di carboidrati e zuccheri, con o senza tendenza ad ingrassare.

E’ il disturbo affettivo stagionale (SAD), indicato nel DSM-5 (il Manuale Diagnostico e Statistico per Disturbi Mentali) come Disturbo Depressivo Maggiore ricorrente con andamento stagionale, che in Italia affligge una percentuale di persone che va dall’1 al 10% (3,5% per SAD e 11,5% per S-SAD, cioè la forma più attenuata del disturbo). Colpisce 4 volte in più le donne rispetto agli uomini e l’età di esordio è generalmente tra i 18 e i 30 anni (Melrose, 2015).

E’ importante riconoscere i sintomi di tale disturbo che può diventare invalidante e giungere a condizionare la vita in modo drammatico.

COME MAI SUCCEDE?
Alcuni studi sottolineano l’efficacia della fototerapia (o Light Therapy), cioè l’esposizione quotidiana ad un certo tipo di fonte luminosa artificiale. Altri studi hanno indagato le variazioni individuali nell’attività della serotonina (un neurotrasmettitore che regola l’umore) o della melatonina (un prodotto della ghiandola pineale) nei pazienti con disturbo affettivo stagionale. Infine, si è riscontrato che ridotti livelli di vitamina D, legati ad una minore esposizione alla luce solare nei mesi invernali, possono favorire l’insorgere di sintomatologie depressive. Alcuni fattori psicologici, poi, hanno un ruolo nell’esordio e nel mantenimento della patologia.

CHE FARE?
Per affrontare questo disturbo è consigliabile un approccio completo, che integri aspetti medici e farmacologici (soprattutto nelle condizioni più gravi) e un adeguato intervento psicoterapeutico, finalizzato alla gestione dei sintomi, all’interruzione dei circoli viziosi di mantenimento del disagio e alla prevenzione delle ricadute.

SPORT E DISTURBI ALIMENTARI In questi giorni sono apparse sui giornali e sui social notizie riguardanti le vessazioni su...
08/11/2022

SPORT E DISTURBI ALIMENTARI
In questi giorni sono apparse sui giornali e sui social notizie riguardanti le vessazioni subite dalle atlete della ginnastica ritmica da parte di alcune allenatrici. Questi fatti, coraggiosamente denunciati da alcune ex ginnaste, portano alla ribalta le pressioni psicologiche che le atlete e gli atleti di diversi sport sono costretti a subire per uniformarsi a canoni estetici e di performance. I ragazzi e le ragazze, in alcuni ambiti agonistici in particolare, sono spinti a rientrare in caratteristiche fisiche difficilmente compatibili con un corpo sano in crescita. Pensiamo ad esempio alla ginnastica, alla danza, al pattinaggio artistico, ma anche all’equitazione, agli sport da combattimento, al nuoto o all’atletica. In questi ed altri sport si possono manifestare pressioni psicologiche legate all’aspetto fisico, fino ad arrivare al vero e proprio bodyshaming.

I ragazzi e le ragazze sono già massicciamente bombardati da messaggi più o meno espliciti sui social che inneggiano alla forma fisica, alla perfezione, alla definizione del proprio corpo, come se questo permettesse il raggiungimento di un certo successo sociale. Negli ultimi tempi sempre più adolescenti e persino preadolescenti scelgono di andare in palestra per raggiungere determinati canoni estetici.

È comprensibile che la performance sportiva ad alti livelli sia influenzata anche dai parametri fisici di un atleta, ma dobbiamo considerare che un corpo e una mente in via di sviluppo sono particolarmente sensibili al modellamento da parte di un adulto di riferimento. Quanto più l’adulto è centrale per la scelta sportiva del ragazzo e della ragazza, quanto più la sua influenza sarà massiccia.
La presenza della famiglia è fondamentale, anche se, a volte, sono i genitori stessi a presentare qualche forma di ossessione verso il cibo e la forma fisica. È fondamentale che gli adolescenti possano avere a disposizione fattori di protezione utili per fronteggiare le pressioni che nello sport o sul web li spingono ad essere magri, belli e performanti. Una sana autostima, il senso di autoefficacia e di autodeterminazione, la possibilità di avere degli adulti di riferimento presenti, interessati ed accoglienti, una buona rete amicale possono sostenere l’adolescente ad affrontare queste difficili situazioni. Inoltre, è fondamentale che i nostri figli poggino la propria identità su diversi ruoli sociali, che non coltivino solo un’ambizione, ma che abbiano la possibilità di realizzare sé stessi in vari ambiti: le strutture organizzate su un unico sostegno rischiano più facilmente di crollare.

