05/04/2025
C'è una grande verità che pochi hanno il coraggio di dire ad alta voce: molti insegnanti oggi non sono più all’altezza del loro ruolo. Non perché manchino di titoli o anni di servizio, ma perché hanno perso di vista ciò che conta davvero: lo studente.
L’alunno? Un fastidio. Non un essere umano da educare.
In troppe aule l’alunno è visto come un numero da catalogare, una scocciatura che disturba la routine dell’insegnante. C'è chi entra in classe con l’unico obiettivo di “finire il programma”, come se il sapere fosse una corsa a ostacoli, non un percorso di crescita. L’empatia? La curiosità? La capacità di ascolto? Termini ormai sconosciuti a chi insegna solo per inerzia, spesso seduto su una cattedra più come burocrate che come educatore.
Mentre il mondo fuori evolve a velocità supersonica, nelle scuole si insegna come negli anni ’70. Libri di testo vetusti, lezioni frontali ripetitive, interrogazioni a sorpresa che sembrano più un agguato che un’opportunità di confronto. E guai a mettere in discussione questo teatrino scolastico: chi osa proporre qualcosa di nuovo viene spesso guardato con sospetto dagli stessi colleghi.
La verità è che molti insegnanti non si aggiornano da decenni. Non leggono, non si confrontano, non si mettono in discussione. Eppure pretendono rispetto automatico, solo perché hanno “l’esperienza”. Ma l’esperienza senza passione e senza evoluzione diventa solo stanchezza trascinata. Non basta entrare in classe per essere un buon insegnante, serve energia, ascolto e capacità di cambiare.
La scuola italiana è in caduta libera e la colpa è da dividere equamente tra insegnanti che hanno perso ogni passione e genitori che preferiscono chiudere gli occhi di fronte all'evidente declino educativo dei propri figli.
Lo studente oggi è spesso lasciato solo. Le difficoltà personali, i disturbi dell’apprendimento, le crisi emotive. La scuola, che dovrebbe essere un luogo di crescita, si trasforma in un parcheggio dove i giovani aspettano di uscire nel “mondo vero” senza aver imparato a conoscerlo davvero.
Conclusione: è ora di alzare la voce.
Basta con il silenzio complice. Gli insegnanti che non hanno più voglia di insegnare devono avere l’onestà di farsi da parte. Non si può continuare a sacrificare intere generazioni per colpa di un sistema autoreferenziale, chiuso e resistente al cambiamento.
I ragazzi di oggi, se presi nel modo giusto, possono sorprendere per maturità, intelligenza e sensibilità.
Sono nativi digitali, vivono in un mondo ipercomplesso, hanno accesso a stimoli che le generazioni precedenti nemmeno potevano immaginare. Ma se li si tratta come numeri, se li si umilia, se li si spegne con la noia e l’indifferenza, allora si chiudono, si spengono o si ribellano.
L’educazione è una responsabilità enorme: chi non se la sente, faccia spazio a chi ha ancora il coraggio di guardare negli occhi gli studenti e dire, con sincerità: “ Sono qui per te".