
05/10/2025
C’è un altro atteggiamento interiore e insieme politico
che riscopro invecchiando: la devozione alla giustizia.
La conoscevo da giovane, una vera passione,
poi è rimasta un’indignazione interiore
spesso senza sbocchi; avevo faticato tanto
nell’affrontare i conflitti, cercavo una tregua.
Ma ora non ho piú niente da perdere, ora, da vecchia,
parlo. Non solo, denuncio, vado fino in fondo,
difendo i diritti per me e per gli altri. Ha un costo,
scelgo quello che vale la pena, ma dire
fa sentire partecipi molto piú di consumare,
piú di compiacere le opinioni collettive.
La mia prospettiva sulla giustizia è cambiata,
non è questione di debiti e di crediti, ma di testimoniare il vero,
il reale, di smascherare chi finge e edulcora il male,
i danni che vengono inflitti e metterli allo scoperto,
e con pacatezza portare a termine un discorso, una richiesta,
una denuncia. Testimoniare.
La prospettiva è di non lasciare al mondo solo le menzogne,
di non collaborare, ma di avere a cuore la Terra
e i suoi abitanti, di condividere la spaziosità della mente
e del cuore che medita in un mondo
dove i confini sono spinati e cercare altrove salvezza
è proibito, anche se si tratta di scappare da un inferno,
partire per chiedere asilo è un reato e ve**re respinti
un’espressione di amor patrio.
La devozione alla giustizia toglie il senso d’impotenza
che la vecchiaia trascina con sé e dà valore
ai gesti nascosti, al quotidiano prendere parte,
la parte di chi sentiamo indifeso o sotto tiro
o non visto, non ascoltato, non accolto. Anche
quando si tratta di noi. La vecchiaia ha lo sguardo largo [...]
La vecchiaia non sa di piú: contiene di piú,
e va lasciato traboccare, questo di piú,
e che diventi voce.
Chandra Candiani
da 'I visitatori celesti.' Einaudi