Procrastinare, ovvero l’arte di rimandare un compito. Molti di noi ne sono afflitti. Con conseguenze anche gravi: lavori...
24/07/2021

Procrastinare, ovvero l’arte di rimandare un compito. Molti di noi ne sono afflitti. Con conseguenze anche gravi: lavori svolti all’ultimo minuto e male, decisioni rimandate finché non è più possibile decidere, nottate di studio disperato nelle ultime ore disponibili. Sono solo alcuni esempi.

Ma perché si continua a rimandare? Perché aspettiamo a fare ciò che deve essere fatto, finendo per danneggiarci? Ciò che si rinvia non è tanto il compito in sé, ma le emozioni che tale incombenza sollecita. Vogliamo rimandare sensazioni di incertezza, paura di sbagliare, senso di inadeguatezza, noia. Ciò che mettiamo in atto è un evitamento, ma il compito resta lì e, da qualche parte, anche l’angoscia di doverlo affrontare.

Un paio di semplici concetti potrebbero esserci utili:
• OGNI SCELTA IMPLICA UNA RINUNCIA, ovvero è necessario lasciare andare qualcosa, altrimenti la scelta non è possibile.
• MEGLIO FATTO CHE PERFETTO: chi rimanda per essere sicuro di riuscire a fare bene dovrebbe ricordare questo concetto.

Infine potrebbe esserci utile guardare in faccia le sensazioni che stiamo cercando di allontanare, ricordando che le emozioni sono una via ricchissima per conoscersi, con un pizzico di curiosità.

L’EREDITA’ DELLE MEMORIE TRAUMATICHEVi è mai capitato di perdere il controllo durante una discussione, diventando improv...
23/07/2021

L’EREDITA’ DELLE MEMORIE TRAUMATICHE

Vi è mai capitato di perdere il controllo durante una discussione, diventando improvvisamente aggressivi, anche solo a parole, ma oltre ogni ragionevolezza, con la sensazione di perdita di controllo? Oppure di sentire il corpo attivarsi potentemente sui sintomi dell’ansia (tachicardia, sudorazione, tremore, respiro affannoso…) senza un motivo apparente? Vi è mai successo di chiacchierare serenamente con qualcuno e, dopo una frase o un gesto dell’altro, trovarvi persi in un’altra dimensione, con il corpo fermo e la mente altrove, disconnessi dalla conversazione e dal momento presente?

Si tratta di reazioni quasi inspiegabili, a volte realmente potenti, in cui il corpo è intensamente coinvolto, senza che riusciamo a spiegarcene i motivi. Potrebbe trattarsi di vissuti legati a esperienze traumatiche. Si dice che il corpo mantenga il ricordo di ciò che noi abbiamo dimenticato e ciò accade drammaticamente con i traumi. Si definisce “trauma” una situazione di pericolo per la nostra o altrui sopravvivenza, caratterizzato da un vissuto di impotenza. Non solo situazioni “oggettivamente pericolose”, ma anche momenti percepiti come tali. Ciò spiega come molte delle memorie traumatiche risiedano nell’infanzia, periodo in cui il legame con i genitori è una “questione di vita o di morte”, perché si dipende in tutto e per tutto da loro. Di conseguenza anche un allontanamento temuto, un periodo protratto di distanza emotiva, un litigio intenso con un genitore o tra genitori possono essere esperienze traumatiche proprio perché caratterizzate da sensazione di impotenza e di vera minaccia per il bambino. Per non parlare delle aggressioni fisiche o verbali, o di maltrattamenti e abusi: situazioni in cui il bambino, sentendosi in pericolo, sarebbe naturalmente spinto a cercare conforto nel genitore, che, però, costituisce la fonte della paura. Un vero corto circuito emotivo traumatizzante.
Spesso chi vive tali eventi riesce in qualche modo ad archiviarli, a volte a smettere di ricordarli. Le memorie “dimenticate” restano, però, nel corpo e, a differenza dei ricordi pensati ritornano sotto forma di sensazioni che ci invadono senza che riusciamo ad identificarne la causa. È sufficiente uno stimolo collegato al circuito emotivo traumatizzante e i traumi rivivono dentro di noi.

