25/12/2023
ARRIVA NATALE
E’ già iniziata l’attesa della grande festa dell’anno, tra pochi giorni si festeggia la nascita di Gesù. La corsa ai regali continua nella nevrotica routine quotidiana. La domanda fondamentale cui non possiamo sfuggire è interrogarci su che cosa resta del messaggio cristiano, ma ciò meriterebbe un’analisi e un confronto a più voci. In questo articolo desidero, semplicemente, considerare questo evento grandioso dal vertice di osservazione della psicologia esistenziale. I simboli riposti sulla natività di Gesù sono tanti, tuttavia, per motivi di spazio, mi soffermerò, brevemente, solo sul simbolo della nascita e su alcuni meccanismi di difesa che, inconsciamente, ci fanno rivivere scene di vita del nostro passato. Ogni anno assistiamo a ciò che la tradizione cristiana ripete attraverso i riti di rinnovamento dell’eterno ritorno: morte e rinascita della natura. Infatti, la stagione invernale cade in letargo e, attenuando la sua luce, fa risplendere un’altra luce, quella del ve**re al mondo. Il tema della nascita viene ripreso nei versi poetici di Pablo Neruda: “Nascere non basta. E’ per rinascere che siamo nati. Ogni giorno (…)”. Accade, spesso, di assistere a continue lamentele per ciò che quasi fatalmente si ripete passivamente, ormai, costretti ad accettare il pensiero dominante, apparentemente anonimo, del così fan tutti tra il consumismo sfrenato e il godere anarchico-autodistruttivo. Tuttavia, il pensiero critico ci pone almeno tre domande: a. Che cosa possiamo fare delle nostre risorse soggettive? b. E’ fattibile cambiare stile di vita? c. E’ possibile rendersi consapevoli della unicità del proprio essere? Psicologicamente, la risposta è affermativa alla sola condizione di essere disposti a fare un lavoro introspettivo. Avere il coraggio di guardarsi dentro, senza temere di essere catturati dalle esperienze negative, anzi, paradossalmente, proprio le esperienze negative se, sufficientemente elaborate, liberano un potenziale energetico impensabile. Incamminarsi in questa scelta non è affatto facile, tuttavia è una fra le tante strade che potremmo percorrere per rinascere. Sicché, la vera e autentica ri-nascita è quella della coscienza. Se provassimo, ancora una volta, a guardare con occhi diversi il presepe, scopriremmo uno scenario ricco di personaggi e figure di animali che concorrono a favorire la nascita di trame narrative consegnate in antiche leggende, non solo, ma ciò che psicologicamente è rilevante riguarda l’attivazione inconscia di alcuni meccanismi di difesa tra cui: la regressione, come ritorno al passato infantile, là dove si viveva in un mondo incantato di belle fantasie arricchite di vissuti idealizzanti; un altro meccanismo riguarda la proiezione, meccanismo attraverso cui l’ immaginazione si dilata verso il futuro ove, quasi magicamente, ogni problema è risolto, si è nel mondo delle favole; infine, si mette in atto l’identificazione, un processo mentale attraverso cui il soggetto, sempre inconsciamente, si attribuisce qualità e aspetti positivi dei vari personaggi del presepe. Un altro momento fortemente significativo, è lo scambio dei regali, momento in cui ciascuno dona all’altro un regalo che veicola un doppio messaggio, da un lato, come gesto di riconoscimento reciproco e, dall’altro, a livelli più profondi, alcuni soggetti mettono in atto un processo di riparazione funzionale ad attenuare o superare sensi di colpa rimossi. In breve, la venuta al mondo del bambin Gesù, come simbolo di luce grandiosa, diventa una preziosa occasione per accrescere un lume di consapevolezza. Il presepe diventa, così, la rappresentazione concreta della reale possibilità per inaugurare l’alba della coscienza individuale. Questo è un processo che pone l’individuo di fronte alla scelta di assumersi, eticamente, la responsabilità del suo conoscere, pensare ed agire. Sicché, l’albero di Natale rappresenta l’evoluzione dell’individuo nel suo rinnovarsi personale. Oggi, nel nostro tempo, diventa sempre più urgente una grande rivoluzione etica. Così, F. Nietzsche nell’opera, Così parlò Zarathustra, (1883) scrive: ” Il deserto cresce; guai a chi in sé cela deserti.” Proviamo a rendere la festa di Natale un’occasione per uscire dal nostro deserto interiore, condizione imprescindibile, per rendere fertili le relazioni affettive come lievito indispensabile del vivere sociale.
Donato Martucci, Psicologo, Psicoterapeuta e Presidente dell'Associazione Culturale SIRIO
Articolo presente sul periodico Sensificio , numero 204