29/11/2019
"Ho sempre trovato il mio mondo fondamentalmente congeniale sin dal momento in cui ho iniziato a trovarlo interessante. Quando ero un pesce mi preoccupavo solamente di nuotare e non avevo pensieri, ma una volta incontrata la mia amica Placenta abbiamo esplorato e condiviso le nostre scoperte, io canticchiando e danzando, lei usando il suo soffio rassicurante. Ci accorgemmo che dall'altro lato c'erano altri che canticchiavano assai. Ne distinguevo particolarmente bene uno, un eccelso cantore. Pensammo di trovare il passaggio di Nord-ovest ma era un mondo troppo felice per abbandonarlo, finché iniziò a restringersi. Infatti divenne piuttosto sgradevolmente angusto, veramente paralizzante e quando spingevo, le pareti iniziarono a spingere contro. Mi arrabbiai e calciai veramente fuori, ma ciò sembrò avere un effetto contrario: ci furono contrazioni piuttosto spaventose. Decidemmo di partire, nonostante che avessimo ambedue il sospetto di essere stati costretti ad emigrare per fare posto ad un nuovo arrivato. Mi sentii piuttosto arrabbiata per questa usurpazione, in quanto, dopotutto, avevo abitato li sin dal principio del tempo. Perciò stupidamente, si potrebbe dire, io scalciai fuori con il pieno potere delle mie fortissime gambe. Beh, devo dire di aver fatto qualche danno perché seguì un vero terremoto, si aprì un grande vuoto scoprendo il passaggio di Nord-ovest che avevo sognato. Fui sbattuta in esso, prima dalla testa poi la placenta, in qualche modo nel corso dei successivi minuti o anni, ci separammo. Non l'ho più rivista. Alla fine del percorso tutto era diverso, sorprendente, meraviglioso - e terrificante. Il mio corpo divenne improvvisamente denso e pesante e non riuscivo a muoverlo; qualcosa di delizioso e profumato si infilò nel mio petto e mi sentii non più canticchiare ma urlare. Quelle creature enormi e meravigliose devono aver pensato che stessi urlando a loro; a tal punto esse erano forti, che riuscivano ad alzarmi con una sola mano, mentre io non riuscivo ad alzare neppure la mia testa. Ma fu la bellezza di una in particolare che mi soggiogò e notavo dal modo in cui mi guardava che ero piccina, br**ta e comica. Poi mi resi conto che stavo per essere buttata via, credo a causa dei calci e delle urla, magari perché ero piccola e br**ta. Ma sentii che questi brevi momenti prima della fine erano preziosi: il solo guardarla, sebbene mi facesse male agli occhi e dovessi poi chiuderlo. Ed il suo canticchiare, musica pura! A questo punto iniziavo ad asciugarmi, a corrugarmi, a tremare per il freddo e ad essere tormentata da un morso interno che non avevo mai avuto quando Placenta era con me. Poi ella mi mostrò la cosa più bella del mondo, tale da accecarmi, probabilmente per non farmi vedere l'abisso. Molto gentile, a dire il vero. La mia bocca smise di urlare e iniziò a succhiare quella roba anestetica con la quale "dovevo addormentarmi". Molto umano. Potevo morire ridendo e piangendo e sognando di essere grande e amata da lei" tratto da Amore e timore della bellezza di D. Meltzer e M. Harris