Forti e ripetuti attacchi di rabbia, disturbi d'ansia, momenti di "spegnimento" sono manifestazioni potenzialmente collegate ad esperienze traumatiche. Riconoscerle, dare importanza e prendersene cura sono passaggi fondamentali per depotenziare i vissuti traumatici e liberarsi dagli automatismi che essi generano.

28/05/2021

E tu, hai mai avuto qualche pensiero che ti ha frenato dal contattare uno psicologo o uno psicoterapeuta?

Leggi la recensione completa su www.stateofmind.it “Il dilemma della gazzella”.

In Italia si stima che 2,8 milioni di persone siano affette da un problema di depressione, associato ad un problema di ansia cronica grave che interessa 2,2 milioni di cittadini sopra i 15 anni. L'ultimo rapporto ISTAT riporta che solo il 15% della popolazione adulta con disturbo depressivo o di ansia cronica grave si è rivolta allo psicologo.
E il restante 85%?
Aumenta il ricordo a professioni non riconosciute all’area psicologica come counselor, motivatori e life coach. Cresce l’interesse per le discipline orientali o trascendentali come lo yoga o per l’occultismo (circa 13 milioni di italiani ogni anno si rivolgono a astrologi, cartomanti e veggenti). Inoltre, cresce il consumo di antidepressivi e ansiolitici.
La percezione della popolazione è che la psicologia si occupi esclusivamente di malattie e non del male di vivere o di dolori esistenziali. Se invece il malessere è percepito come una malattia, si sceglie di curarlo attraverso lo strumento che più di tutti identifica la cura: il farmaco. E, se invece e il malessere è percepito come esistenziale o sentimentale si preferiscono le discipline orientali, pseudo psicologiche o l’occultismo.

19/05/2021

«Nella buia casa della depressione non ci sono finestre da dove vedere gli altri, solo specchi».
"Swing Low" - Miriam Toews

Durante un colloquio A. mi riporta questa frase, scovata un in libro particolarmente denso di pensieri e di emozioni in cui si è a tratti riconosciuta.

Nella depressione la tendenza a guardarsi dentro e definirsi sulla base di un senso di non amabilità si fa malattia.
C'è poco spazio per l'altro: spesso non è possibile rifornirsi emotivamente nelle relazioni.
Oggi un'altra paziente, D., mi diceva: "se ricevo un complimento o un incoraggiamento non riesco a credere che sia sincero". L'autocritica invade la mente e sovrascrive ogni esperienza.

Non finestre per vedere gli altri, non possibilità di sentirsi confortati.
Solo specchi che mostrano la solitudine di un'anima che si sente indegna.

19/03/2021

Cari papà,
Nella mia attività incontro spesso bambini e ragazzi che mi comunicano la centralità del papà nella loro vita. Persone che mi raccontano quanto il padre sia stata una parte importante, un modello, una figura capace di portare di equilibrio, salvare.

Vorrei dirvi questo.
Non sottovalutate l'importanza della vostra attenzione, delle vostre coccole, delle vostre regole. Non auto-escludetevi dalla vita famigliare. Non rimanete in anticamera per paura di disturbare, per timore di non dire le parole giuste o perché pensate che non ci sia bisogno di voi.

C'è tanto bisogno di voi.
AUGURI a tutti i papà.

Indirizzo

Via E. Villoresi, 63/B
Somma Lombardo
21019

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