21/11/2025
L’obesità non è mai riducibile a “mangia meno e muoviti di più”. È una condizione clinica multifattoriale e cronica, riconosciuta dall’OMS, caratterizzata da un’alterazione della regolazione energetica e da un’interazione complessa tra fattori biologici, psicologici e ambientali.
• Genetica e epigenetica: oltre 900 varianti genetiche sono associate alla predisposizione all’obesità. I geni coinvolti regolano appetito, termogenesi, infiammazione e risposta allo stress.
• Neurobiologia: alterazioni del sistema dopaminergico, dei circuiti della ricompensa e della sensibilità leptinica possono modificare fame, sazietà e comportamento alimentare.
• Infiammazione di basso grado: l’infiammazione cronica (metaflammation) altera la funzione ipotalamica e la sensibilità insulinica, influenzando metabolismo e peso corporeo.
• Microbiota intestinale: una disbiosi specifica può agire su estrazione energetica, permeabilità intestinale e produzione di metaboliti che influenzano l’asse microbiota-intestino-cervello.
• Ormoni e asse HPA: cortisolo elevato, disregolazione dello stress e sonno insufficiente aumentano appetito, craving e accumulo adiposo viscerale.
• Ambiente e traumi: stress cronico, traumi infantili, stigma sociale e insicurezza alimentare promuovono comportamenti compensatori, disregolazione emotiva e disregolazione metabolica.
• Farmaci: diversi farmaci (antidepressivi, antipsicotici, cortisonici, antiepilettici) aumentano il rischio di aumento di peso.
• Fattori socioeconomici: accesso al cibo, ritmi di vita, turni di lavoro, qualità del sonno e ambiente obesogenico incidono in modo significativo.
L’obesità non è una scelta individuale. È il risultato di sistemi biologici complessi che interagiscono con esperienze di vita, ambiente e vulnerabilità personali.
Lo stigma (la grassofobia) non solo non aiuta, ma peggiora infiammazione, comportamenti alimentari e aderenza terapeutica.